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[27/04/2010] News
GROSSETO. Sono trascorsi ormai 18 anni da quando con la legge 257/92 è stato messo al bando l'amianto, ma è ancora difficile stabilire quanto amianto sia ancora presente sul territorio, quante strutture sono state bonificate e con quali tempi e dove sarà smaltito quello che ancora deve essere rimosso. Ad oggi solo 13 Regioni, alle quali era stato dato compito di stabilire un programma dettagliato per il censimento, la bonifica e lo smaltimento dei materiali contaminati, hanno approvato un piano regionale ad hoc; due regioni, la Puglia e il Molise non l'hanno ancora fatto mentre in Abruzzo è in corso di approvazione e non ci sono notizie in merito riguardo a quanto fatto da Calabria, Marche, Veneto e dalla provincia autonoma di Bolzano.
Ma anche laddove il piano esiste, sono poche le azioni che lo hanno seguito, come la mappatura dei manufatti contaminati, pertanto quello che fa ancora riferimento sono le stime del CNR e dell'Ispesl che parlano di 32 milioni di tonnellate presenti sul territorio nazionale, che prendono in considerazione però solo le pensiline di eternit.
I dati sono stati raccolti nel dossier di Legambiente "I ritardi dei Piani regionali per la bonifica dell'amianto", presentato oggi a Milano alla vigilia della giornata mondiale dedicata alle vittime dell'amianto.
Perché di amianto si è morti e si continua a morire: secondo il registro nazionale mesoteliomi istituito presso l'Ispesl (che dal 1993 censisce il tumore dell'apparato respiratorio strettamente connesso all'inalazione di fibre di amianto) sono oltre 9mila i casi riscontrati fino al 2004, con un esposizione di natura professionale nel 70% dei casi. Nessuna regione è esclusa da questi numeri, anche se la più colpita con 1.963 casi di mesotelioma maligno è il Piemonte per i casi tristemente noti di casale Monferrato. Ma sono alti i casi di patologie legate all'amianto anche in Liguria (1.246), in Lombardia (1.025), in Emilia-Romagna (1.007) e in Veneto (856) e nonostante ciò gli interventi da parte sia dello Stato che delle Regioni tardano ad arrivare.
La ricerca dell'associazione ambientalista fa un aggiornamento di quanto aveva messo assieme - rispetto ai dati regionali- nel novembre scorso all'apertura della Conferenza nazionale sull'amianto: dopo un anno l'allarme relativo ai rischi dovuti all'elevata presenza di materiali contaminati su tutto il territorio nazionale e il clamoroso ritardo sugli interventi di risanamento e bonifica delle strutture in cui è presente la fibra killer vengono-purtroppo- totalmente confermati.
Come allora anche per i piani regionali amianto il quadro che emerge non è confortante e rimane parziale visto che il censimento previsto è ancora in corso in gran parte delle regioni. Sommando le informazioni, risulta che ad oggi in Italia ci sono circa 50mila edifici pubblici e privati in cui è presente amianto: i quantitativi indicati solo da 11 Regioni (Lazio, Umbria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Abruzzo, Molise, Sardegna, Toscana, Basilicata, Piemonte e Liguria) anche se non esaustivi, delineano comunque le dimensioni del problema: 100 milioni circa di metri quadrati di strutture in cemento-amianto, e oltre 600mila metri cubi di amianto friabile.
Per quanto riguarda gli interventi di bonifica e di risanamento i ritardi registrati per i grandi siti nazionali si amplificano se si guarda ai piccoli interventi che sarebbero necessari a rimuovere l'amianto dalle strutture in cui è ancora presente. Va evidenziata solo l'esperienza del Piemonte - che sta svolgendo un'intensa attività di bonifica, soprattutto nei Comuni che ricadono all'interno del sito di interesse nazionale di Casale Monferrato - e della Lombardia, dove ad oggi sono stati bonificati oltre 400mila metri cubi di onduline in cemento-amianto e gli edifici "risanati" rappresentano il 18,5% del totale censito.
«E' evidente che nonostante la gravità del problema - ha dichiarato Stefano Ciafani, responsabile scientifico di Legambiente - sulla questione amianto permane un pericoloso immobilismo dello Stato così come delle Regioni, immobilismo che espone la popolazione a un rischio per la salute all'apparenza meno evidente ma molto insidioso, perché di amianto ce n'è molto e in posti che tanti non sospetterebbero nemmeno. Per questo oltre che una corretta informazione alla popolazione è quanto mai urgente investire risorse pubbliche che permettano di avviare e portare avanti gli interventi di risanamento e pianificare la realizzazione di impianti di trattamento e smaltimento dei materiali, problema questo che in molti casi ostacola la bonifica e fa lievitare i costi».
La mancanza di impianti di smaltimento adeguati per i materiali contaminati da amianto, infatti, fa sì che le fibre rimosse debbano essere spedite da altre parti, anche all'estero come in Germania o in Austria. Ad oggi - secondo i dati di Legambiente - le regioni che hanno una discarica dedicata allo smaltimento dei rifiuti contenenti amianto sono Friuli Venezia Giulia, Lombardia (ma esaurita nel marzo 2009), Abruzzo (in istruttoria per la riapertura), Emilia-Romagna e Liguria. La Basilicata ne ha 2, il Piemonte 3, la Toscana e la Sardegna 4, anche se neppure questi numeri sembrano così certi (fra esaurimenti, sospensioni, cambi di destinazione) . E comunque in ogni caso le capacità residue sono molto scarse se relazionate ai quantitativi di materiali contenenti amianto ancora presenti sul territorio.