
[29/04/2010] News
LIVORNO. Ormai la Bp è disperata se è arrivata a dar fuoco al greggio nel Golfo del Messico nel tentativo di impedire che la marea nera sommerga le coste della Louisiana e le sue isole protette e mettendo così in conto un disastro ambientale con il precipitare della parte più pesante e incombusta degli idrocarburi sul fondale, per non parlare dell'inquinamento dell'atmosfera. Infatti, come hanno dimostrato anche il caso del naufragio della Haven davanti alle coste liguri o il bombardamento della centrale elettrica libanese Jiyyeh, l'inquinamento subacqueo si verifica soprattutto dopo un incendio del greggio. Si tratta di una tecnica chiamata "Burn boom" comunque molto rischiosa ed inquinante che gli esperti consigliano di utilizzare solo in casi disperati e mai su superfici ampie o dove il petrolio si spande velocemente come l'inquinamento della Deepwater Horizon: è difficile bruciare una patina galleggiante e le sostanze più pesanti finiscono per emulsionarsi con l'acqua, raffreddandosi e precipitando sul fondo. L'unico vantaggio è che elimina una grande quantità di petrolio con costi molto contenuti per le multinazionali ma costi pesantissimi per l'ambiente sottomarino e con l'emissione in atmosfera di grandi quantità di CO2 e di sostanze altamente inquinanti.
Secondo Greenpeace Usa «L'incidente della Deepwater Horizon nel Golfo del Messico è un disastro che si apre davanti ai nostri occhi. Undici vite sono andate perse nell'esplosione iniziale e una perdita incalcolabile si aggiunge ogni giorno mentre il petrolio continua a fluire dal pozzo, nonostante gli sforzi da parte di BP e Transocean per soffocarlo. Nessuno può prevedere con precisione quanto tempo ci vorrà per tappare la perdita dalla testata del pozzo: potrebbe essere una questione di giorni, settimane, mesi. E indipendentemente da quanto tempo ci vuole per fermare il flusso di petrolio, gli effetti della marea nera sulle persone, l'economia e l'ambiente degli Stai della costa del Golfo continueranno a sussistere per decenni»
Melanie D. una delle blogger più note di Greenpeace Alaska spiega: «Qui, in Alaska, gli impatti della fuoriuscita di petrolio della Exxon Valdez, che ha avuto luogo più di 21 anni fa, si fanno ancora sentire per la gente, e comunità e l'ambiente. È ancora possibile vedere il "bathtub ring" del petrolio della Exxon nel Prince William Sound, e non c'è bisogno di scavare molto in profondità per trovare petrolio intrappolato sotto le rocce sulle spiagge. Il petrolio della Exxon Valdez viene ancora ingerito dalla fauna selvatica oltre due decenni dopo la sua fuoriuscita, e molte specie non si sono ancora riprese. La frase "ripulire la marea nera" è un ossimoro. Nella maggior parte dei casi, la maggior parte del petrolio fuoriuscito non viene rimosso dall'ambiente, è disperso, diluito, bruciato, o affonda in gocce, o viene lasciato, in un modo o nell'altro, sulle spalle dell'ambiente a devastarlo per gli anni a venire.
La BP, che ha inizialmente minimizzato ed ora cerca ogni "trucco" disperato per tamponare una catastrofe inaudita, probabilmente utilizzerà le stesse tecniche della Exxon-Mobil, scatenando schiere di super-avvocati per negare l'entità del danno ambientale, e per contrattare al ribasso gli indennizzi per le comunità locali e per i danni ambientali.
Greenpeace ricorda che solo l'anno scorso una nota congiunta di BP e Transocean si opponeva aggressivamente alle nuove norme di sicurezza proposte dal Minerals Management Service (Mms), l'agenzia federale che sovrintende le perforazione offshore. L'Mms si era mosso dopo aver constatato attraverso uno studio il numero impressionante di incidenti che si verificano sulle piattaforme di trivellazione petrolifera. «La tragedia cui stiamo assistendo in questo momento è solo l'ultima di una lunga serie di fuoriuscite di petrolio, siano esse da oleodotti, navi cisterna, o impianti di perforazioni esplorative come la Horizon Deepwater - scrive Melanie D. - Ogni incidente porta con sé inchieste del Congresso, messe all'indice, editoriali graffianti e indignazione dell'opinione pubblica, ma come una nazione non ci avviciniamo ad essere indipendenti dal petrolio più di quanto lo eravamo dopo l'eventuale altra grande fuoriuscita di petrolio. Finché rimarremo dipendenti dal petrolio, continueremo a pagarne il prezzo in vite umane, così come a livello ambientale e in danni economici.
Quando è stata varata nel 2001 la Horizon Deepwater era stata esaltata come una "meraviglia della tecnologia moderna", con un impianto di trivellazione in grado di perforare a profondità impensabili solo un decennio prima. Era questa la tecnologia "sicura" presentata dalle compagnie petrolifere che aveva convinto il presidente Barck Obama e il Congresso ad ampliare le aree di ricerca offshore degli idrocarburi degli Usa. Greenpeace di fronte al disastro manda a dire ad Obama: «Non c'è alcun correttivo tecnologico quando si tratta di ricerca, perforazione e trasporto di idrocarburi. Bisogna agire subito per dire al presidente Obama che è il momento di rompere con la nostra dipendenza dal petrolio. Il petrolio viene sversato e basta. Non può essere adeguatamente "ripulito". Speriamo che l'eredita di questo disastro non siano ancora di più trivellazioni e perdite petrolifere, ma una significativa presa di distanza dalla nostra dipendenza dal petrolio, per proteggere la vita umana, l'economia e l'ambiente».
La situazione intanto si aggrava e Bp ha accettato l'aiuto delle forze armate Usa per contenere la marea nera che minaccia la Louisiana: lo ha detto Doug Suttles, Chief Operating Officer del gigante petrolifero britannico.
"Accettiamo qualsiasi aiuto", ha detto Suttles. Il tempo stringe dopo la scoperta di una terza falla nel pozzo petrolifero che da sabato butta greggio in mare. La marea nera potrebbe arrivare già domani sulle coste minacciate, con un giorno di anticipo sulle previsioni dei meterologi.
La Guardia costiera degli Stati Uniti ha reso noto che nel pozzo petrolifero sotto la piattaforma affondata nel Golfo del Messico è stata scoperta una nuova falla e che la quantità di greggio che fuoriesce è cinque volte superiore a quella stimata inizialmente. Il governatore dello stato della Louisiana ha chiesto un aiuto d'urgenza al governo federale per proteggere le coste minacciate dalla marea nera