[30/04/2010] News

Comprendere la sostenibilità per affrontare la complessità

ROMA. Lo scorso anno è stato festeggiato il 25mo anniversario della nascita di un Istituto di ricerca straordinario, il Santa Fe Institute (www.santafe.edu) e gli 80 anni di uno dei suoi fondatori, il premio Nobel per la Fisica Murray Gell-Mann. Dal 1984 questo affascinante cenacolo di "menti" eccellenti ed aperte, provenienti da discipline e background formativi diversi, ha cercato di approfondire la conoscenza della cosidetta scienza della complessità.

Fisici, chimici, biologi, informatici, economisti, ecologi si sono trovati ad esplorare campi innovativi e di frontiera della nostra conoscenza. Diversi premi Nobel sono stati protagonisti di questa avventura che, oggi più che mai, promette risultati ed avanzamenti di grande rilievo, fondamentali per conoscere meglio la realtà che ci circonda e base ineludibile per la giovane scienza della sostenibilità che analizza appunto le interrelazioni e la dinamica esistenti tra i sistemi naturali e i sistemi sociali.

La storia della nascita di questo Istituto è stata raccontata in un libro affascinante scritto dal fisico e giornalista scientifico, Morris Mitchell Waldrop, dal titolo "Complessità. Uomini e idee al confine tra ordine e caos", pubblicato in Italia da Instar Libri nel 1995.
La penetrazione delle cosidette scienze della complessità ha profondamente contribuito a comprendere meglio noi stessi e tutto ciò che ci circonda.

Nel 1972 sulla prestigiosa rivista scientifica "Science", appare un famoso articolo del premio Nobel per la Fisica, Phil W.Anderson (anche egli protagonista dell'avventura del Santa Fe Institute), dal titolo "More is different" ("Di più è diverso") che diventa una sorta di manifesto del concetto di complessità. In questo articolo si propone un'interpretazione di ciò che ha luogo nella natura: ad ogni livello di organizzazione si possono identificare i mattoni elementari, le loro interazioni e l'emergenza di nuovi fenomeni collettivi che rappresentano gli elementi del livello successivo.

Scrive Anderson :"... il comportamento di grandi e complessi aggregati di particelle non deve essere compreso nei termini di una semplice estrapolazione delle proprietà di alcune particelle. Invece, in ciascun livello di complessità compaiono proprietà interamente nuove, e la comprensione dei nuovi comportamenti richiede una ricerca che, credo, sia fondamentale nella sua natura come qualsiasi altra."

Come ricorda il grande matematico Ian Stewart nel suo ottimo libro "Dio gioca a dadi?" (Bollati Boringhieri 2009, seconda edizione ampliata), il nucleo filosofico della teoria della complessità è il concetto di emergenza, in cui il sistema che osserviamo è ben oltre le sue componenti, in modo tale che "il tutto è maggiore della somma delle sue parti".

Come ricorda il fisico italiano Luciano Pietronero, direttore dell'Istituto dei Sistemi complessi del CNR, lo studio dei sistemi complessi riguarda proprio l'emergere di proprietà collettive in sistemi con un gran numero di componenti in interazione tra loro. Questi elementi possono essere atomi o batteri in un contesto fisico o biologico, oppure persone, macchine o imprese in un contesto sociale ed economico.

La scienza della complessità cerca di scoprire i presupposti e il comportamento emergente dei sistemi complessi, elementi spesso invisibili agli approcci tradizionali, focalizzandosi sulla struttura delle interconnessioni e dell'architettura generale dei sistemi piuttosto che sui loro singoli componenti. Si tratta di una significativa modifica di orientamento e di approccio scientifico, piuttosto che di una nuova branca scientifica.

La scienza tradizionale si basa su un ragionamento fondamentalmente riduzionistico per cui se sono noti tutti i fattori che concorrono a creare una situazione è possibile prevederne il risultato e viceversa. E' facile però rendersi conto che per una cellula, per le dinamiche di un'ecosistema o per le dinamiche socio-economiche si è di fronte ad una nuova situazione in cui la conoscenza delle proprietà degli elementi individuali non è sufficiente a descrivere la struttura nel suo insieme.
Possiamo quindi rappresentare questa situazione come lo studio dell'architettura della materia e della natura. Essa dipende in qualche modo dalla proprietà dei "mattoni" ma possiede poi caratteristiche e leggi fondamentali che non possono essere ricollegate a quelle dei singoli elementi.

A partire dai sistemi fisici più tradizionali, come quelli critici, in cui competono ordine e disordine, questi comportamenti emergenti si possono identificare in molti altri sistemi, dall'ecologia e dai sistemi immunitari all'economia, alla finanza, ecc. La scienza della complessità si prefigge l'obiettivo di comprendere questi sistemi.

Il ruolo svolto dalla dinamica non lineare, dal caos e dalla complessità è stato fondamentale e positivo per la scienza: ha fatto sì che iniziassimo a porci domande sensate e smettessimo di fare assunzioni ingenue circa le sorgenti di complessità o di regolarità. Anche se molto strada resta da compiere ormai numerose importanti analisi scientifiche ci portano ad individuare alcuni elementi chiave della complessità quali: (1) i sistemi complessi sono costituiti da un insieme di molti oggetti interagenti, (2) il comportamento di questi sistemi è condizionato dalla memoria o dai feedback (sono sistemi in grado di ricordare e di "connettere"), (3) i sistemi possono modificare le proprie strategie in funzione della loro storia, (4) il sistema è tipicamente aperto e può essere influenzato dall'ambiente circostante, (5) il sistema dà luogo a fenomeni emergenti che non derivano automaticamente dalla somma dei comportamenti degli agenti che costituiscono il sistema.

Gli avanzamenti nelle scienze della complessità hanno condotto Neil Johnson, un fisico della Oxford University e della Miami University della Florida, a scrivere : "La complessità è davvero la scienza di tutte le scienze" (vedasi il suo libro "Due è facile tre è complessità, edizioni Dedalo, 2009).
Il grande fisico Robert Laughlin, premio Nobel per la Fisica nel 1998, ha scritto nel suo splendido volume "Un universo diverso. Reinventare la fisica da cima a fondo (codice Edizioni, 2005) :

"Sebbene sia contrario all'abuso del concetto di era, penso di poter dire che la scienza sia ormai passata dall'era del riduzionismo all'era dell'emergenza, un periodo storico in cui la ricerca delle cause ultime dei fenomeni subisce una metamorfosi: dallo studio dei comportamenti delle singole parti allo studio dei comportamenti collettivi".

Un grande biologo, teorico della complessità, anch'egli tra i fondatori nel 1984 del famoso Santa Fe Institute , Stuart Kauffman, ha dedicato i suoi due ultimi libri ("Esplorazioni evolutive" Einaudi, 2005 e "Reinventare il sacro" Codice Edzioni, 2010) all'analisi approfondita e, persino, ad un tentativo azzardato ed affascinante di individuare delle "leggi" che spieghino come la biosfera e l'intero universo, siano in grado di co-costruire se stessi, autorganizzandosi. Kauffman, a mio avviso, si pone oggi tra i più avanzati pensatori e scienziati e si muove, realmente, ai "confini" della conoscenza. Questi suoi ultimi libri sopra citati sono bellissimi.

In questo grande fermento culturale negli ultimi decenni sono nate diverse discipline che hanno cercato di comprendere al meglio le relazioni tra i sistemi naturali e la nostra specie ed i sistemi sociali, culturali, tecnologici, industriali da essa creati (l'antroposfera o la tecnosfera). Si tratta di discipline come l'Ecological economics (l'economia ecologica), la Conservation biology (la biologia della conservazione), l'Industrial ecology (l'ecologia industriale) ecc.

Contemporaneamente climatologi, oceanografi, geologi, ecologi ecc. sono andati notevolmente avanti nelle loro analisi e ricerche da poter cominciare ad analizzare l'intero nostro pianeta come un Sistema Terra da poter considerare nel suo insieme, tendo conto di tutte le relazioni esistenti tra le diverse sfere con le quali la nostra conoscenza divide il mondo come l'atmosfera (la sfera dell'aria), l'idrosfera (la sfera dell'acqua), la pedosfera (la sfera del suolo), la biosfera (la sfera della vita). In tutte queste discipline l'attenzione alla dimensione dei fenomeni emergenti derivanti dall'analisi dei sistemi naturali e dei sistemi sociali e delle loro interrelazioni, è fondamentale alla comprensione ed alla soluzione dei problemi che l'umanità oggi si trova ad affrontare per non aver poggiato sull'armonia le relazioni con la Terra.

Tutto questo fermento teorico e pratico, come abbiamo visto in tutte le pagine di questa nostra rubrica su "Greenreport", sta producendo la Sustainability science, la scienza della sostenibilità, che sarà oggetto di una seconda conferenza internazionale che avrà luogo proprio a Roma, presso l'Università La Sapienza, insieme all'Università delle Nazioni Unite, all'Università di Tokyo e all'Arizona State University statunitense (vedasi il sito www.icss2010.net) dal 23 al 25 giugno prossimi.

Si tratta di una sfida culturale e pratica affascinante, fondamentale per invertire la nostra straordinaria pressione che continuiamo, imperterriti, ad esercitare sui sistemi naturali.

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