[04/05/2010] News
ROMA. Alla ventiseiesima conferenza regionale della Fao per l'Africa (Arc 26), apertasi ieri a Luanda, la capitale dell'Angola, e che durerà fino al 7 maggio, è stato presentato il rapporto "Le implicazioni del cambiamento climatico per la sicurezza alimentare e per la gestione delle risorse naturali in Africa" che evidenzia che «Il cambiamento climatico può avere pesanti ricadute sulla sicurezza alimentare e la riduzione della povertà in Africa. La principale conseguenza di temperature più alte e della crescente imprevedibilità del clima sarà con tutta probabilità la riduzione della resa delle coltivazioni, per il mais, importante cibo base, si stima di un 6,9 %, e dunque maggiori rischi di insicurezza alimentare».
Il documento avverte che «Non è più possibile continuare ad andare avanti come se nulla fosse» e chiede ai governi africani di «Dare priorità ed attuare misure per sviluppare l'agricoltura ed una gestione sostenibile delle risorse naturali».
Il rapporto Fao traccia un quadro in gran parte conosciuto, ma sempre preoccupante (e dimenticato) della situazione del continente nero: «Un terzo della popolazione africana vive in zone inclini alla siccità. Sei delle dieci città più grandi del continente sorgono lungo le coste, anch'esse esposte al cambiamento climatico. Il cambiamento climatico colpirà i Paesi africani più poveri in modo smisurato, e le persone più povere in questi paesi saranno quelle che ne soffriranno maggiormente. I piccoli coltivatori africani, che praticano un'agricoltura di pura sussistenza, sono i più vulnerabili, e quelli che hanno minori strumenti per contrastarne gli effetti».
La Fao respinge l'idea di importare in Africa modelli di agro-industria di tipo occidentale o asiatico (anche se le agro-industrie sono già sbarcate in forza in Africa cercando di accaparrarsi terreni fertili e/o di grande valore ambientale) e dice che «dovrebbe diventare una priorità l'adattamento al cambiamento locale tramite pratiche sostenibili come ad esempio la promozione e la protezione del cibo locale e delle conoscenze agricole tradizionali. Poiché il cambiamento climatico colpirà i più poveri, sono necessarie politiche di sviluppo che puntino ai gruppi più vulnerabili, in particolare le donne, il cui carico di lavoro crescerà enormemente in conseguenza degli effetti sulle risorse idriche e sulla terra».
Per far questo la Fao deve rafforzare la sua iniziativa Sustainable Land Management (Slm) che già utilizza conoscenze tecniche per mitigare gli effetti del cambiamento climatico attraverso la gestione integrata del territorio, delle risorse idriche, della biodiversità e dell'ambiente.
Secondo il rapporto i Paesi africani hanno il potenziale per trarre vantaggio dal mercato del carbonio e da altri strumenti internazionali come il Meccanismo per uno sviluppo pulito: «Strategie per ridurre le emissioni di carbonio, tramite progetti di rimboschimento che coinvolgano le comunità, hanno il potenziale di creare sinergie per incrementare la produzione alimentare dei piccoli contadini».
Durante l'Arc 26 si discuterà anche degli effetti dell'aumento dei prezzi del cibo sulla sicurezza alimentare, di investimenti nell'agricoltura e delle sfide e le opportunità che presenta la produzione bioenergetica per il continente africano.
Aprendo la Conferenza la rappresentante della Fao per l'Africa, Maria Helena Semedo (nella foto), ha detto che se davvero i Paesi Africani vogliono battere la fame e la disoccupazione «Devono attuare politiche conseguenti» e ha ricordato che l'Africa importa dagli Usa prodotti alimentari per circa 333 milioni di dollari e ne esporta solo dei 13 ai 14 milioni. «Occorre rivedere questo deficit perché il denaro delle esportazioni possa essere utilizzato nella produzione di beni».
Il ministro dell'agricoltura dell'Angola, Amaro Tati, ha detto che «Bisogna investire nell'agricoltura in Africa per una sicurezza alimentare sostenibile. Esiste la necessità urgente che ogni Stato fornisca maggiore assistenza al settore agricolo ed alla produzione alimentare».