
[06/05/2010] News toscana
LIVORNO. Non credo che l'urbanistica toscana sia un pasticciaccio (vedi link in fondo). Credo che necessiti di una cura ricostituente. Uscire dall'ambientalismo del fare per approdare al realismo ambientale. Direte, che vuol dire?
Significa che fare non è azione che prescinde dalla concretezza della realtà del territorio, delle risorse primarie, ma non solo queste, effettivamente disponibili. Da un bilancio di stato e di previsione che deve essere quanto meno a somma zero o quasi, cioè che contempla l'impossibilità di consumi eccedenti rispetto all'attuale situazione, all'attuale disponibilità di superficie urbanizzata o coperta, di risorsa idrica, di capacità di depurazione o smaltimento rifiuti.
Per fare questo occorre uscire dalla prassi degli indirizzi, degli auspici, dei piani come affabulazioni; c'è necessità di ricollocare funzioni amministrative e tecniche, ma anche responsabilità di governo di materie, o se vogliamo farci capire meglio da tutti i cittadini, di oggetti (aeroporti, grandi infrastrutturali e rete o puntuali) al loro giusto livello politico, amministrativo ed anche economico (perché se si parla di infrastrutture per il trattamento dei rifiuti per esempio ci sono logiche industriali e convenienze economiche conseguenti che non possono essere messe da parte).
Per fare un esempio, che potrebbe essere anche riferito alla vicenda di Montespertoli, un quadro esatto di conoscenze, di dati conoscitivi georeferenziati, perché accollarlo ai singoli comuni, perché sperare che nasca dallo spontaneismo delle unioni dei comuni? Perché non farlo divenire compito delle province che via via sono state svuotate di competenze e nelle quali si erano investite risorse per creare i centri SIT che dovevano appunto servire i territori? D'altra parte come svolgere tutte le procedure valutative se non abbiamo dati e conoscenze certificate? Con considerazioni, narrazioni attorno a parametri soggettivi di sostenibilità che finiscono per giustificare una cosa da una parte e per renderla improponibile altrove?
Insomma, si tratterebbe di riscoprire la tradizione dell'urbanistica toscana (che altro era se non una grande banca dati la gigantesca schedatura del patrimonio edilizio esistente a cui fu dato il là con la legge 59 del 1980 che consenti il recupero dei centri storici e di tante case abbandonate), un'urbanistica che aveva coniugato la crescita del patrimonio culturale dei professionisti locali (quasi tutti formati alla scuola di Firenze ispirata da Edoardo Detti) e un costruttivo rapporto con altri esperti chiamati a far parte della CRTA, come Luigi Airaldi per esempio, o a proporre piani innovativi come fu il piano del parco S.Rossore Migliarino ispirato da Pier Luigi Cervellati.
Non credo, come si suole dire, che sia il caso di tirare per la giacca la nuova giunta regionale, eppure se dovessi esprimere un auspicio prima ancora che le coordinate di un cambio di rotta, che ci sarà perché il presidente l'ha dichiarato, credo che sarebbe utile poter tornare ad una pratica che tanti innovativi "percorsi partecipativi" hanno di fatto cancellato, quella del confronto senza rete, senza gabbie precostituite di oratori e interlocutori predefiniti. Cioè ripartire dalla partecipazione vera che non è raccolta del consenso, ma raccolta di sollecitazioni e proposte, anche contestazioni, occasione di selezione di idee e, se del caso, di classe dirigente, tenuto conto che ha responsabilità di classe dirigente anche un libero professionista, un urbanista di campagna.