
[05/08/2009] News
LIVORNO. L'Africa appare ai margini dei negoziati sul clima in corso, eppure secondo Alf Wills, a capo del Dipartimento per gli affari ambientali della cooperazione internazionale del governo del Sudafrica «la posizione sul cambiamento climatico ai negoziati è stata considerata come unica e forte, in realtà, come regione, l'Africa è stata probabilmente la più unita. In generale, i Paesi in via di sviluppo sono uniti sulla scienza del cambiamento climatico e sono d'accordo che la responsabilità storica dei cambiamenti climatici è del mondo sviluppato. Tuttavia, quando si arriva ai dettagli, ed a mettere a fuoco le aree prioritarie, i Paesi in via di sviluppo sono molto divisi».
Secondo Wills in Africa, i Paesi meno sviluppati e i piccoli Stati insulari in via di sviluppo hanno posto l'adattamento agli effetti del cambiamento climatico come priorità assoluta, mentre i Paesi produttori di petrolio hanno messo come priorità le misure di risposta al climate change e le economie emergenti, e i Paesi in rapida industrializzazione tra quelli in via di sviluppo, come il Sud Africa, hanno messo in cima alla loro agenda il trasferimento di tecnologie. Per Joanne Yawitch, che dirige il dipartimento affari ambientali sudafricano, il cambiamento climatico è di vasta portata ed ha ripercussioni anche sul commercio, ostacolando gli scambi, così come per la concorrenza e la competitività e la salvaguardia delle industrie: «Dobbiamo essere onesti e dire che questo è un problema per il Sudafrica, che avrà un impatto su di noi e che dobbiamo tenerne conto a tutti i livelli. Il Sudafrica bisogno di una chiara risposta nazionale ai cambiamenti climatici, in quanto ciò metterebbe il Paese in una posizione più forte nelle sedi dei negoziati internazionali».
Secondo il dipartimento per gli affari ambientali l'impatto del cambiamento climatico sarebbe devastante per l'Africa: entro il 2020, fino a 200 milioni di persone in Africa potrebbero essere colpite da stress idrico, le rese agricole potrebbero calare del 50%, ci sarebbe maggiore insicurezza alimentare e stress sugli ecosistemi che sostengono la popolazione delle zone rurali. Inondazioni costiere da innalzamento del livello del mare colpiranno tutto il continente. Il Sudafrica sarebbe uno dei Paesi più colpiti e per questo motivo nei negoziati sostiene con forza sia le n misure di attenuazione del cambiamento climatico sia quelle di adeguamento che «dovranno svolgere un ruolo importante in un accordo globale sul cambiamento climatico».
Wills e Yawitch sono I capi-negoziatori del Sudafrica nei vari Climate change talks e il primo ha detto di essere «molto ottimista sul fatto che sarà raggiunto un accordo al vertice di Copenhagen», ma ha aggiunto che a Copenhagen sarà disegnato probabilmente un accordo-quadro politico, che dovrà successivamente essere riempito ulteriormente di dettagli. «I negoziati sono molto difficili" spiega Wills ada Engineering News - E questo accade per ragioni economiche e di sviluppo». Il Sudafrica si prepara al nuovo round dei Climate change talks della road Map di Bali verso Copenhagen che inizieranno a Bonn alla fine della settimana ed ai negoziati formali che prevedono quattro tematiche: adattamento; attenuazione, tecnologia e finanza.
La potenza emergente dell'Africa da Copenhagen si aspetta un accordo equo ed efficace che trovi il giusto equilibrio tra adattamento e mitigazione degli effetti del global warming che rispecchi le esigenze dello sviluppo e del clima: «il regime climatico deve essere basato sul riconoscimento del fatto che la soluzione al cambiamento climatico sarà possibile solo se si realizzerà nel contesto della priorità dei Paesi in via di sviluppo: eradicare la povertà e promuovere lo sviluppo», afferma Wills. Per questo il Sudafrica chiede un ampio programma internazionale per l'adeguamento, che comprenda massicci finanziamenti, tecnologie e capacità progettuali per ridurre la vulnerabilità e la costruire la resilienza dei Paesi africani agli impatti immediati e futuri dei cambiamenti climatici.
Flussi finanziari, tecnologie e conoscenze che i Paesi sviluppati dovranno fornire a quelli in via di sviluppo, anche per aumentare le capacità tecnico-scientifiche dell'Africa, aumentare la prevenzione e l'efficacia delle risposte alle catastrofi climatiche, sviluppare settori di intervento per la resistenza a lungo termine ai cambiamenti climatici. Per quanto riguarda l'attenuazione, il Sudafrica ha quantificato riduzioni giuridicamente vincolanti di riduzione delle emissioni per i Paesi sviluppati nell'ambito del Protocollo di Kyoto, che secondo Wills non ha scadenza perché «i dettagli del nuovo periodo di impegno per il periodo successivo al 2012 sono in corso di negoziato». Secondo il governo di Pretoria/Tshwane la mitigazione del cambiamento climatico richiederebbe un maggiore impegno degli Usa all'interno del processo multilaterale, con impegni vincolanti di riduzione delle emissioni più robusti rispetto a quelli annunciati da Barack Obama. I negoziatori sudafricani sottolineano che finanziamenti certi tecnologie e iniziative per lo sviluppo sono essenziali per consentire ai Paesi in via di sviluppo di costruire economie più resilienti e di fare il salto verso una crescita a basso tenore di CO2. «No money, no deal (Niente soldi niente accordo) - semplifica Wills - Mentre i Paesi sviluppati devono mettere sul tavolo i soldi, il modo in via di sviluppo ci metterà l'azione».