[07/05/2010] News
LIVORNO. Per l'Italia sono 21 le procedure di infrazione archiviate (di cui una in materia di rifiuti e riguarda l'affidamento da parte del Comune di Contigliano del servizio di gestione dei rifiuti alla Società A.M.A. Servizi S.r.l.) a fronte di 3 aperture di nuovi casi (di cui una riguarda il trattamento delle acque reflue urbane e una la qualità dell'aria). Il numero totale delle procedure d'infrazione a carico del Belpaese scende così a 129 che rappresenta il miglior risultato mai raggiunto negli anni più recenti. Delle procedure aperte, 109 riguardano casi di violazione del diritto comunitario e 20 attengono a mancata trasposizione di direttive nell'ordinamento italiano.
Sono, però, ancora 37 le procedure pendenti per il settore ambientale, 7 per l'energia, 3 per la pesca e 2 per l'agricoltura. E proprio due giorni fa la Commissione europea ha chiesto alla Corte di Giustizia europea di condannare l'Italia sia per violazione della normativa UE sul trattamento delle acque reflue urbane sia per la mancata osservanza di quelle sulla qualità dell'aria relative alle Pm10.
In particolare la Commissione europea ha deciso di deferire l'Italia (e anche la Spagna) alla Corte Ue in merito a due vecchi casi di violazione perché, nonostante i due avvertimenti già inviati, sono molte le città e i centri urbani a non essersi ancora dotati di un impianto di trattamento delle acque. Circa 178 città e centri urbani italiani (tra cui Reggio Calabria, Lamezia Terme, Caserta, Capri, Ischia, Messina, Palermo, San Remo, Albenga e Vicenza) - e più o meno 38 spagnoli (fra le altre, A Coruña (Galicia), Santiago (Galicia), Gijon (Asturias) e Benicarlo (Valencia) - non si sono ancora conformati alla direttiva.
Le acque reflue non trattate contengono nutrienti come l'azoto e il fosforo che possono danneggiare le acque dolci e l'ambiente marino favorendo la crescita eccessiva di alghe che soffocano le altre forme di vita (processo conosciuto come eutrofizzazione). Possono, inoltre, essere contaminate da batteri e virus dannosi rappresentando dunque un rischio per la sanità pubblica.
Così come possono rappresentare un rischio per la salute pubblica anche le Pm10. Queste particelle, contenute principalmente nelle emissioni dell'industria, del traffico e degli impianti di riscaldamento domestico, possono causare asma, problemi cardiovascolari e polmonari. Non a caso la normativa Ue, ossia quella violata dall'Italia e per cui la Commissione l'ha differito alla Corte Ue, prevede dei valori limite di emissione che impongono una concentrazione annuale di 40 microgrammi (μg)/m3 e una concentrazione giornaliera di 50 μg/m3, che non può essere superata più di 35 volte per anno civile
Dunque, l'azione della Commissione fa seguito all'entrata in vigore, nel giugno 2008, della nuova direttiva Ue sulla qualità dell'aria. La direttiva autorizza gli Stati membri a chiedere, nel rispetto di certe condizioni e per determinate parti del paese, una proroga di durata limitata per l'adeguamento alle norme in materia di Pm10 entrate in vigore nel 2005.
All'inizio del 2009 le prime lettere di avvertimento sono state inviate agli Stati membri che non avevano ancora notificato richieste di proroga o non l'avevano fatto per tutte le zone che superavano i valori limite fissati.
L'Italia ha presentato due notifiche riguardanti circa 80 zone situate in 17 regioni e province autonome, ma la Commissione ha respinto gran parte delle richieste in quanto le zone non soddisfacevano tutte le condizioni previste dalla direttiva. Nella maggioranza dei casi l'Italia non era in grado di dimostrare che l'azione intrapresa avrebbe garantito il rispetto dei valori limite entro il termine della proroga.