[10/05/2010] News
La Collana ha dedicato fin qui una serie di volumi alla situazione generale dei parchi, ma anche a particolari esperienze regionali dalla Toscana alla Liguria o ad aspetti e comparti specifici come le aree protette fluviali e ancora quello sulla nautica sostenibile mentre sono in preparazione un volume sui parchi dell'Emilia -Romagna, sull'esperienza del Piemonte e quella anche storica dell'Abruzzo a cui si aggiungeranno il volume sulla pianificazione e poi la Convenzione Alpina e uno sulle aree protette marine. E' stato così offerto uno spaccato certamente ancora incompleto ma sicuramente importante - che i volumi previsti arricchiranno - della situazione del nostro paese nella sua evoluzione, ma anche nelle sue non poche difficoltà, battute d'arresto e vere e proprie involuzioni che è possibile verificare anche alla luce del contesto europeo a cui è stato dedicato il volume curato da Roberto Gambino.
Il richiamo alle cose fatte finora e quelle in programma anche a breve va fatto non solo perché è giusto sottolineare sia l'impegno della Collana ad operare come un osservatorio attento e non indulgente sulla realtà complessa e talvolta anche sfuggente e non di rado ignorata o sottovalutata dei parchi e delle aree protette, ma anche perché il volume dedicato ai parchi iperurbani e metropolitani vi aggiunge un tassello quanto mai importante e meno noto. Il richiamo a entrambi i concetti o se si preferisce le tipologie; iperurbani e metropolitani, è voluto perché se i secondi evocano immediatamente realtà a cui oggi sia pure tra impaccianti incertezze e intoppi guarda anche il mondo delle istituzioni, prevedendo la nuova e discussa ‘area metropolitana', segno indiscutibile ed evidente del ruolo strategicamente rilevante delle grandi concentrazioni urbane non soltanto nel nostro paese; quelli iperurbani ci ricordano che siamo pur sempre il paese delle cento città che neppure volendo potrebbero rientrare in quella nuova dimensione. Entrambe però sono accomunate-ecco il punto- dalla esigenza sempre più pressante e incalzante di avviare o rafforzare percorsi in grado di aprire le realtà urbane grandi e meno grandi a politiche ambientali in cui la natura torni a giocare un ruolo e disporre di spazi da cui è stata sempre più estromessa e neppure con le buone. Qualcuno ha detto che la città deve riprendere dentro di sé e la campagna reimpossessarsi della città. A questo possono e debbono mirare i parchi di cui parla il libro.
Va detto subito che le proposte estremamente interessanti e ampiamente documentate anche nei loro indispensabili riferimenti storici oltre che culturali e progettuali quali emergono dal volume colgono i parchi e le aree protette nel loro complesso in una fase tra le più travagliate dall'entrata in vigore della legge quadro del 91. E non migliore è purtroppo la situazione dei grandi centri urbani dove le politiche di aggressione al territorio, al paesaggio, al verde non riescono finora ad invertire significativamente processi di cementificazione, di mobilità insostenibile, di inquinamento dell'aria come delle acque.
Ma proprio qui sta l'attualità e il pregio del libro che ci richiama realisticamente e molto opportunamente alla pericolosità di quell'appannamento culturale, politico e istituzionale che si abbattuto nel giro di pochi anni sul mondo dei parchi del nostro paese. Quello culturale occupa sicuramente il primo posto basta pensare alle proposte e alle riflessioni che qui ci vengono presentate e l'attuale e sconcertante balbettio delle istituzioni soprattutto -ma non solo- nazionali. E che ciò avvenga nel bel mezzo di una crisi mondiale che impone di ripensare a fondo il rapporto ambiente e politiche economiche e sociali accresce -o dovrebbe accrescere-le preoccupazioni di chiunque non voglia stoltamente riproporre ricette e comportamenti fallimentari.
E in questo marasma tanto più allarmante perché ci coglie in una fase che a parole dovrebbe rimescolare e innovare profondamente le carte nei ruoli istituzionali -come nelle riflessioni culturali-imprimendogli una nuova carica capace di garantire al territorio, anzi ai territori un governo, una programmazione degli interventi che oggi latita alla grande.
In questo contesto i parchi nella loro diversificazione non solo istituzionale; parchi nazionali, regionali, riserve, siti comunitari, ma anche tipologica, montani, fluviali, marini e appunto iperurbani e metropolitani dovrebbero ritrovare o trovare a tutti gli effetti un preciso e specifico ruolo e spazio.
E dovrebbero poterlo trovare valorizzandone le specificità richiamate senza però separarle e quindi isolarle in nicchie destinate a ruoli marginali se non burocratici.
Alcuni contributi raccolti in questo volume hanno il merito anche di farci toccare con mano i nostri ritardi rispetto ad esperienze internazionali e soprattutto europee che pure dovrebbero e potrebbero insegnarci qualcosa. Tanto più che talune nostre esperienze a Milano come a Torino o a Roma confermano significativamente la non velleitarietà di questo impegno in un territorio di primo acchito così poco affine a quello ‘tradizionale' dei parchi. Possiamo dire tranquillamente e senza retorica alla luce di quanto emerge dal libro che la ‘specialità' dei parchi ben si attaglia ai più diversi ambiti territoriali mostrando anche su terreni tanto diversi la sua insostituibilità. E le diverse esperienze che il libro richiama e analizza mostrano anche un'altra caratteristica tipica della generalità dei parchi e cioè la loro capacità di attagliarsi bene anche ai luoghi e ambienti più diversi per storia e natura.
Qui si misura anche la sconfortante distanza tra la ricerca di risposte sempre più efficaci ai nuovi ed enormi problemi posti da una urbanizzazione incontrollata e scriteriata di cui è testimonianza peraltro l'incapacità del legislatore di rinnovare le stesse normative urbanistiche malgrado il disastroso fallimento dell'urbanistica contrattata e una politica nazionale che negli ultimi anni sembra essersi accanita in vario modo ma sempre penalizzante proprio nei confronti dei parchi e delle aree protette. E che questo irresponsabile accanimento abbia riguardato peraltro prima la legge sui bacini idrografici e poi -con il nuovo Codice dei beni culturali-il paesaggio e la legge 394 ossia due aspetti cruciali di una politica metropolitana e iperurbana vi aggiunge un tocco beffardo che connota da solo la distanza tra le esigenze del momento e la sensibilità e consapevolezza di chi oggi governa.