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[10/05/2010] News
FIRENZE. Che non siano stati messi in campo tutti gli investimenti necessari per ridurre le carenze infrastrutturali nel settore idropotabile, è cosa nota. Le motivazioni sono diverse: congiunture economiche poco favorevoli, sistema normativo inadeguato e non sostenibile visto che "carica" in bolletta anche tutti i costi degli investimenti per le infrastrutture, pianificazioni errate con sistemi strutturali basati solo sui grandi collettamenti, sottovalutazione dell'importanza strategica che questo settore avrebbe potuto avere per l'economia del Paese.
A pagare in misura maggiore queste carenze, all'interno del servizio idrico integrato, è stato il segmento della depurazione e della restituzione delle acque all'ambiente. L'Italia in questo settore non è certo all'avanguardia e ora l'Europa dopo averci più volte avvertito è passata ai consecutivi fatti. La Commissione europea ha deferito il nostro Paese (insieme alla Spagna) alla Corte di giustizia dell'Unione europea.
Era nell'aria visto che si tratta di antiche violazioni della normativa Ue sul trattamento delle acque reflue urbane, in base alla quale entro il 31 dicembre 2000 i due paesi avrebbero dovuto predisporre sistemi adeguati per il convogliamento e il trattamento delle acque nei centri urbani con oltre 15.000 abitanti equivalenti. I primi avvertimenti ad Italia e Spagna sono relativi al 2004 quando i due paesi hanno ricevuto una prima lettera di diffida. Una seconda e ultima lettera è stata spedita all'Italia nel febbraio 2009 (mentre alla Spagna nel dicembre 2008).
Nonostante le "attenzioni" dell'Europa circa 178 città e centri urbani italiani (tra cui Reggio Calabria, Lamezia Terme, Caserta, Capri, Ischia, Messina, Palermo, San Remo, Albenga e Vicenza) e circa 38 centri spagnoli non si sono conformati alla normativa comunitaria, e quindi a più di otto anni dalla scadenza la Commissione europea ha deciso di passare all'azione. La gravità dell'inadempienza deve essere ribadita: non trattando in modo adeguato le acque reflue oltre a mettere a rischio la sanità pubblica si mettono in pericolo anche i delicati equilibri ecologici dei corpi recettori che siano fiumi, laghi o mare aperto, aumentando anche i rischi di eutrofizzazione. Il mancato trattamento delle acque reflue, tra l'atro compromette anche il raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti da un'altra direttiva europea, la 2000/60/CE (recepita dall'Italia nel 2006), e cioè il livello "buono" per tutte le acque al 2015.