[06/08/2009] News

Istat: frenata della produzione industriale

LIVORNO. Il grafico relativo all'Indice destagionalizzato della produzione industriale pubblicato oggi dall'Istat rende in maniera efficace la caduta libera che si è registrata da un anno a questa parte. Il dato è riferito al giugno 2009, in cui «sulla base degli elementi finora disponibili» - segnala l'Istat - «l'indice della produzione industriale destagionalizzato, con base 2005=100, ha segnato una diminuzione dell'1,2% rispetto a maggio 2009; la variazione congiunturale della media degli ultimi tre mesi rispetto a quella dei tre mesi immediatamente precedenti è pari a - 3,9 %».

L'indice della produzione corretto per gli effetti di calendario (i giorni lavorativi sono stati 21 contro i 20 di giugno 2008) ha registrato a giugno una diminuzione tendenziale del 21,9%, mentre nel primo semestre 2009 la variazione rispetto allo stesso periodo del 2008 ha fatto registrare un dato negativo pari a - 21,5% (con un giorno lavorativo in meno-124 contro 125-rispetto al 2008).

La contrazione industriale non ha risparmiato nessun settore, sebbene il processo in atto di svuotamento dei magazzini dalle scorte che sino ad ora è stata l'attività principale delle imprese, potesse far pensare ad un risultato meno negativo, ma evidentemente il basso indice della domanda ha influito in maniera maggiore di quanto gli ottimisti potessero pensare, o di quanto la pubblicazione di indicatori positivi, nelle ultime settimane, li avesse fatti sperare in una ripresa del pil sui dati del secondo trimestre in arrivo domani.

I valori negativi degli indici destagionalizzati di produzione riguardano infatti tutti i settori industriali: - 2,7 % per l'energia,-2,3 % per i beni strumentali, -2,0% per i beni intermedi e -1,0% per i beni di consumo (che corrisponde a - 2,6 % per i beni durevoli e - 0,9% per i beni non durevoli).

Stesso andamento si registra considerando l'indice della produzione industriale corretto per gli effetti di calendari: - 29,5% per i beni intermedi,-26,8 % per i beni strumentali, - 12,9 % per l'energia e - 9,5% per i beni di consumo (- 26,0 % i beni durevoli, -5,1% i beni non durevoli).

La situazione non conforta se il confronto viene fatto sul semestre, i valori rimangono invariati nel segno negativo. Le diminuzioni più marcate su base annuale hanno riguardato le apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (- 37,6 per cento), i macchinari e attrezzature n.c.a. (- 37,1 per cento), i mezzi di trasporto (- 33,0 per cento) e la metallurgia e prodotti in metallo (-32,4 per cento). Mentre nel confronto tra il primo semestre del 2009 e il corrispondente periodo del 2008, le diminuzioni più ampie hanno riguardato la metallurgia e prodotti in metallo (- 33,0 per cento), le apparecchiature elettriche e per uso domestico non elettriche (- 32,4 per cento) e i macchinari e attrezzature (- 31,3 per cento).

Per trovare valori meno negatici si deve guardare al comparto delle industrie alimentari, bevande e tabacchi che hanno registrato il calo più contenuto (- 3,5 per cento) mentre i prodotti farmaceutici hanno segnato, nel confronto semestrale una variazione nulla o addirittura in positiva (+5,3%) sul confronto annuale.

«Il dato è molto più basso delle attese- commenta a caldo Ken Wattret, economista di Bnp Paribas, cui Intesa San Paolo ha appena ceduto il 50% di azioni di Findomestic.-E' sorprendente dal momento che le business survey suggerivano una ripresa significativa della produzione alla fine del secondo trimestre e nel terzo trimestre».

E questo potrà influire anche sulle previsioni del Pil in arrivo domani mattina, che rispetto alle attese degli economisti (che prevedevano una contrazione congiunturale per il secondo trimestre dello 0,7% per un tendenziale a -6,1%) potrebbero essere assai più basse.

«Il Pil del secondo trimestre in Italia sarà molto meno debole di quello del primo trimestre- sottolinea Wattret- ma potrebbe disattendere le attese, risultando probabilmente peggiore rispetto al consensus». Al di là degli zero virgola anche questi sono ulteriori segnali di una economia che arranca a riprendere fiato e che vorrebbe risalire sullo stesso autobus giunto ormai al capolinea.

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