[14/05/2010] News

Utilizzo dei fanghi in agricoltura: vanno rispettati i limiti fissati dal legislatore nazionale

LIVORNO. Se la Regione non fissa i limiti e le condizioni per l'utilizzo dei fanghi in agricoltura, la Provincia  non può imporre ulteriori o diversi limiti rispetto a quelli espressamente indicati dal legislatore nazionale. Perché la provincia non ne ha la competenza. Lo afferma il Tribunale amministrativo della regione Friuli Venezia Giulia chiamato in causa da una società specializzata nell'attività di utilizzazione di fanghi di depurazione in agricoltura.

La questione inizia proprio quando la società richiede il rinnovo dell'autorizzazione in suo possesso. Ma il procedimento, a causa di «difficoltà organizzative ed istruttorie» della Provincia di Udine, procede assai lentamente finché, nel 2008, l'Ente demanda al proprio dirigente la verifica di tutte le autorizzazioni in essere, al precipuo fine «di definire i quantitativi di fango applicabili ai terreni agricoli, in particolare per quanto riguarda l'apporto di azoto necessario alle colture previste». Infatti, pur non avendo la Regione trasferito alla Provincia «la competenza a stabilire ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione dei fanghi in agricoltura», la Provincia detta nuove e diverse prescrizioni e limitazioni.

Ma la facoltà di stabilire «ulteriori limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura per i diversi tipi di fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di colture praticate, alla composizione dei fanghi, alle modalità di trattamento», resta confermata in capo alla Regione Friuli, che nel caso specifico stava provvedendo in tal senso nell'ambito dei "Programmi di Azione" per le zone vulnerabili previsti dalle disposizioni nazionale.

E' il decreto legislativo 99/92, emesso in attuazione della direttiva comunitaria 86/278, che disciplina l'uso di fanghi di depurazione in agricoltura. Pur favorendone la corretta utilizzazione, ha lo scopo di «evitare effetti nocivi sul suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo». Dunque per conseguire la finalità detta tutta una serie di disposizioni piuttosto precise e dettagliate, che concretano una disciplina completa ed esauriente, che è l'unica applicabile al settore. Il successivo dlgs 152/06, pur occupandosi delle "zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola", non detta prescrizioni puntuali, ma rinvia al Codice di Buona Pratica agricola, che, a sua volta, rinvia anch'esso al decreto del 1992 e, alla voce "fanghi da depurazione".

Il decreto dispone che «è possibile l'impiego come fertilizzanti di fanghi da processi di depurazione di acque reflue urbane o altri reflui analoghi aventi caratteristiche tali da giustificarne un utilizzo agronomico (adeguato contenuto in elementi della fertilità, in sostanza organica, presenza di inquinanti entro limiti stabiliti). L'azoto contenuto nei fanghi di depurazione, estremamente variabile, mediamente 3-5% sulla sostanza secca, è disponibile dal primo anno».

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