[21/05/2010] News
LIVORNO. «Un grosso e importante progetto tecnico, non una scoperta né tantomeno una creazione». Marcello Buiatti, professore ordinario di Genetica dell'Università di Firenze, commenta così l'annuncio della costruzione della prima cellula batterica artificiale da parte del noto gruppo americano che fa capo a Craig Venter, il genetista dei primati che punta senza nascondimenti alla realizzazione della vita artificiale.
«Dal punto di vista scientifico della biologia - spiega a greenreport Buiatti - questa ricerca non dice niente di particolare. Dal punto di vista tecnico, invece, è il passo finale di una serie di cose cominciate con i primi studi di ingegneria genetica negli anni 70, quando appunto si iniziò a sequenziare il Dna e ad attaccare pezzi di Dna con altri e dunque gli Ogm e via dicendo. Tecniche partite dagli studi sui batteri, per poi passare alle piante e agli animali negli anni 80. Il lavoro fatto dall'equipe di Venter, già conosciuto e che facciamo anche noi, parte da un pezzo di Dna noto, introdotto nel Dna di un altro organismo molto diverso con l'idea che questo farà esattamente quello che faceva prima. E' in questo modo che si è imparato a prendere pezzi e attaccarli uno con l'altro e successivamente anche a sintetizzare tratti di Dna per costruire quello che vogliamo. Un esempio: se voglio scrivere la parola scarpa, cercherò le lettere s,c,a,r,p, ed a, così si fa con il Dna. Sono stringhe di Dna che noi pure acquistiamo, anche se molto brevi in quanto molto costose. Lui ha di fatto preso il Dna di un batterio, il più piccolo che esiste, già sequenziato da tanto tempo, si è letto il Dna e lo ha sintetizzato in diversi pezzi facendo una copia del genoma stesso. Ha quindi semplicemente posto in una cellula batterica privata del suo Dna originario, quello copiato e questa è andata avanti, generando da sola. Il Dna, va ricordato, da solo è inerte ma si attiva perché ogni gene ha un suo interruttore e dunque se stimolati dalla molecola giusta, parte. Diciamo che ha fatto molto bene un'operazione che sapevamo si potesse fare, ma non ha creato la vita, l'ha solo copiata. Non ha "fatto" un organismo nuovo ma solo il Dna di quello vecchio e non tutto l'organismo».
Va dunque ridimensionata la notizia?
«Diciamo che intanto non la chiamerei una scoperta ma un grosso progresso tecnico che ci permette di fare cose più complesse di quelle che eravamo in grado di fare in passato. Uno strumento interessante per studiare, perché ora possiamo cambiare i geni e sintetizzarne di diversi. Dal punto di vista tecnico è dunque molto importante. Ma va detta una cosa: sul mercato guadagna chi va avanti con gli scoop, ovvero riesce a fare le cose prima degli altri perché questo fa volare il titolo in borsa e poi guadagna con le royalty dei brevetti. Tanto si cade sempre su questo».
Venter sostiene che si avranno grandi benefici per l'umanità e per l'ambiente.
«Ripeto, è un bel progetto, fatto molto bene e lo riconosco. Venter sa fare il suo lavoro, ma lo fa per tirar su dei soldi, ci guadagna molto e va bene così. Sui risultati futuri mi permetto di essere scettico, ho dei dubbi visto quanto è accaduto nel campo finora. Diciamo che è possibile che ci siano benefici, non è magia nera né bianca, è una tecnica molto raffinata che viene fatta con macchine molto potenti, che noi non abbiamo perché costano tanto».
Quali le prospettive dunque?
«Per ora è così, un bel progetto, niente di più, niente di meno. Poi se viene in mente a qualcuno di farci qualcosa di utile ben venga. Bisogna vedere, ad esempio, come si comporta questo batterio a contatto con gli altri. Quindi non è escluso che ci possa fare cose positive. E' un bel lavoro tecnico, utile, ma non ha scoperto né la vita né nulla, scoprire significa trovare qualcosa di nuovo e questo non lo è. Lui lo mette così perché così farà salire il Nasdaq, portandogli benefici economici. Venter è uno molto bravo a costruire macchine, ma non ha fatto alcuna scoperta tutto qui».
Anche se in parte ha già smontato questa che per alcuni è invece una svolta epocale, eticamente come ci si dovrebbe porre secondo lei di fronte alla prospettiva di una vita artificiale?
«Ci si pone come sempre: si tratta di vedere che uso se ne fa. Questa è una tecnica che era già nell'ingegneria classica e nella ingegneria genetica, può fare nel bene e nel male cose più potenti. L'etica non è mai una scelta della scienza, ma delle applicazioni della scienza. Il Dna è una grande scoperta, dopo di che ci si pone eticamente il problema di manipolarlo. Le scoperte che ha portato l'ingegneria genetica sono scoperte né buone né cattive, il problema etico è quello dei brevetti ed è quello che non va bene. I gli Ogm li faccio continuamente, il problema è come li faccio e come li sfrutto. Monsanto mi fa alterare perché brevettando tutto scaccia i contadini dalla terra, li riduce alla fame e vuole così dominare il mondo. Questa di Venter è solo un'accelerazione da un punto di vista tecnico portata alla ricerca. E intanto ci fa anche un sacco di quattrini, bene per lui».
Ci perdoni l'ingenuità della domanda, ma anche come prospettive di questa ricerca - ovvero batteri che possono ridurre l'inquinamento da petrolio - sembra che in generale ci si concentri di più sul recupero dei danni prodotti dell'uomo, piuttosto che sulla prevenzione. E' così?
«La domanda non è ingenua. E' anzi vero e non soltanto nei confronti dell'ambiente ma anche per la salute. Io sono nel comitato scientifico dell'Associazione italiana dei medici per l'ambiente, e anche lì il concetto è chiaro: prima di dare tanti medicinali e far guadagnare Big Pharma bisogna che l'ambiente sia più pulito. Moltissime malattie sono causate proprio da un ambiente inquinato. E infatti diciamo che bisogna aver fiducia nel rimedio, ma contemporaneamente bisogna che il malfatto non ci sia. Ma purtroppo è la mentalità di questo momento nel mondo ed è pazzesca. Viviamo un'epoca dove si fanno cose non per l'umanità o per l'ambiente, ma solo perché si possono quotare in borsa per fare soldi e delle volte neppure si fanno, basta annunciarle...».