[24/05/2010] News toscana
GROSSETO. Va avanti il lavoro della Consulta chiamata ad esprimersi -quasi sempre da parte della Presidenza del consiglio dei Ministri- sulla legittimità delle leggi regionali varate in materia di energia e di autorizzazioni per l'installazione di impianti ad energia rinnovabile.
Dopo la bocciatura delle leggi di Calabria, Puglia, Molise e Basilicata ora è arrivato il turno della Valle d'Aosta e non mancherà a breve il pronunciamento, che non potrà essere che similare, per quanto riguarda le leggi della Campania, della Toscana e delle Marche e per alcuni aspetti ancora della Basilicata della Puglia e del Molise.
Gli aspetti contestati riguardano sempre tre punti nodali delle leggi regionali ovvero le competenze, le procedure in termini di autorizzazioni e semplificazioni e le deleghe a chi spetta rilasciare queste autorizzazioni. E su questi temi dovrà a breve pronunciarsi anche sul ricorso presentato nei confronti della legge regionale Toscana 71/2009 che modifica la legge 39 del 2005 e che inserisce, appunto, nuove competenze alla regione e agli enti locali e semplifica in alcuni casi le procedure di autorizzazione.
Tutti temi che dovrebbero essere oggetto delle linee guida nazionali su cui lo Stato è latitante da ormai sette anni e che dovrebbero permettere alle regioni di esercitare la propria autonomia con leggi adeguate. Ovvero quella cornice necessaria a dotare il paese di norme e regole omogenee, coerenti entro le quali delineare le strategie per permettere al paese di raggiungere gli obiettivi che gli spettano in ambito europeo di ricorso alle energie rinnovabili in un quadro di sussidiarietà così come dettano anche le recenti modifiche della costituzione. E dare al tempo stesso alle imprese che vogliono lavorare nel solco della legittimità la possibilità di farlo in maniera certa e non sperequativa come sta invece accadendo, situazione che ha inoltre fornito il fianco al verificarsi - anche in questo settore- delle distorsioni che già si sono conosciute in altri campi economici, pratica cui è avvezza, purtroppo, il nostro paese.
Definire quali sono e debbono rimanere le prerogative dello Stato e quali invece e all'interno di quale cornice sono le prerogative delle regioni è il nodo che deve appunto sciogliere il governo con le linee guida previste dall'articolo 8 del decreto legislativo 281 del 1997 per cui molti sono stati gli appelli da parte di istituzioni, imprenditori, associazioni ambientaliste, ma che ancora devono essere sottoposte alla Conferenza Stato Regioni e senza le quali non potremo che continuare ad assistere a questo lavoro di demolizione delle leggi regionali operato dalla Consulta.
Non si possono infatti stabilire per legge obiettivi di potenza di energia prodotta con energie rinnovabili se prima non si è provveduto a stabilire da parte dello stato la ripartizione a livello regionale. Quindi né tetti di potenza né deregulation. Allo stesso modo non si possono limitare né semplificare gli iter burocratici per le autorizzazioni, né delegare tale competenza ai comuni. A meno che non lo prevedano le linee guida nazionali. Diventa un cane che si morde la coda, sia per le regioni che vorrebbero mantenere un basso profilo per la proliferazione di impianti ad energia rinnovabile, sia per quelle che al contrario vorrebbero aprire con obiettivi ambiziosi.
E' già avvenuto per le regioni sulle cui legge la Consulta si è già espressa e non potrà che essere così per quelle su cui è ancora pendente il giudizio, a meno che non intervengano nel frattempo le linee guida a fare da elemento chiarificatore.
Cui prodest una tale situazione, viene da chiederselo. Non certo al raggiungimento degli obiettivi vincolanti che prevedono l'incremento del 17% nel ricorso alle rinnovabili, che spetta al nostro paese dal pacchetto europeo 20-20-20. Non certo alla pianificazione energetica regionale che- laddove è stata programmata, come in Toscana - deve invece rimanere in stand by o assistere ad una proliferazione disordinata di impianti sul territorio, nonostante gli intenti di programmazione per evitarla. Non giova nemmeno alle imprese e quindi all'economia che potrebbe, anzi, avere un input positivo dal settore per rispondere alla crisi economica in atto e quindi permettere la nascita di nuove imprese o ristrutturazioni aziendali di quelle in crisi, così come permettere al settore dell'edilizia di risollevarsi non costruendo nuovi volumi e consumando così ulteriore suolo, ma nella ristrutturazione dell'esistente puntando all'efficienza, possibile grazie allo sviluppo di sistemi basati sul ricorso alle rinnovabili da installare sugli edifici.
Cosa e quanto ancora dobbiamo attendere, quindi, per queste linee guida nazionali?