
[25/05/2010] News
LIVORNO. Il ministro dell'acqua dell'Equador, Domingo Paredes, si è detto d'accordo con il presidente della repubblica, Rafael Correa, che ha chiesto di archiviare il progetto di legge sulle risorse idriche, conosciuta da tutti come Ley del Agua. Alla fine le comunità indie hanno vinto il braccio di ferro con Correa e il suo governo socialista che ha scelto una prudente ritirata per disinnescare il conflitto con le grandi organizzazioni indigene che secondo Perdes «Hanno chiuso ogni possibilità di conoscere l'opinione delle comunità di base attraverso una consultazione pre-legislativa».
Il ministro ha rilasciato un'intervista a El Ciudadano TV per annunciare che «La decisione del presidente è stata molto importante, attinente e opportuna. Ha deciso di archiviare uno strumento legale che ha prodotto conflitto, tante cattive interpretazioni e incomprensioni, tra le quali ci sono gli elementi anticostituzionali contenuti nei reclami di alcuni dirigenti indigeni. Sebbene sia necessario un ambito legale moderno, posto che la legge attuale data al 1972, è pertinente stabilire un lasso di tempo prudenziale per realizzare un progetto di legge più concentrato e conforme alla Costituzione della Repubblica che dispone che le risorse naturali siano rette da una Autoridad Única, posizione alla quale si oppongono certi dirigenti indigeni. Abbiamo un mandato costituzionale nel quale ci sono elementi molto importanti: uno è la dichiarazione dell'acqua come patrimonio nazionale, che non si può vendere né privatizzare, e come diritto umano. E c'è un ordine di prelazione che deve essere rispettato, quindi, abbiamo un mandato che è al di sopra della legge vigente e che dobbiamo applicare».
Paredes accusa i dirigenti delle organizzazioni indigene di non aver mantenuto la parola e di aver stracciato l'accordo di 8 punti sottoscritto con il governo, rilanciando sempre per imporre nuove richieste «Molte delle quali anticostituzionali. Non si può negoziare attentando ai principi base della Costituzione. Il presidente ha ragione ed è una ragione politica in questi momenti obiettiva e importante, perché non si può stabilire un progetto di legge senza legittimità ed attualmente la legittimità sociale è stata molto debilitata».
Le organizzazioni indigene hanno proposto l'istituzione di un "Consejo Plurinacional" che diriga e definisca le politiche per l'acqua ed escluda le imprese, accusate di volersi impadronire dell'acqua comunitaria con la complicità del governo centrale di Quito.
Lo scontro potrebbe essere solo rinviato, infatti Correa ha chiesto al ministro della giustizia e dei diritti umani di capire se è possibile procedere penalmente contro le organizzazioni indie che avrebbero utilizzato dei bambini per bloccare le strade durante le proteste contro la Ley del Agua.
Le fotografie apparse su vari giornali e pubblicate anche dall'agenzia ufficiale Andes sembrano inequivocabili, un reportage della radio Loja denunciava: «Sono arrivati approssimativamente circa 30 bambini che studiano in una scuola vicina a San Vicente e in questo momento si trovano questi piccoli per la strada, insieme ai loro padri e ai capi settore. La polizia non può fare niente contro di loro, la strada resta chiusa».
L'accusa fatta direttamente da Correa alle organizzazioni indigene è di aver utilizzato i bambini come scudi umani, mentre le organizzazioni per i diritti umani vengono accusate di non aver visto questa violazione dei diritti dei bambini, proprio come avrebbero fatto i media del Paease: «Dove sono tutti quelli che ci rinviano sempre alla Corte Interamericana de Derechos Humanos, per i gruppi di isolamento volontario, per ogni cosa, magari proprio gli indigeni che sono li a protestare? - ha chiesto Correa - Non siamo masochisti, non distruggiamo un Paese per far danno ad un governo. Questo è inaccettabile e lo dico a chiare lettere».
Ma avevano parlato chiaramente anche Conaie, Feine e Fenocin, le tre grandi organizzazioni indie che si sono opposte alla Ley del Agua e che chiedevano che la consultazione alla fine "concessa" dal governo doveva essere realizzata nelle aree indigene «In particolare attraverso le loro istituzioni rappresentative», una cosa che non avrebbe permesso al governo di controllare le votazioni.
Le organizzazioni nazionali indigene esigevano che «La consultazione pre-legislativa sia un atto di esercizio dei diritti e non un mero requisito formale. Una consultazione che non cerca il consenso non ha ragione di essere. In conclusione, i diritti fondamentali dei popoli indigeni devono prevedere effettivamente la dignità umana e in nessun caso la loro invocazione può rispondere a manovre politiche che cercano di svuotarli di contenuti a beneficio di interessi statali o particolari. La cittadinanza e l'opinione pubblica nazionale e internazionale devono vigilare sul loro pieno rispetto e garanzia in una congiuntura così delicata come quella che vive l'Equador».
Alla fine l'hanno spuntata gli indios, ma bisognerà vedere se dalla battagli dell'acqua, che ha minato una delle Costituzioni più avanzate del mondo, uscirà alla fine sconfitta e frantumata l'intera sinistra del Paese, organizzazioni indigene comprese.