[31/05/2010] News

Napolitano firma la manovra: รจ un macigno sullo sviluppo delle energie rinnovabili

GROSSETO. La manovra finanziaria, firmata stamani dal presidente Giorgio Napolitano, sembra aver stralciato la lista dei tagli agli enti culturali, demandando il compito di ridurre la spesa al titolare del ministero.
Ma altrettanto non sembra sia avvenuto riguardo alla modifica dell'articolo 45, che interviene sui certificati verdi, abolendo il ritiro da parte del GSE di quelli in eccesso, su cui avevano lanciato l'allarme nel fine settimana una lunga lista di associazioni operanti nel settore delle rinnovabili, fra cui Legambiente, chiedendo al Governo di fare marcia indietro.

«Un errore incredibile - ha commentato Edoardo Zanchini, responsabile energia di Legambiente - che rischia di colpire pesantemente lo sviluppo delle energie pulite nel nostro Paese e la credibilità delle scelte italiane rispetto alla prospettiva di diffusione delle rinnovabili al 2020 obbligatoria per tutti i Paesi UE. Mentre non si hanno notizie del piano di sviluppo delle rinnovabili che il governo deve consegnare a Bruxelles entro il 30 giugno, il decreto cancella le certezze degli investitori».

L'effetto del provvedimento che abolisce il ritiro da parte del GSE dei certificati verdi in eccesso sarebbe, secondo le associazioni delle rinnovabili, quello di farne crollare il prezzo, limitando il ritorno degli investimenti già realizzati e di quelli programmati.

I certificati verdi sono stati introdotti con il Decreto Bersani che imponeva un obbligo agli operatori del settore elettrico che immettono in rete più di 100 GWhe/anno, di produrne almeno il 2% da impianti a fonti rinnovabili entrati in esercizio o ripotenziati, dopo il 1/4/99. Tale obbligo è stato incrementato dello 0,35% dal 2004 al 2006 e dello 0,75% dal 2007 al 2012.

La Legge 99/09 trasferisce tale obbligo sui soggetti che concludono con Terna contratti di dispacciamento di energia elettrica in prelievo.
Lo schema di funzionamento prevede che i produttori ricevano il provento derivante dalla vendita del certificato verde, in aggiunta al prezzo di vendita dell'energia generata (o alla valorizzazione dell'autoconsumo della stessa).

I certificati verdi possono essere contrattati direttamente fra i proprietari degli impianti stessi e gli operatori interessati, oppure servendosi dell'apposito mercato creato dal gestore del mercato elettrico.

«Con le nuove regole - spiega Zanchini - non ci sarebbe più alcun ritorno dell'investimento, con drammatici effetti in termini economici e occupazionali nell'unico settore che, in questi mesi, ha mostrato segnali positivi. E' inoltre da sottolineare l'assurdità di questo provvedimento perché non avrebbe alcun effetto per le entrate dello Stato, visto che non sono finanziamenti pubblici ma un meccanismo di mercato che obbliga le aziende del settore energetico a produrre una quota minima da fonti rinnovabili e a muovere così i progetti da biomasse e biogas, eolici, geotermici, idroelettrici».

Dato che l'appello lanciato insieme alle associazioni e aziende delle rinnovabili tra cui Aper, Anev, Fiper, affinché fosse rivista la norma non ha avuto esito positivo, lo stesso cartello chiede adesso al governo di spiegare il senso di questa assurda decisione, che sembra l'ennesima dimostrazione di come il rilancio del nucleare si porti dietro l'abbandono delle fonti rinnovabili.

«Le fonti energetiche pulite sono state lasciate in un ‘far west' normativo - continua il responsabile energia di Legambiente - si attendono dal 2003 le Linee guida per i progetti da fonti rinnovabili, e non si hanno notizie né degli incentivi in conto energia per il solare fotovoltaico, né della detrazione del 55% per il solare termico. Gli obiettivi Ue sono nell'interesse di tutti e sono obbligatori: l'Italia deve raggiungere con le rinnovabili il 17% di produzione da fonti pulite rispetto ai consumi, e se questo obiettivo non verrà conseguito dovremo pagare multe e importare dall'estero. Il governo faccia marcia indietro sui certificati verdi e presenti finalmente il piano per una discussione pubblica prima di consegnarlo a Bruxelles».

 

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