[01/06/2010] News

A Bonn aria di crisi per i negoziati sul clima

LIVORNO. Secondo Juilie Chaveau, redattrice della rubrica "environment" del quotidiano economico francese "Les Echos", «5 mesi dopo Copenhagen, la lotta contro il  cambiamento climatico é sempre presente nell'agenda internazionale, i negoziati riprendono lunedì prossimo (il 31 maggio, ndr) sotto l'egida delle Nazioni Unite, ma l'urgenza non è più dichiarata».

In effetti è difficile sentire qualche politico dire ancora che bisogna ridurre ad un quarto le emissioni globali di CO2 entro il 2050 e i piani di rilancio attraverso la « green economy » non sembrano più di moda. La Chaveau  ricorda che «Nel 2009, la banca Hsbc aveva stimato l'ammontare totale allocato a questi programmi destinati a « decarbonizzare » le economie di una quindicina di Paesi a più di 341 miliardi di d'euro! Dove sono finiti? Nessuno oggi lo sa».

Il crollo dell'euro, della Grecia e delle borse, l'aumento della disoccupazione, il fallimento della ricetta neoliberista sembrano aver prodotto un ritorno all'ortodossia economica, con programmi di rigore che probabilmente finiranno per colpire le politiche «verdi ». Nessun governo occidentale (meno quello italiano) ha finora colpito le spese a favore dell'ambiente e l'Ue ha rilanciato la possibilità di portare dal 20 al 30% entro il 2020 i tagli dei gas serra, ma alcuni Paesi dicono che bisogna fare una pausa perché la crisi economica non è affatto finita e tra questi non ci sono più i soliti italiani e quelli dell'ex Patto di Varsavia, ma anche il ministro delle finanze del nuovo governo giallo-nero tedesco.

La commissaria europea al clima, la danese Connie Hedegaard, ha fatto presente che proprio la crisi ha rallentato la crescita delle emissioni e che quindi il raggiungimento dell'obiettivo del meno 30% rispetto ai livelli del 1990 sarebbe molto più facile e meno caro da raggiungere. Quello che invece sembra frullare per la testa di molti governi europei è che si potranno anche tagliare le spese per l'ambiente  perché tanto sui gas serra avrà un impatto maggiore la crisi economica, che nel 2008 ha già prodotto un taglio della CO2 dell'11,6% nell'Ue e del 7% negli Usa.

Ma l'eurodeputato di Europe Ecologie, Yannick Jadot, fa notare che questo é un atteggiamento miope perché se le o politiche per la ripresa economica a cui stanno confusamente lavorando i vari governi riusciranno, se le centrali elettriche e la produzione industriale ripartirà davvero a pieno ritmo, «Come giustificheranno gli Stati la loro inazione quando, entro qualche mese, gli europei saranno nuovamente davanti ad una crisi energetica, oltre che ad una crisi sociale, e quando le delocalizzazioni delle industrie che rifiutano di evolvere proseguiranno?».

Lo stallo è evidente ed é reso ancora più preoccupante dalla situazione negli Usa dove, nonostante sia in corso una delle più grandi catastrofi ambientali causate dall'uomo della storia, Obama non riesce a convincere i senatori ad approvare una modesta legge sul clima.

I climate change talks della United Nations Framework Convention on Climate Change (Unfccc) iniziati ieri a Bonn sono stati accolti da un preoccupato comunicato della International union for conservation of nature (Iucn) che chiede ai delegati  di stabilire un "global climate change regime" per il post 2012: «A seguito di delusione di Copenaghen del dicembre scorso, i termini per l'adozione di un nuovo accordo giuridicamente vincolante sono chiari, ma le parti dovrebbero adoperarsi per concordare le basi per un accordo al prossimo vertice Unfccc a Cancun, in Messico, nel novembre di quest'anno. Le emissioni di gas serra continuano a causare aumenti allarmanti delle temperature. Le temperature combinate globali della terra e della superficie dell'oceano, nel mese di aprile sono state le più calde mai registrate. Le riduzioni attuale e gli impegni a ridurre le emissioni non saranno sufficienti a mantenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi centigradi. Ciò si tradurrà in un danno irreversibile per i livelli di sostentamento e gli ecosistemi dai quali dipendiamo tutti».

E' un drammatico richiamo alla realtà a governi, che però troppo impegnati a tamponare le falle create dalle loro politiche iperliberiste che hanno provocato la falla che ha affondato l'economia per accorgersi che si sta aprendo una voragine molto più grande: quella delle risorse naturali e della sopravvivenza della stessa vita sul pianeta così come oggi la conosciamo.

Eppure qualche nota positiva non manca. Stewart Maginnis, direttore per l'ambiente e lo sviluppo dell'Iucn, spiega che «Nonostante il deludente risultato della Conferenza di Copenaghen, quella di Redd-plus (Reducing Emissions from Deforestation and forest Degradation) è una storia di successo. Redd-plus è emerso come un ambito coerente e vasto movimento positivo per le misure di salvaguardia ambientale e sociale. Abbiamo bisogno di costruire su questo successo e firmare un patto sul Redd-plus».

Quello che molti governi sembrano aver scordato è che la necessità di affrontare il cambiamento climatico è più urgente che mai. «Occorre agire ora - dice l'Iucn - senza attendere che i negoziati internazionali giungano ad una conclusione. La natura è il nostro alleato contro il cambiamento climatico. Gli ecosistemi sani possono aiutarci ad affrontare meglio gli impatti dei cambiamenti climatici e ad immagazzinare il carbonio».

Secondo Ninni Ikkala, coordinatore per il cambiamento climatico dell'Iucn, «Deve essere adottato un quadro per l'adattamento ai cambiamenti climatici che preveda un finanziamento adeguato e riconosca il ruolo degli ecosistemi. In parallelo, dobbiamo lavorare sul campo per aumentare la resilienza delle comunità locali di fronte all'impatto dei cambiamenti climatici, anche attraverso una migliore gestione delle risorse naturali». Speriamo che a Bonn qualcuno tra i Paesi che contano e decidono abbia ancora voglia di ascoltarlo. 

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