[03/06/2010] News

Golfo del Messico: aumenta l’area vietata alla pesca

LIVORNO. La National oceanic and atmospheric administration Usa (Noaa) ha esteso ulteriormente i confini settentrionali  e meridionali della zona chiusa alla pesca  nel Golfo del Messico per comprendere le parti della marea nera in movimento nelle acque al largo della costa orientale dell'Alabama e della Florida panhandle, così come alcune grandi macchie iridescenti ad ovest della Florida e a sud, vicino alle acque territoriali di Cuba. Si è arrivati così a chiudere la pesca in più del 31% delle acque federali Usa del  Golfo del Messico, aggiungendo un ulteriore 5% di area marina vietata a quella raggiunta appena il 31 maggio.

La chiusura coincide con l'apertura della pesca sportiva al red snapper (Lutjanus campechanus) e colpirà soprattutto l'industria turistica della pesca, il noleggio barche e i piccoli pescatori. Il Fisheries Service della Noaa assicura però che sta  monitorando più da vicino gli effetti della marea nera sulla pesca sportiva per capire come regolamentare meglio la stagione della pesca al red snapper che dovrebbe chiudere il 24 luglio. Nel Golfo del Messico ci sono circa 5,7 milioni di pescatori sportivi e la marea nera ha già provocato il crollo dei fishing trips che nel 2008 sono stati 25 milioni, mentre i pescatori professionisti nel 2008 hanno raccolto più di un miliardo di libbre di pesci e frutti di mare. La Noaa sta seguendo l'evoluzione della marea nera per chiudere ed eventualmente riaprire le aree per la pesca, intanto I pescatori hanno a disposizione un numero verde (800-440-0858) per sapere come chiedere i danni alla BP.

Intanto, mentre la Noaa chiude, qualcun altro apre. A farlo è il Minerals Management Service la discussa  agenzia sotto inchiesta, commissaria asta e sotto minaccia di scioglimento che  ha appena approvato un nuovo permesso di trivellazione di un pozzo offshore nel Golfo del Messico. Infatti, se è vero che la scorsa settimana il presidente Usa Barack Obama ha prorogato il divieto di perforazione in acque profonde per altri 6 mesi, aveva anche tolto il divieto di perforazione in acque poco profonde, consentendo a questo progetto di andare avanti.

Secondo il direttore di Sierra Club Michael Brune «Aprire nuove trivellazioni nel Golfo è andare in cerca di guai. Il presidente Obama ha compiuto passi importanti per affrontare i problemi che hanno portato al disastro Bp. Il presidente ha riformato il controllo federale sulle trivellazioni, sta indagando sul disastro, e ha congelato le perforazioni nell'Artico e Virginia. Ha dimostrato un impegno per interrompere i sussidi all'industria petrolifera per investire invece nell'energia pulita. Questi sono passi importanti, ma abbiamo bisogno di più. Abbiamo bisogno di garanzie che tutto ciò non accada di nuovo. Una nuova espansione delle trivellazioni nel Golfo non rientra negli sforzi del presidente per riformare l'industria petrolifera. Nuove  perforazione offshore, sia in acque basse o profonde, non hanno posto nell'agenda l'energia pulita del presidente Obama. Dove non ci sono trivellazioni non ci sono fuoriuscite. Ora l'industria petrolifera vuole farci credere che la perforazione in acque poco profonde è sicura. In realtà, la trivellazione in acque poco profonde è altrettanto rischioso come la perforazione in acque profonde. Nel 1979, abbiamo visto un disastro molto simile alla catastrofe della BP nell'Ixtoc 1, un pozzo poco profondo nel Golfo. Hanno usato tutte  le stesse tecniche per cercare di fermare quel petrolio che sgorgava e alla fine ci vollero nove mesi per farlo. Allora si stimò che fossero stati sversati 138 milioni di galloni di greggio. Il disastro nel Golfo è un allarme. È tempo di far cambiare la corrente. Abbiamo bisogno di mettere fine a tutte le nuove trivellazioni offshore, punto. Non abbiamo mai avuto più bisogno di una leadership visionaria del presidente Obama. Abbiamo bisogno che il presidente ci dia un piano per portare la nostra nazione fuori dal petrolio nei prossimi venti anni».

Brune appoggia la decisione di Obama di procedere penalmente contro chi ha causato il disastro del Golfo del Messico e non riesce a tamponarlo: «La Bp deve essere ritenuta pienamente responsabile per il disastro nel Golfo. La società ha eseguito la trivellazione senza disporre degli adeguati piani di risposta, mettendo a rischio le vite e i livelli di sostentamento. La società deve essere pienamente perseguita per le sue negligenze e per qualsiasi tentativo di indurre in errore il governo sui suoi piani di risposta o sulla gravità della marea nera. Questo disastro non doveva accadere. Nella sua aggressiva ricerca del profitto, la Bp, una delle più ricche company del mondo, ha rubato a migliaia di abitanti della costa del Golfo i loro mezzi di sostentamento e ha privato tutti noi di risorse insostituibili come le tartarughe marine, i delfini, gli uccelli, le spiagge pulite, e i frutti freschi  di un mare generoso. La Bp deve pagare. Non solo per la pulizia, ma anche per la perdita di vite umane e dei tesori naturali distrutti. Abbiamo anche visto quanto fosse e sia stato inadeguato il controllo federale sull'industria petrolifera. Il presidente Obama ha già preso provvedimenti per risolvere questi problemi, e noi lo ringraziamo per questo. Ora, dobbiamo di separare il petrolio e lo Stato una volta per tutte. Questo disastro è una sveglia. Dobbiamo smettere di lasciare che l'industria petrolifera ci prenda a schiaffi. Dobbiamo mettere uno stop all'industria petrolifera con politiche che promuovano l'energia sicura e pulita, posti di lavoro salubri invece delle più aggressive a pericolose forme di petrolio. E' arrivata l'ora di andare oltre il petrolio».

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