[08/06/2010] News

Le tecnologie più rischiose e con meno benefici? «Il nucleare e gli ogm»

FIRENZE. «Due aspetti (sono da) sottolineare all'attenzione del mondo politico. Il primo è che questa generazione ha adottato Internet quasi al cento per cento e quindi ben al di là dei limiti ancora forti di connessione in molte zone del Paese. Il secondo è la netta contrarietà al nucleare: il dato non si discosta molto da quello registrato nell'indagine 2009, ma va tenuto presente che l'ultimo anno ha sancito il ritorno delle centrali nucleari in Italia (per ora sulla carta) accompagnato da una notevole campagna a favore dell'atomo. Il plebiscito di "no" non appare una questione di disinformazione. Anzi, parrebbe il contrario. Le percentuali più alte di contrari corrispondono alle zone più evolute ed informate del Paese. Che spingono invece per un vero piano di energie rinnovabili».

Parole di Riccardo Luna, direttore della rivista "Wired" che, in cooperazione con la fondazione Cotec per l'innovazione tecnologica e con l'Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Consiglio nazionale delle ricerche (Irpps-Cnr) di Roma, ha dato alle stampe il secondo Rapporto "La cultura dell'innovazione in Italia", dalla cui introduzione è tratta la dichiarazione citata in apertura.

Il rapporto, derivante da 4000 interviste (2000 uomini e 2000 donne, metodo "Cati"), investe nelle sue ricerche solo la fascia d'età 30-44 anni, ai cui esponenti sono state rivolte domande riguardo all'approccio tenuto in direzione delle innovazioni di prodotto, di processo e in generale sul rapporto con le nuove tecnologie, comprese le energie rinnovabili, le biotecnologie e gli ogm, la "produzione" energetica da combustione di rifiuti, l'utilizzo dell'energia nucleare. Quella sottoposta ad analisi è ritenuta, si afferma nel rapporto, «un'età molto interessante dal punto di vista della cultura dell'innovazione» e che «offre molti vantaggi in termini di utilizzabilità e confrontabilità territoriale dei dati raccolti perché è piuttosto omogenea al suo interno per quanto riguarda le questioni strettamente connesse ai comportamenti socio-demografici ed anche economici».

Particolare attenzione è stata data, in questa seconda edizione, alle differenze in termini di "approccio di genere", cioè all'evidenziare se (e come, e in quali specifici ambiti) sussistano significative differenze di genere riguardo alla percezione del rischio legato alle tecnologie disponibili e a quelle in via di affermazione, ma anche a generali questioni inerenti all'informazione, all'innovazione, alla formazione, al lavoro.

Il "taglio di genere" dato alla ricerca «si inscrive in una lettura condivisa con le molte organizzazioni nazionali ed internazionali che si occupano da tempo di analizzare la questione donne e scienza/tecnologia/innovazione in relazione al lavoro altamente qualificato, all'istruzione, alla società, alla produttività», e vuole essere sia di contributo analitico sia, per certi versi (anche se, si legge, «si è ben consapevoli che non di questo, o certamente non solo di questo, si tratta»), anche di contributo al perseguimento di una reale equità di genere all'interno della società. In questo senso, è utile riportare il dato relativo al "Gender gap index", che misura «la capacità di un paese di suddividere equamente risorse ed opportunità fra i due generi, a prescindere dall'entità di tali risorse»: la relativa graduatoria, guidata da anni dalle democrazie liberali del nord Europa (Islanda, poi Finlandia, Norvegia, Svezia) vede l'Italia al 72° posto su 134 paesi considerati.

La corposa mole di dati e analisi di interesse rintracciabili nelle pagine della relazione 2010 richiede una trattazione a parte. Comunque, in via sintetica, va riportato quanto afferma il Cnr nel presentare l'iniziativa: «in un'ipotetica "bilancia tecnologica" dei rischi-benefici, su dieci opzioni, presentano un saldo negativo solo ogm e nucleare, su cui è ben disposto solo il 24,5% degli uomini e il 16,7% delle donne. Per tutte le altre (energia solare e rinnovabili, internet, cellulari, medicine e nuove tecnologie mediche, treni ad alta velocità, adeguamento di tutte le tratte ferroviarie nazionali, inceneritori e termovalorizzatori) i benefici superano i rischi percepiti. Ad esempio, si conferma dallo scorso Rapporto la visione positiva dell'uso delle cellule staminali: un'occasione da cogliere per il 64%».

Più in dettaglio, emerge che mentre l'ostilità alle nuove tecnologie tende - dal punto di vista generale - a diminuire col crescere del titolo di studio e della condizione economica, lavorativa e dell'integrazione sociale, discorso inverso vale per quanto riguarda il nucleare: riguardo ad esso «gli e le occupate a livelli elevati - si afferma infatti - perdono il loro avamposto dell'ottimismo tecnologico, che passa ai livelli occupativi di base (rispettivamente 24,3% e 25,3%)». In generale, al di là dei citati dati sui "favorevoli" all'adozione di questa tecnologia, emerge che «ben pochi si attestano su posizioni intermedie mentre coloro che nutrono sentimenti negativi di diffidenza, preoccupazione e pessimismo sono ben il 64,6% degli uomini e il 70,9% delle donne. Il dato territoriale non mostra variazioni di rilievo, salvo un Nord-est ancora più restio all'uso dell'energia nucleare (i contrasti netti raggiungono il 71%) rispetto al resto del Paese».

In questo senso (vedi immagine), alla richiesta di attribuire un valore da 1 a 5 in termini di rischio e di beneficio per alcune categorie tecnologiche a forte tasso di innovazione, emerge che le risposte date dagli esponenti del range di età sottoposto ad analisi (di cui va ribadita la specificità socio-culturale) indicano nell'energia solare (media rischi 1,5, media benefici 4,7) e nella Tav (media rischi 2,4, media benefici 4,1) le tecnologie che, tra quelle di più diretto interesse per il perseguimento della sostenibilità, vedono un gap maggiormente significativo tra la percezione del rischio e quella del beneficio. Più ridotta la distanza rischio-beneficio per quanto riguarda i termovalorizzatori (media rischio 2,5, media benefici 3,9) e gli inceneritori (si intende gli impianti senza recupero energetico: media rischi 3,1, media benefici 3,4).

E sono, come detto, il nucleare (media rischi 3,8, benefici 3,0) e gli ogm (media rischi 3,5, benefici 2,4) le uniche innovazioni tecnologiche per cui il campione intervistato ritiene che i benefici superino i rischi. Per gli ogm, comunque, è riportato che rispetto ai rilevamenti del Rapporto 2009 (3,7 rischio, 2,0 beneficio) «la "forbice" è abbastanza ridotta, sia in quanto se ne vedono un po' di più i benefici, che in quanto se ne percepiscono rischi minori». Per il nucleare, invece, «pur essendo la forbice negativa di entità minore, questa si è allargata rispetto allo scorso anno (3,4 rischio, 3,2 beneficio nel 2009)».

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