[10/06/2010] News toscana
LIVORNO. Per chi ha fatto della riduzione del consumo del suolo, del recupero e della riqualificazione del territorio un modo di vedere (e possibilmente cambiare) il mondo, per affrontare il tema dell'urbanistica in Toscana, il dibattito sul cemento che tiene banco da alcune settimane, andrebbe relativizzato. «I problemi non mancano, ma nel resto d'Italia la situazione è molto peggiore». Parola di Vezio De Lucia (Nella foto), architetto che conosce bene la nostra regione per aver realizzato i piani strutturali dei Comuni della Val di Cornia e di Lastra a Signa. Un tecnico prestato alla politica prima come consigliere regionale nel Lazio e poi come assessore nella prima giunta Bassolino, che conosce bene anche i meccanismi amministrativi. E allora, forse nessuno meglio di lui, può spiegare quale deve essere il giusto equilibrio, in tema di pianificazione urbanistica, tra il potere del governo regionale e l'autonomia delle amministrazioni locali. Partendo da un giudizio sul dibattito in corso sul presunto troppo cemento che avrebbe invaso l'Elba, la Versilia e la costa livornese. «Direi innanzitutto che nelle dichiarazioni dei soggetti coinvolti in questo dibattito c'è troppo nervosismo. Per prima cosa, quindi, tutti dovrebbero abbassare i toni affrontare il tema in modo pacato e soprattutto rimanere nel merito della questione».
Ecco, restiamo nel merito. In Toscana c'è troppo cemento?
«Direi no anche se è difficile dare un giudizio generale e ogni caso è da valutare singolarmente. Quello che posso dire è che nel resto del Paese si è perso completamento il controllo del territorio. In Toscana, invece, questo non è avvenuto e c'è un'interessante discussione sul metodo da utilizzare per tutelare il paesaggio».
Una discussione che qualche volta è andata sopra le righe. Che idea si è fatto della "vicenda" Tozzi?
«In verità mi sono stupito delle reazioni alle sue dichiarazioni. Tozzi ha ragione, ha detto cose sacrosante che del resto erano già state dette da altri. Forse il tono poteva essere diverso, ma questo è il suo modo di comunicare e del resto il problema esiste».
E quale è?
«Il troppo potere dato ai comuni sulla materia urbanistica dalla giunta Martini. L'errore più grave è stato quello di lasciare troppa autonomia alle amministrazioni locali senza fornire un coordinamento. E allora è successo che anche il più piccolo comune si è trovato a prendere delle decisioni senza conoscere il piano strutturale del comune confinante. Così come è impostata la prassi in Toscana, non va bene e questo sistema ha portato a un sovradiensionamento delle previsioni urbanistiche».
Da dove si dovrebbe ripartire per mettere in pratica la riduzione del consumo del suolo?
«Innanzitutto dalla corretta applicazione dei piani strutturali che troppo spesso vengono sintetizzati in un solo regolamento urbanistico invece che in due o addirittura tre. Per dare omogeneità al paesaggio, inoltre, secondo me, l'idea delle aree vaste è sempre valida: penso alla zona della piana fiorentina ma anche al piano unico strutturale per l'isola d'Elba che purtroppo è stato solo promesso e mai realizzato. Sul fronte degli strumenti già esistenti, invece, c'è il Piano territoriale di coordinamento, che pur avendo una grande importanza, oggi risulta depotenziato e soprattutto non cogente».
Il suo vuole essere un ritorno al centralismo regionale?
«Io chiedo una maggiore presenza di provincia e regione che nella precedente legislatura hanno delegato il 95% delle scelte ai comuni. Il primo livello del problema rimane infatti il dimenesionamento degli strumenti urbanistici. La regione dovrebbe indicare non tanto i livelli quantitativa, quanto stabilire delle fasce o comunque un inquadramento per la pianificazione del territorio».
Il nuovo assessore all'urbanistica regionale Marson sta andando nella giusta direzione?
«Penso proprio di sì. C'è un cambio di rotta che ho molto apprezzato. Ora aspettiamo i risultati».
Che non sempre rispecchiano le promesse ...
«Questa è un po' la storia dell'urbanistica italiana. Ma ci sono stati anche buoni risultati che mi portano a essere ottimista».