[16/06/2010] News

Agronomi e forestali lanciano l'allarme: ogni anno mangiamo 25mila ettari di Italia

LIVORNO. Dieci ettari al giorni in Lombardia, otto in Emilia, uno in Friuli Venezia Giulia. 250mila ettari in dieci anni, almeno 70 al giorno, 25mila ettari all'anno. In pratica una superficie di suolo pari alla metà di quella del Parco dell'Abruzzo rischia di essere consumata ogni anno nel nostro Paese.

L'allarme stavolta non lo lanciano le associazioni ambientaliste ma il consiglio dell'ordine nazionale dei dottori agronomi e forestali riuniti a Ferrara in preparazione del XIII congresso in programma a settembre.

«L'Italia non ha avuto negli ultimi cinquant'anni coerenti politiche di tutela ambientali e di protezione del suolo - ha detto Andrea Sisti, presidente Conaf - Per questo è indispensabile passare dalla gestione dell'emergenza alla prevenzione. Dal suolo otteniamo beni sociali e servizi come cibo, fruizione e benessere ma anche controllo idrogeologico. Se partiamo dal concetto che il suolo è un bene comune è inevitabile che se ne debba governare l'uso, considerando in modo equilibrato gli interessi collettivi e privati. Ecco perché l'economia agraria e l'estimo devono riprendere un ruolo centrale nelle valutazioni delle trasformazioni e nelle scelte di governo. Tutto questo introduce la necessità di nuove valutazioni e nuovi progetti in tema di trasformazioni, valenze ambientali, multifunzionalità in agricoltura. Occorre gestire il futuro del paesaggio, ridare identità ai territori e riconsiderare il rapporto tra prodotto e paesaggio. Per fare questo serve la modifica della direttiva sulla protezione del suolo in modo tale che risponda a principi più adeguati».

Sull'aiuto che i materiali compostabili certificati e compost possono dare alla tutela del suolo si è soffermato Werner Zanardi del Consorzio italiano composta tori, mentre Gloria Minarelli, presidente dell'Ordine di Ferrara ha ricordato che proprio questa città con le sue bonifiche «è un esempio di governo del territorio, con gli agronomi che hanno avuto un ruolo principale come tecnici e professionisti. Per questo sono necessarie nuove valutazioni e nuovi progetti in merito alla qualità delle trasformazioni, in relazione alla presenza di valenze ambientali, multifunzionali della ruralità e in relazione anche a quegli spazi connettivi che tanto possono contribuire a migliorare la vivibilità del contesto urbano e perturbano».

Stefano Pareglio dell'Università Cattolica del Sacro Cuore ha ricordato come prima di tutto occorra conoscere il fenomeno a fronte di un dibattito ideologizzato ma ancora con poca informazione e come sia opportuno agire con urgenza poiché il bene pubblico è ormai scarso. «E' insufficiente intervenire quando i disastri sono già accaduti - ha ricordato Fabio Palmeri, Consigliere nazionale Conaf del dipartimento protezione civile e sicurezza sul lavoro - bisogna prevenire. Investire in gestione del territorio in piccole dosi ogni anno è estremamente vantaggioso rispetto ad intervenire a fatto accaduto quando i danni sono molto più consistenti».

Ricordando poi l'esempio del Trentino Alto Adige che dal 1976 ad oggi ha investito una media di 15 milioni di euro all'anno per prevenire il rischio idraulico. «Per passare dalla fase di gestione a quella di prevenzione è necessario considerare i servizi eco sistemici. - ha detto Palmeri - Non è più possibile parlare solo di acqua se non parliamo del paese che ce la fornisce. Tutti temi su cui l'agronomo può dare un grande contributo in termini di professionalità ad alto valore aggiunto».

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