
[11/08/2009] News toscana
PONTEDERA (Pisa). La raccolta differenziata funziona e vorrei sottolineare che siamo l'unica regione che almeno la sottopone, con ARRR, a validazione. Ma mentre la situazione economica è in vorticoso peggioramento questa discussione sta riproducendo la zuffa di Geppetto e Mastrociliegia: con il pezzo di legno che va per conto suo con un naso sempre più lungo. Fuor di metafora: i rifiuti sono la coda dei flussi di materia che attraversano il metabolismo economico e questo registra crolli nel manifatturiero del 25-30% con punte del 50%.
Questo potrà anche dire meno rifiuti totali (soprattutto speciali) ma non meno raccolta differenziata che, anzi, è comunque sotto gli obiettivi di legge, deve crescere e per avere un senso deve andare effettivamente a riciclo. Ne consegue che il confronto (e anche lo scontro) non possono rimanere ancorati e sfasati a prima della crisi. Qualcuno si immaginerebbe mai una discussione sulla congiuntura economica della regione sulla base del rapporto Irpet del 1999? Bene, sui rifiuti stiamo facendo esattamente questa discussione.
La prima cosa da fare, intanto, è ribadire che la raccolta differenziata e il riciclo non sono la stessa cosa. Raggiungere gli obiettivi di legge per le raccolte differenziate è anche un modo per non far gravare sui cittadini i sovracosti dovuti al pagamento delle ecotasse. Ma tornando al riciclo, rispetto alle raccolte differenziate è come identificare la cava di minerale ferroso con l'auto che esce dalla Fiat. E se alla Fiat crollano le vendite delle auto ci si può scommettere che verrà richiesto meno acciaio dagli altiforni e questi richiederanno meno minerale ferroso ma anche meno rottame. In più, siccome non tutte le materie prime sono uguali così non sono uguali tutte le "materie prime seconde" derivate dalle raccolte differenziate. Ovvero non tutte le filiere del riciclo hanno le stesse difficoltà ad essere recepite ma la crisi sta livellando verso il basso la ricettività del mercato. Basti pensare, per stare in tema, all'acciaio o all'alluminio ( frazioni raccolte da Revet con il multimateriale): materiali da sempre fra i più riciclati (fino al 99%) ma che con la crisi ci presentano situazioni di saturazione di stoccaggi e magazzini. Figuriamoci la situazione di filiere da sempre in sofferenza come quella della plastica. la tenaglia si sta stringendo, prima ce ne rendiamo conto e meglio è per tutti.
Serve dunque una strategia per uscire da questa impasse ed io ritengo che questa debba partire dalla ricerca applicata ai materiali (dunque Università), dalla tecnologia (dunque impianti di trasformazione), dal marketing e dalle partnership con i produttori. Bisogna far evolvere il sistema dei consorzi obbligatori e, insieme, creare un mercato Toscano per cosa, come e quanto si può. Questo sforzo se praticato avrebbe anche un formidabile valore pedagogico: farebbe toccare con mano gli sforzi fatti dai cittadini per differenziare. Penso ai nostri prodotti in plastica riciclata. Se le istituzioni dessero luogo ai dettami di legge e, per i loro parchi e giardini pubblici adoperassero i nostri manufatti, ciò non avrebbe solo un valore economico evidentemente. Sottolineo che stiamo parlando di grandi numeri e non di nicchie di piccoli numeri: 800 mila tonnellate/anno di raccolta differenziata toscana non si riciclano con qualche gadget o qualche migliaio di tonnellate di sabbia sintetica. Insomma, il sistema deve pensarsi ed agire al più presto come tale altrimenti andremo proprio verso l'impasse.
La legge, inoltre, assegna come ho già detto alle istituzioni il ruolo primario per aprire i mercati. La spesa pubblica vale dal 17 al 20% e se venisse usata secondo legge avrebbe un formidabile ruolo di "torsione" positiva dei mercati. Ma l'Istat ci dice che l'intera spesa ambientale rappresenta lo 0,30% della spesa pubblica e nel centro Italia lo 0,15%. La grande distribuzione può e (secondo me) deve avere un ruolo e andrebbe coinvolta in precisi accordi di programma. Che dovrebbero mettere però nome e cognome alle cose da fare e a come farle. Investendo anche li, e non solo nella raccolta, risorse pubbliche. Insomma il mercato non si muove da solo, va promosso. Del resto, se così non fosse, non ci sarebbe stato bisogno dei consorzi obbligatori.
Ultimo ma non ultimo è il grave problema di qualità e non di quantità dell'informazione. Quasi sempre chi parla di rifiuti non ne ha mai visto neanche un etto dopo il cassonetto e continua ad equivocare una parte (la raccolta differenziata) con il tutto (il riciclo). Ma il riduzionismo è il peggior nemico dell'ambientalismo e i sistemi vivono di osmosi o muoiono di separatezza. E' come se l'automobilista, solo perché è tale, pontificasse sulle tecniche di estrazione del minerale e sull'organizzazione del lavoro per produrre un'auto. C'è un problema di cognizione di causa. I cittadini sono solo il primo anello, spesso per ciò stordito, che può garantire la qualità della materia ma non la sua trasformazione o la sua commercializzazione. Va dunque disvelata e governata compiutamente la complessità del sistema raccolta-recupero-riciclo-commercializzazione-acquisto. All'estero gestiscono operativamente la filiera stabilendo come differenziare, cosa recuperare e cosa riciclare facendo l'analisi costi-benefici, quella del ciclo di vita dei prodotti (LCA) e i bilanci ambientali comparati. Sanno che non esistono "pasti gratis". Da noi si suona la musica di una realtà in cui ci si può abbuffare e poi, quando si passa alla cassa, invece di pagare si può riscuotere. Non c'è dubbio che questa sia la musica di gran lunga più piacevole.