[21/06/2010] News
GROSSETO. Il problema delle competenze in materia ambientale tra Stato e Regioni è di nuovo emerso in una sentenza della Corte costituzionale che si è espressa in merito a un ricorso di illegittimità da parte del Consiglio dei ministri su una legge del Piemonte.
La sentenza è la 193/2010 dello scorso 4 giugno e la legge del Piemonte è la 19/2009 che interviene sulla tutela delle aree naturali e della biodiversità, in riferimento all'attività venatoria, al compito affidato ai gestori dei parchi naturali regionali e delle aree di riserva speciale di tutelare il patrimonio archeologico, storico, artistico e culturale e infine al valore attribuito ai piani di area e ai piani naturalistici delle aree naturali protette come piani di gestione.
Per tutte e tre le questioni la Consulta ha rilevato l'illegittimità della legge piemontese perché interviene su materie di competenza statale.
In merito alla possibilità di attuare l'esercizio venatorio nelle aree protette, inserito al comma 1 dell'art.5 della legge 19/2009, la Corte rileva che il divieto di caccia nei parchi e nelle riserve regionali è sancito dalla legge quadro (la 349/91) e trova applicazione anche nelle «zone naturali di salvaguardia», in cui la protezione della fauna va comunque garantita, a differenza di quanto previsto dalle norme piemontesi all'art.8 comma 4
La seconda questione riguarda quanto previsto all'art.7 della legge piemontese che prevede tra le competenze attribuite ai gestori dei parchi naturali regionali e delle aree protette denominate riserve speciali, anche quella di tutelare il patrimonio archeologico, storico, artistico e culturale.
Anche questa è considerata una ingerenza da parte della regione - inserita in maniera autonoma e al di fuori di ogni forma di cooperazione con lo Stato - sull'assegnazione di compiti di tutela, valorizzazione e gestione del patrimonio culturale, che la Corte ritiene in contrasto con le assegnazioni delle funzioni previsto dagli articoli 4 e 5 del Codice nazionale del paesaggio (Dlgs 42/2004) e con gli articoli 117 e 118 della costituzione.
E analogamente in contrasto con il Codice nazionale del paesaggio è ritenuta la norma inserita nella legge della regione Piemonte che conferisce ai piani di area e ai piani naturalistici delle aree naturali protette un valore di piani di gestione e come tali sarebbero immediatamente vincolanti e prevalenti rispetto ai piani territoriali o urbanistici di qualsiasi livello.
Secondo la Consulta quanto previsto dal Codice nazionale del paesaggio, pone il principio della prevalenza del piano paesaggistico sugli atti di pianificazione a incidenza territoriale previsti dalle normative di settore, compresi, quindi, quelli degli enti gestori delle aree naturali protette.
Questa nuova sentenza della Corte costituzionale riporta quindi al problema del riparto delle competenze in materia di tutela ambientale tra Stato e Regioni introdotto con la modifica del titolo V della costituzione che assegna alla esclusiva competenza statale la materia della tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali, mentre cede alla legislazione regionale quella della valorizzazione, riconoscendo comunque allo Stato il compito della determinazione dei princìpi fondamentali.
Secondo la Consulta quindi vanno rilette alla luce di questo nuovo assetto costituzionale anche le norme precedentemente emanate come la legge quadro sulle aree protette, che va intesa come una legge di conferimento di funzioni amministrative ma non legislative
Pertanto è lo Stato che può emanare leggi concernenti la tutela del territorio mentre alle regioni spettano solo le funzioni amministrative di tutela e se queste sono state conferite dallo stato, in attuazione del principio di sussidiarietà, previsto dall'articolo 118, comma 1, della costituzione.