[22/06/2010] News
LIVORNO. Il ministro dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo, si è recata oggi alla Centrale di Flamanville, nell'estremo nord della Francia sulla Manica, dove è in costruzione - come noto - il reattore di terza generazione avanzata Epr (European Pressurized Reactor) di una potenza di 1.600 megawatt. Sei, secondo il Ministro dell'Ambiente, le ragioni per il ritorno al nucleare dell'Italia. Tra queste - riporta l'agenzia Agi - che l'energia nucleare «oggi è una delle fonte energetiche più sicure, certamente la più controllata del mondo»; che le centrali «sono ad impatto zero sul clima»; che il nucleare «non è un'antagonista delle fonti rinnovabili»; gli italiani e le imprese italiane oggi pagano l'energia almeno il 30% in più degli altri paesi europei; che il «costo di produzione di energia dal nucleare è inferiore del 20% rispetto a gas naturale e petrolio»; che l'energia nucleare «dà impulso allo sviluppo economico del paese». Insieme al ministro dell'Ambiente i componenti della Commissione di valutazione di impatto ambientale e l'amministratore delegato della joint venture Enel-Edf, Sviluppo Nucleare Italia, Francesco De Falco.
Motivazioni a dir poco discutibili che, come ovvio, hanno fatto scattare la protesta di Greenpeace: «È a dir poco impressionante - sostiene Andrea Lepore, responsabile della campagna Nucleare dell'associazione ambientalista - che da Flamanville sia proprio il ministro dell'Ambiente Prestigiacomo a tessere le lodi del nucleare, indicandolo come il futuro del nostro paese, mentre l'Italia deve impegnarsi a rispettare gli obiettivi europei per il clima al 2020 e presentare entro la fine del mese il piano nazionale per le rinnovabili. Il nucleare rappresenta uno scenario pericoloso, dannoso per l'ambiente e certamente inefficace per aiutare il clima, visto che nessuna centrale potrà essere disponibile prima di quindici anni».
Quello che il Ministro dell'Ambiente non dice è che lo scorso ottobre, le tre agenzie di sicurezza nucleare, la francese ASN, la britannica HSE'sND e la finlandese STUK, con un comunicato congiunto hanno bocciato il reattore Epr, poiché il progetto del sistema di automazione e controllo non soddisfa il "principio di indipendenza": il sistema di emergenza non è indipendente da quello di normale funzionamento.
Pochi giorni fa, inoltre, sono stati confermati gli ulteriori ritardi della centrale EPR di Olkiluoto che non potrà essere operativa prima della metà del 2013, con oltre quattro anni di ritardo rispetto ai tempi previsti e a nove anni dall'inizio dei lavori. In termini di costi questo significa un aggravio di oltre 3 miliardi di euro rispetto alle previsioni iniziali.
Secondo il Dipartimento dell'Energia Americano (DOE) un nuovo reattore nucleare al costo in funzione nel 2020 produrrà energia a oltre 11 centesimi di dollaro per kilowattora, più dell'eolico, del carbone, e del gas mentre per Citigroup i costi dell'elettricità dagli EPR saranno di 6,5-7 centesimi di euro, un costo maggiore di quello attualmente scambiato alla borsa elettrica.