
[12/08/2009] News
LIVORNO. Le foto dei bagnanti che hanno salvato la spiaggia di Seccheto, all'isola d'Elba, dall'ennesima onda nera, tenendo le panne assorbenti fornite da Capitaneria di porto e Protezione civile hanno conquistato le pagine dei giornali, dando nuovamente l'indagine di un Paese che si arrangia con fantasia e colpi di genio mentre i servizi all'ambiente vengono tagliati.
In questo contesto, mentre comunque con il nuovo appalto le navi "pulisci-mare" diminuiranno da un'ottantina a meno di 50, le rivendicazioni di efficienza fatte dal ministro Stefania Prestigiacomo, suonano davvero male: la verità è che il ministero ha dovuto far buon viso a cattivo gioco di fronte alle precise accuse di Legambiente che ha fatto rilevare che non accadeva da 10 anni che il mare italiano rimanesse sguarnito a causa dei litigi tra il ministero dell'ambiente e quello delle finanze, la verità è che la Guardia Costiera e la Protezione civile si sono dovuti sobbarcare interamente compiti che negli anni passati erano svolti dalle navi antinquinamento del ministero che probabilmente sarebbero state in grado di fermare e disperdere al largo un inquinamento segnalato da ore e che invece è arrivato fino alle coste elbane, lasciando anche tracce in spiagge "periferiche". L'arrivo precipitoso all'Elba di due imbarcazioni anti-inqiunamento che avrebbero dovuto entrare in servizio solo tra qualche settimana, a stagione estiva finita, sono il più chiaro segnale della ritrovata consapevolezza di un'emergenza inquinamento da idrocarburi del nostro mare che è stata sicuramente sottovalutata, confidando nel solito stellone italiano.
Ma la mappa delle rotte petrolifere nel Tirreno diffusa ieri dal parco nazionale dell'Arcipelago toscano come "pezza d'appoggio" per chiedere al ministero dell'ambiente finanziamenti e mezzi parla chiaro: l'Arcipelago Toscano e l'alto Tirreno in generale sono attraversati da un fascio di rotte petrolifere che sfiora isole e mare protetto per raggiungere i porti di Piombino, Livorno, La Spezia, Genova Savona... terminali di un Mediterraneo ad altissimo rischio petrolio che raccoglie circa un quarto del traffico di greggio mondiale pur rappresentando lo 0,7% delle acque del pianeta. Un mare che è anche il bacino più inquinato dagli idrocarburi: ogni anno ne "beve" almeno un milione di tonnellate.
Fin dall'apertura del Canale di Suez, il Mediterraneo è tornato alla ribalta come canale preferenziale per il trasporto di merci di ogni genere. Ogni anno il bacino è attraversato da centinaia di navi che trasportano merci di ogni genere, dal petrolio greggio alle merci manufatte. Ma è il petrolio greggio e dei prodotti della raffinazione che rappresenta la voce principale del trasporto marittimo nel Mediterraneo.
A livello mondiale il petrolio è la merce maggiormente trasportata via mare. Nel caso di trasporto intraregionale, come quello che si svolge all'interno del Mediterraneo, le navi utilizzate superano raramente le 50.000 tonnellate. La flotta mondiale di petroliere e chimichiere è composta da circa 9.000 navi per oltre 350.000 tonnellate di stazza lorda. Di queste una minoranza sono petroliere, mentre la maggioranza trasporta prodotti raffinati, ma al maggior numero di chimichiere non corrisponde una stazza complessiva più elevata, in quanto le petroliere sono generalmente di maggiori dimensioni. Si tratta di navi spesso vecchie tra i 15 e i 20 anni di età. In media, 250-300 petroliere sono in circolazione nel Mediterraneo ogni giorno su un totale di circa 2000 navi di stazza superiore alle 100 tonnellate
I dati risalenti a qualche anno fa (fonte Rempec) ci dicono che nel Mediterraneo circolavano navi che trasportavano 370 milioni di tonnellate annue di petrolio, 300 milioni diretti verso Paesi del bacino stesso, 20 milioni di tonnellate di prodotti raffinati lasciano il Mediterraneo verso lo Stretto di Gibilterra e il Canale di Suez, 40 milioni di tonnellate attraversano il Mediterraneo dal Bosforo e da Suez verso lo Stretto di Gibilterra.
I rischi per l'ambiente (anche quello protetto), sono evidenti e proprio per questo nel 2001 l'allora ministro dell'ambiente Willer Bordon approvò un decreto per impedire il transito di petroliere e di navi cariche di sostanze pericolose accanto ai parchi ed alle Aree marine protette. Il Decreto naufragò insieme al governo Amato II e il successivo esecutivo Berlusconi non lo ripropose, altrettanto fecero i governi di centro-destra e centro-sinistra che si sono susseguiti.
Se quel decreto fosse stato ripresentato e approvato molto probabilmente il rischio corso dall'Elba non si sarebbe presentato e la mappa delle rotte resa nota dal parco dell'Arcipelago avrebbe dovuto essere radicalmente ridisegnata.
Qualche tempo fa, in seguito a clamorosi incidenti come quello dell'Erika (che non dimentichiamolo stava venendo proprio a scaricare il suo inquinantissimo carico in Italia) e della Prestige, Legambiente pubblicò il decalogo che vi proponiamo e che vale la pena leggere per verificare cosa (poco) è stato fatto e cosa (molto) rimane da fare:
1) Via le vecchie carrette dai nostri mari. Chiediamo che, dopo la positiva azione italiana per limitare l'accesso nei nostri mari alle vecchie petroliere, l'Italia si impegni anche a livello mediterraneo perché misure simili siano adottate da tutti i Paesi rivieraschi.
2) Stop al lavaggio delle cisterne in mare. Chiediamo che vengano intraprese iniziative a livello di bacino del Mediterraneo per la piena applicazione dello status di area speciale ai sensi dell'annesso I della MARPOL e per l 'efficace repressione degli inquinamenti volontari. Chiediamo un impegno per l'adozione delle reception facilities e di misure che consentano di rendere economicamente conveniente lo scarico delle acque delle cisterne presso i depositi costieri e rischioso e svantaggioso il lavaggio a mare e misure serie per l 'armonizzazione e l 'applicazione delle sanzioni.
3) Basta con gli "equipaggi babele "e privi di capacità professionale. E' necessario intervenire sempre più sulla formazione degli equipaggi e dei comandanti, chiediamo un controllo continuo sulla composizione e sulla professionalità degli equipaggi delle navi che trasportano merci pericolose.
4) Basta con le navi insicure. Chiediamo controlli severi e stringenti sulla adeguatezza delle navi e il blocco di quelle che non offrono garanzie adeguate di sicurezza.
5) Stop al rischio tempesta. Chiediamo venga imposto il divieto di navigazione alle navi che trasportano sostanze pericolose e inquinanti in condizioni meteomarine particolarmente avverse.
6) Anche il bunker uccide il mare. Chiediamo un impegno concreto a ratificare e rendere operativa al più presto la convenzione Bunker, firmata dall'Italia nel 2001, che estende anche al al bunker (combustibile di bordo) trasportato dalle navi la copertura assicurativa in caso di incidenti. Chiediamo che le navi siano adeguate anche a livello costruttivo per ridurre i rischi legati agli incidenti.
7) Chi inquina deve pagare. Chiediamo l 'allargamento della responsabilità in solido per tutti i soggetti coinvolti nel trasporto delle sostanze pericolose e nel viaggio della nave, dall'armatore, al noleggiatore, al trasportatore e così via. Chiediamo la piena applicazione del principio "chi inquina paga ",perché il mare non sia più l 'unico soggetto costretto a pagare.
8) Anche l'ambiente ha un costo. Chiediamo il pieno riconoscimento e risarcimento del danno ambientale in ambito IOPCF, attualmente solo parzialmente riconosciuto. Chiediamo un impegno italiano per una pronta adesione del recente Protocollo addizionale al fondo IOPC, che ha innalzato in maniera significativa il massimale. Ci rivolgiamo all'Unione Europea perché contribuisca in tutte le sedi internazionali a individuare una definizione precisa di "danno ambientale "e promuova strumenti e forme anche integrative di risarcimento.
9) Stop al traffico nelle Bocche di Bonifacio. Chiediamo un impegno italiano ed europeo, anche in sede IMO, per giungere all'eliminazione del traffico dalle Bocche di Bonifacio, in modo che l'azione iniziata con l'accordo volontario del giugno 2001, che ha portato una significativa diminuzione del transito delle navi che trasportano merci pericolose, possa ulteriormente essere perfezionata, scoraggiando il traffico anche delle navi delle altre bandiere, attualmente non limitate da regole cogenti internazionali.
10) Il petrolio non è solo un problema di trasporto, ma soprattutto ambientale. Chiediamo che il trattamento delle questioni relative alle problematiche del trasporto marittimo di sostanze pericolose venga svolto a livello UE congiuntamente dalle Commissioni Ambiente e Trasporti . È necessario che gli obiettivi ambientali vengano sempre più integrati all'interno delle disposizioni sulla sicurezza in mare proposte dall'Unione Europea che, pur condivisibili, finora hanno mantenuto un'accezione prettamente trasportistica.