[06/07/2010] News
FIRENZE. La Serbia sta per essere "invasa" dalle centrali idroelettriche (italiane). Infatti sta per diventare operativo l'accordo italo-serbo siglato nel novembre scorso, dall'ex ministro per lo Sviluppo economico Claudio Scajola, che prevede una produzione complessiva di un migliaio di megawatt da fonte idroelettrica in quel Paese. 103 megawatt verranno prodotti lungo il fiume Ibar, poco più di 400 sul fiume Drina (tre centrali da 150 megawatt l'una, per una produzione annua di 1.500 gikawatt/ora, con un investimento di 650 milioni di euro), il resto sarà il frutto di altre micro centrali idroelettriche, tutte al di sotto dei dieci megawatt, che sorgeranno in varie parti della Serbia. A proposito del fiume Ibar, proprio ieri l'azienda italiana Seci Energia (Gruppo Maccaferri), e Elektroprivreda Srbije (Eps), la maggiore compagnia elettrica della Serbia, hanno firmato a Belgrado un accordo per la costituzione di una joint venture finalizzata alla realizzazione di alcune centrali idroelettriche su questo corso d'acqua. Per la precisione, la nuova società mista, che sarà al 51% appannaggio di Seci Energia e al 49% di Eps, realizzerà sull'Ibar dieci centrali idroelettriche con una produzione annua di 450 gikawatt/ora. Il valore complessivo dell'investimento ammonta a 285 milioni di euro. L'energia prodotta dalle nuove centrali, verrà inizialmente incanalata verso il Montenegro e poi, attraverso il cavo sottomarino, convogliata in Italia.
Questa nuova corsa all'idroelettrico che vede protagonisti i Paesi dell'est a noi geograficamente vicini, Serbia ma anche Albania, come luoghi dove sorgeranno i nuovi impianti con vantaggi energetici anche per l'Italia, fa scaturire alcune considerazioni. Il nostro Paese è alla ricerca del suo mix energetico per soddisfare fabbisogni sempre crescenti (una seria campagna di riduzione dei consumi non è comunque ancora stata attuata) e purtroppo ha già sancito il ritorno all'atomo. In tema di impatto ambientale il confronto tra nucleare e idroelettrico non è proponibile (quest'ultima è pur sempre una fonte rinnovabile) ma nei luoghi di produzione, le dighe, specialmente quelle di una certa dimensione, uno sconvolgimento eco-biologico, naturalistico, paesaggistico e anche sociale lo portano. In effetti in Italia dove la cultura ambientalista è più avanzata e l'organizzazione sociale di associazioni e comitati è più attrezzata, il contrasto agli impianti idroelettrici è diffuso, in particolare verso le grandi centrali, ma non solo. Proprio oggi a Bolzano sono state consegnate al presidente della provincia Luis Durnwalder, oltre 2000 firme di cittadini che chiedono la tutela del torrente Aurino nel tratto tra Lutago e la confluenza del rio Riva nell'Aurino. Attraverso una petizione, promossa da diverse associazioni ambientaliste e comitati, si chiede che si tutelino questi corsi d'acqua situati in zone splendide delle Dolomiti, inserendoli in zone di protezione come previsto dal Piano generale provinciale di utilizzazione delle acque pubbliche. La mobilitazione è rivolta proprio contro eventuali progetti di nuove centrali idroelettriche e viene sottolineato il timore di frane connesse ad interventi sul territorio e il relativo declassamento di Campo Tures come comune ad alto rischio, con ripercussioni anche sull'attività turistica fondamentale per queste zone. Associazioni, comitati e cittadini si pongono quindi a tutela dell'ambiente e della qualità della vita sul territorio. In nome della sostenibilità dello sviluppo che non conosce limiti geografici ed amministrativi, le grandi associazioni ambientaliste sarebbe bene che "buttassero" un occhio al di là dell'Adriatico per evitare che si compiano scempi ambientali dove il dissenso è minore.