[12/07/2010] News

Atlante ragionato delle fonti di energia rinnovabile e non di Maurizio Ricci

L'atlante delle fonti di energia rinnovabili e non che il giornalista di Repubblica Maurizio Ricci ha dato alle stampe quest'anno è un lavoro molto didattico e molto ragionato, che vuole essere prima di tutto una mappatura leggibile e completa del problema energia, mettendo da parte tutti i toni allarmanti, rassicuranti o infine esaltati, che molto spesso caratterizzano le riflessioni di carattere ambientale e nella fattispecie energetico.

In questo libro invece in modo molto ordinato Ricci passa in rassegna tutte le fonti di energia, a partire ovviamente da quella più discussa e più utilizzata anche oggi, il petrolio. Ne analizza pregi e difetti, disponibilità e soprattutto costi. Quello dei costi reali delle varie fonti di energia è un punto fortemente indagato da Ricci, consapevole che il prezzo per kw prodotto da ciascuna fonte è colui che tutto move in quest'epoca di globalizzata, dove solo raramente i governi riescono ad indirizzare le politiche economiche proprio sulla base delle disponibilità e dei limiti fisici delle risorse del nostro pianeta.

Quel che appare evidente leggendo questo libro è che ci troviamo di fronte a una valanga di informazioni spesso molto contrastanti fra loro, tutte più o meno accreditate con tanto di capello scientifico da parte di grandi università e istituti di ricerca, ma che in realtà nessuno può dire con precisione quando avverrà (o quando è stato) il picco del petrolio, per fare un esempio. Ma anche in presenza di altre fonti dove il problema (almeno immediato) non è la disponibilità, come il gas e il carbone, le stime divergono su altre fondamentali questioni: I costi ambientali che spesso non vengono calcolati, quelli dell'approvvigionamento, quelli infine della sicurezza. E qui ovviamente Ricci non omette di presentare con dovizia di particolari l'enigma nucleare, partendo da un presupposto: "nella sicurezza nucleare il parametro che conta non è la frequenza degli incidenti, ma le loro conseguenze. Tragedie della chimica come Bhopal che ha incenerito una città, o come Seveso che ha avvelenato un quartiere di Milano, sono assai meno improbabili di una nuova Chernobyl. Il nucleare è una scala completamente diversa. Un incidente può avvelenare l'atmosfera del pianeta e contro la radioattività non c'è difesa. Per quanti zero possano esserci dietro lo zero virgola della probabilità percentuale di un incidente in una centrale atomica, quel numero piccolissimo va comunque moltiplicato per l'enormità delle conseguenze".

E la sicurezza incide enormemente sui costi del nucleare, dove appunto a differenza di petrolio, carbone e gas, pochissimi sono i costi del combustibili, mentre tutti i costi sono relativi alla costruzione, al mantenimento e poi alla dismissione della centrale e alla gestione delle scorie per diverse centinaia di migliaia di anni. Gli esempi e le conferme davanti a tutti sono i costi e i tempi che si moltiplicano per le uniche due centrali atomiche in costruzione in Europa: a Olkiluoto in Finlandia (le stime sono passate dai 3,2 mld iniziale a circa 6 mld) e a Flamanville in Francia.

Ricci ricorda poi che ci sono altri due aspetti critici da tenere in considerazione: il primo è che "l'energia atomica non compra il pieno di benzina", ovvero che produce soltanto elettricità e quindi "può sostituire gas e carbone ma non quel 40% del fabbisogno mondiale di energia alimentato dal trasporto su strada". L'altro aspetto l'accomuna per certi versi alle rinnovabili: "mentre un impianto a gas può essere spento quando il mercato non ne giustifica la produzione, questo non può avvenire per una centrale atomica: il reattore per essere economico deve comunque funzionare, possibilmente al 95% della sua capacità produttiva".

Il link con le rinnovabili riguarda proprio l'impossibilità attuale di controllare la produzione elettrica. Anche per eolico e solare il problema infatti è quello "di immagazzinare l'energia prodotta in eccesso nei momenti in cui la domanda è bassa, per utilizzarla quando invece è bassa la produzione". Le strategie e le ricerche in questa direzione non mancano, ma appare proprio questo il cuore del problema: investire per creare quella rete intelligente, la smart grid, in grado di gestire meglio i picchi di produzione che comunque per il solare per esempio corrispondono anche ai picchi di fabbisogno.

Il problema è che la rete mondiale era stata pensata principalmente come monodirezionale  (cioè si avevamo poche grandi centrali convenzionali che producevano energia portandola prima di tutti ai grandi consumatori industriali).

Le esigenze odierne invece sono quelle di  si sviluppare reti di trasmissione in grado di accogliere e smistare efficientemente anche i flussi in immissione provenienti da tanti piccoli e medi impianti (la cosiddetta generazione distribuita). Che consentirebbe anche di ridurre le perdite di rete, visto che più è lontano il luogo della produzione dal luogo dell'utilizzo e maggiori sono le perdite.

Insomma non esistono bacchette magiche  e alla fine il risultato è sempre un compromesso - ammonisce Ricci - l'importante è che questi compromessi siano ogni volta rivisti al rialzo, migliorando performance ed efficienza delle rinnovabili, ben sapendo che attraversiamo una fase di passaggio beyond petroleum ma che non siamo ancora nell'età delle rinnovabili, e che per arrivarci la strada è ancora lunga e necessita da una parte di fondarsi su un vasto mix energetico che comprenda anche alcuni fonti tradizionali e dell'altra di continui e sempre più massicci investimenti in ricerca e sviluppo sulle energie riproducibili all'infinito.

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