[14/07/2010] News

L’Australia senza politica sul global warming… ma tanto la colpa è dei cinesi

LIVORNO. La nuova premier australiana, Julia Gillard, ha detto: «Comprendo che milioni di australiani sono  delusi per il fatto che non abbiamo ancora potuto instaurare un carbon price, anch'o io sono delusa, ma questo richiede tempo». La verità è che la Gillard, la prima donna primo ministro dell'Australia, è anche il primo premier che sostituisce un governo, quello del suo compagno di partito  Kevin Rudd, caduto a causa dell'impossibilità di approvare un pacchetto di politiche climatiche.

Ieri la Guillard aveva convocato una riunione per elaborare una nuova politica climatica prima delle elezioni, anche per arginare quella che sembra un'emorragia dell'elettorato laburista verso gli Australians e poi alla Camera australiana ha difeso il progetto di Emissions Trading System (Ets) del Partito laburista entro il 2013 che è stato respinto dal Senato, ma ha anche detto che «Deve essere concluso un accordo globale prima che sia stabilito un prezzo del carbonio. Il governo australiano potrebbe prendere alter misure sul cambiamento climatico. Il mio governo ha bisogno di tempo per elaborare buone politiche climatiche».

La Gillard ha buttato la palla fuori campo, verso Cancun ed a raccoglierla ha mandato subito il suo ministro degli esteri Stephen Smith che ha utilizzato il nuovo spauracchio di tutti i governi australiani: la Cina. Se l'Australia non è riuscita ad approvare uno straccio di politica climatica, esige che la Cina faccia di più per affrontare il cambiamento climatico.

Smith, durante una conferenza stampa all'Australian national university di Canberra. ha detto che «È opportuno che la Cina, come maggiore emettitore mondiale di gas a effetto serra e come Paese vulnerabile agli impatti del riscaldamento globale, assuma un ruolo di maggiore leadership sui cambiamenti climatici. Gestire la pressione ambientale è stata una sfida per lo sviluppo economico della Cina».

Questa palla buttata in calcio d'angolo per alleggerire gli attacchi interni non piacerà molto a Pechino: è vero che la Cina è da un anno il più grande emettitore di gas serra, ma gli Usa nella loro storia ne hanno emessi molto di più e sarà difficile che i cinesi prendano consigli di buone pratiche climatiche dagli australiani che sono i più grandi emettitori di gas serra pro-capite del pianeta.

Eppure Smith ha approfittato della China Update conference organizzata dall'Australian National università di Canberra per imputare ai cinesi (non del tutto a torto) gran parte della responsabilità del fallimento della Conferenza di Copenhagen, ma anche per dare consigli a Pechino e chiedere alla Cina di essere più aperta sue attività militari nucleari, definendola un protagonista emergente nel mercato internazionale delle  armi: «Queste realtà strategica porta con sé delle responsabilità, compresa la necessità di una maggiore apertura e trasparenza in relazione alle capacità e alla dottrina strategica. La Cina, come alleato della Corea del nord, ha un "ruolo speciale" da giocare per risolvere il braccio di ferro sul programma nucleare di quello Stato canaglia».

Dopo questi "complimenti" Smith ha detto che «Australia e Cina stanno lavorando sodo per un accordo di libero scambio. La Cina è il principale partner commerciale dell'Australia. I negoziati a Pechino alla fine di giugno sono stati condotti in uno spirito pragmatico e costruttivo. Esiste un'agenda ampia e complessa. I prossimi colloqui si terranno in Australia alla fine dell'anno. L'Australia è aperta agli investimenti cinesi. Da quando è entrato in carica il governo laburista nel 2007, sono stati approvati più di 180 progetti di investimento cinesi, per un valore di circa 60 miliardi di dollari australiani. Nessuna proposta è stata respinta e solo cinque sono state modificate. L'Australia mantiene con coerenza un atteggiamento aperto e accogliente verso gli investimenti stranieri, da ovunque essi vengano, anche da parte della Cina».

Dietro le polemiche, le aperture, le accuse e le blandizie verso i cinesi c'è una verità detta malvolentieri ma che l'economista Ross Garnaut ha esposto alla China Update conference: «E' in atto uno spostamento tettonico nell'economia globale: il passaggio di potere dai Paesi sviluppati ai grandi Paesi in via di sviluppo, che è stato accelerato dalla crisi finanziaria globale. Nazioni come la Cina sono riuscite ad uscire della crisi  abbastanza bene, mentre gli Stati Uniti e l'Europa hanno sofferto per  una "ferita autoinflitta", che li messi su un percorso di crescita inferiore». Non a caso  Garnaut, che è  stato consigliere per il cambiamento climatico del governo federale australiano, ha detto di non voler commentare le dichiarazioni del ministro degli esteri Smith sul clima, la Cina e l'Australia.

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