
[15/07/2010] News
ROMA. Lo scorso anno, avevamo ricordato come i prezzi dei barili di carta avessero rappresentato una delle concause della pesante crisi internazionale, che ha chiamato e chiama tutti gli Stati ad adottare politiche di difesa e di sostegno, tanto necessarie quanto onerose. Si tratta di misure che richiedono l'impegno di tutti, Istituzioni in prima linea. Perciò anche i Regolatori per l'energia e la loro cooperazione internazionale devono continuare ad avere ruolo, strumenti e responsabilità. Ciò per contribuire anche nello sforzo di trasformare alcuni importanti settori energetici, in particolare quelli di petrolio e gas, da opachi fattori di vulnerabilità a leve per la ripresa economico sociale e per fronteggiare le altre sfide di fondo: la fame energetica del mondo e lo sviluppo sostenibile. A questi fini serve pure completare e sostenere le liberalizzazioni e le regolazioni che hanno già garantito risultati importanti: nel settore elettrico del nostro Paese, ad esempio, una riduzione di oneri stimabile in più di 4,5 miliardi di euro all'anno, rispetto al 1999. A questo dato ha contribuito, per il 40%, la riduzione di componenti tariffarie regolate e, per il 60%, la pressione competitiva che ha indotto investimenti per impianti nuovi e più efficienti. Inoltre i settori regolati dalla Autorità sono stati tra quelli che meglio hanno retto alla crisi (specie in termini di occupazione, capitalizzazione in Borsa, investimenti) grazie all'affidabilità di cui gode la regolazione energetica anche nel settore del credito.
Queste considerazioni non possono tuttavia far dimenticare che il nostro Paese continua a soffrire di un mix di copertura ancor troppo dipendente da onerose importazioni di idrocarburi.
È perciò importante scrutare attentamente alcuni nuovi scenari emergenti; fra questi la crescente produzione di gas non convenzionale negli Stati Uniti (aumentata in due anni di 80 miliardi di m3, l'intero consumo annuale italiano), in estensione ad altre aree, incluso il nostro continente. La concomitanza di minor domanda, per effetto della crisi, e di abbondante disponibilità di gas non più importato dagli USA, ha cambiato significativamente le condizioni del mercato internazionale ed europeo. Al contempo, nei mercati del petrolio persiste il rischio che la speculazione rialzi ancora la testa. Infatti, non si vedono ancora all'orizzonte meccanismi capaci di contenere il proliferare non regolato di quei barili di carta che schizzarono improvvisamente verso i 150 dollari. Proprio per questo motivo avevamo lanciato l'idea che si tentasse di promuovere, almeno a livello europeo, una piattaforma regolamentata: per lo scambio di barili veri tra operatori selezionati; per prodotti e contratti standardizzati di lungo o lunghissimo termine, con consegna fisica in Europa; per transazioni garantite da affidabile controparte centrale europea. Un simile mercato dovrebbe contribuire a contenere la volatilità delle quotazioni e a favorire gli investimenti di lungo termine. Così, considerato l'interesse espressoci dal Ministero dello Sviluppo Economico, stiamo mettendo a punto con il concorso di esperti del settore una specifica proposta.
(...)
Per l'Europa si pone anche la necessità di superare le logiche, onerose e inefficaci, fino ad ora seguite per far fronte al cambiamento del clima: un problema globale che richiede soluzioni altrettanto globali. A questo proposito rilancio un'ipotesi di innovazione che già proponemmo anche in questa sede, quando ci permettemmo di suggerire un abbandono dello strumento unilaterale cap and trade (basato su emissioni nei territori singoli di Stati o Continenti), per considerare invece un approccio integrato (a livello internazionale) di politiche ambientali e commerciali, che scoraggi forme di dumping ambientale (di Paesi che tendano a sottrarsi a limiti e vincoli); ciò con accordi a livello WTO (piuttosto che con altri protocolli tipo Kyoto), che guardino al contenuto CO2 dei prodotti commercializzati, introducendo (su questa base tecnica e non per protezionismi) meccanismi di border tax adjustment.
(...)
Reti e mercati
La promozione degli investimenti è stata una delle priorità delle nostre scelte regolatorie, attraverso un sistema di incentivi (premi e penali) riguardante in termini integrati tariffe e qualità dei servizi, mirato pure a promuovere innovazione e sicurezza. Per le reti elettriche, gli investimenti sono più che raddoppiati negli ultimi sette anni e ci si attendono sviluppi anche per le smart grids; a favore di queste abbiamo già assunto iniziative di sostegno. Esse favoriranno una partecipazione sempre più attiva dei clienti finali, anche domestici, al sistema elettrico; ciò sulla base di maggiori volumi ed efficienza per la generazione distribuita, specie a fonte rinnovabile. A questo stesso proposito, per facilitare i settori eolico e solare, per puntare ad una più avanzata modulazione dei carichi, intendiamo promuovere l'utilizzo di interessanti potenzialità di accumulo energetico a pompaggio idroelettrico. Si tratta di capacità significative e già ben distribuite, attivabili utilizzando bacini di piccola e media dimensione già esistenti, soprattutto nel Sud Italia.
Sempre in tema di sviluppo del sistema elettrico, posso ricordare anche quanto già disposto per facilitare la diffusione di veicoli elettrici, eliminando i vincoli che ostacolavano la predisposizione dei punti di ricarica.
Nel settore gas, gli investimenti sono aumentati del 70%, mentre la capacità di trasporto agli entry point è cresciuta del 20%. Ora, sta finalmente emergendo una prima ripresa degli investimenti in stoccaggi; per questi, così come evidenziato in un nostro recente rapporto congiunto con l'Antitrust, si deve recuperare un grave ritardo, legato sì a lente autorizzazioni ma anche ad omissioni dell'Eni, che controlla quasi tutte le capacità nazionali di stoccaggio, attive e potenziali.
Sempre in tema di stoccaggi gas e pur apprezzando gli obiettivi generali del recente schema di decreto legislativo per un ampliamento dei servizi, abbiamo segnalato alcuni profili di criticità che confidiamo vengano risolti, circa i tetti alle quote di mercato e la ripartizione di oneri o benefici tra clienti industriali e civili. Nel complesso, per i settori elettrico e gas, si raggiungono oggi investimenti per circa 4,5 miliardi di euro all'anno. Vanno tuttavia ricordati alcuni persistenti ostacoli e problemi: incertezze autorizzative per linee elettriche, rigassificatori e stoccaggi; mancata definizione dei nuovi ambiti per la distribuzione gas, tuttora eccessivamente frammentati, e della connessa disciplina per le concessioni.
(...)
Mercati all'ingrosso
Per il settore gas, nonostante il rapido avvio (nel 2000) del processo di liberalizzazione, la situazione reale dei mercati resta insoddisfacente. Negli ultimi anni, la disponibilità di nuova capacità per importazione e diversificazione è rappresentata solo dal nuovo rigassificatore di Rovigo e dai potenziamenti di gasdotti esistenti, imposti da autorità nazionali ed europee. Il 92% della capacità infrastrutturale per le importazioni resta in mano al Gruppo Eni che, con le vendite oltre frontiera destinate all'Italia, si attesta ancora sul 65% circa delle immissioni. Quanto alla prevista borsa del gas, l'Autorità aveva definito le tappe di realizzazione già nel 2004, nella radicata convinzione che tale strumento sia essenziale per la concorrenza e per dare corretti segnali di prezzo, utili per transazioni e nuovi investimenti. Tuttavia l'effettivo dispiegarsi di tali potenzialità è ancora pesantemente condizionato: dalla ridotta disponibilità di gas (al netto degli autoconsumi) degli operatori diversi da Eni; dalle frequenti situazioni di emergenza, vissute o potenziali, come sicurezza degli approvvigionamenti; dalla mancanza di un operatore di rete indipendente, che possa garantire (come nel settore elettrico) un dispacciamento di merito economico senza nemmeno il sospetto di discriminazioni.
Abbiamo più volte segnalato la necessità di correttivi. Fra quelli di breve termine, l'utile strumento gas release che, tuttavia, dovrebbe avere caratteristiche di quantità e durata ben superiori a quelle scelte nel 2009. Fra quelli strutturali, il reiterato auspicio che la decisione già assunta con legge del 2003 (confermata con leggi successive) per una separazione proprietaria di Snam Rete Gas da Eni trovi finalmente attuazione con il DPCM già previsto e da anni atteso. Si tratta di adottare una soluzione già indicata come la migliore dalla Commissione europea, già positivamente sperimentata in Paesi della UE ed in Italia con l'analoga operazione Terna-Enel per il settore elettrico, garantendo che il controllo delle reti strategiche per il Paese si consolidi in capo ad un imparziale soggetto pubblico nazionale. Un passaggio del controllo di Snam da Eni a Cassa depositi e prestiti, per esempio, farebbe certamente bene al mercato, ai consumatori ed allo stesso sviluppo di Snam, che si potrebbe proiettare anche oltre i confini nazionali; una proiezione che faciliterebbe analoghi indirizzi di altri Paesi della UE, verso meno discriminazioni, più sviluppo, più coordinamento ed integrazione nello strategico sistema di trasporto continentale. Infine può ricordarsi che l'analoga separazione Terna- Enel ha pure rafforzato le capacità di sviluppo internazionale dello stesso Gruppo Enel.
La dimostrazione dell'importanza di quanto da noi spesso auspicato, per uno sviluppo più proattivo delle infrastrutture, è data ora anche dalle difficoltà che il Paese sta incontrando nell'approfittare più ampiamente del progressivo disaccoppiamento del prezzo gas da quello del petrolio, indotto dalla disponibilità di gas non convenzionali. Di fronte ad una benvenuta bolla gas del mercato internazionale, noi non disponiamo ancora di una conveniente bolla infrastrutturale nazionale: quella stessa paventata in passato da taluni per scoraggiare investimenti e concorrenza, ma che invece avrebbe consentito di importare e stoccare di più, di soddisfare più convenientemente la domanda interna e di continuare a coltivare la prospettiva di un profittevole hub italiano, al centro del Mediterraneo e per l'Europa.
(...)
Mercati al dettaglio - Oneri parafiscali
Sulle bollette dell'energia elettrica pesano anche componenti di tipo parafiscale: i cosiddetti oneri generali di sistema, ai quali concorrono in misura preponderante gli oneri per i diversi regimi di incentivazione delle fonti rinnovabili (CIP6, certificati verdi, tariffa fissa omnicomprensiva, conto energia). Gli obiettivi europei per le fonti rinnovabili sono condivisibili, ma proprio perché molto sfidanti serve, nel perseguirli, massima efficienza. Oggi il nostro sistema è invece molto inefficiente; il costo sopportato dai consumatori per il raggiungimento degli obiettivi citati è superiore a quello necessario. Il livello eccessivamente elevato delle incentivazioni genera inoltre distorsioni e opacità nel settore. Nel 2010, come peraltro avevamo preannunciato quasi due anni fa, il costo delle incentivazioni per le rinnovabili (fonti assimilate CIP6 escluse) supererà i 3 miliardi di euro: quasi il 10% del costo annuale del sistema elettrico nel suo complesso. Considerando che l'energia incentivata è dell'ordine dei 20 miliardi di kWh, l'incentivo medio risulta pari a circa il doppio del valore dell'energia prodotta; così paghiamo l'energia incentivata 3 volte quella convenzionale. Perciò appaiono necessarie: una revisione della durata e del livello delle incentivazioni, con particolare attenzione al solare fotovoltaico; una correzione dei malfunzionamenti del mercato dei certificati verdi. Senza interventi, c'è il forte rischio di un aumento delle bollette fino a oltre il 20%, da qui al 2020. Per questi motivi abbiamo proposto più volte di spostare una parte degli oneri per l'incentivazione delle rinnovabili dalla bolletta alla fiscalità generale, garantendo quest'ultima criteri di progressività e proporzionalità più adatti all'impegno sociale necessario per la tutela ambientale. Qualora, invece, si volessero mantenere in tariffa gli incentivi per le rinnovabili, potrebbe essere opportuno che le politiche energetiche-ambientali-industriali, proprie di Governo e Parlamento, si limitassero a fissare gli obiettivi quantitativi e temporali per ciascuna fonte, lasciando poi che sia l'Autorità (già impegnata in materia di tariffe) a stabilire le modalità per farli rispettare al minimo costo, in modo efficiente, sul modello già positivamente sperimentato con il meccanismo dei certificati bianchi per i risparmi energetici. Ciò potrebbe assicurare, assieme all'uso efficiente degli incentivi, anche una maggiore stabilità degli stessi, posto che negli ultimi 10 anni sono stati modificati quasi una volta all'anno. Tra gli oneri di sistema figura anche una modesta quota (meno del 2 per mille della bolletta) destinata alla ricerca. Per l'impiego efficiente di tali risorse abbiamo fornito il doveroso contributo al Governo predisponendo, dopo ampia consultazione, il Piano Triennale 2009-2011 e i criteri per il primo bando, espletato lo scorso anno con una rigorosa selezione dei progetti.