
[13/08/2009] News
LIVORNO. L'Ufficio Onu per il coordinamento degli affair umanitari (Hoca) ha lanciato un drammatico appello per quello che sta avvenendo, fra l'indifferenza del mondo, nel Sud Sudan, la regione nera, cristiano-animista, del Sudan che punta all'indipendenza verso un referendum , dopo molti anni di devastante guerra con il nord musulmano ed arabo del Paese. Secondo l'Hoca «Una congiunzione di diversi fattori lascia presagire una prossima catastrofe umanitaria nel Sud Sudan».
Si tratta di una serie di conflitti tribali, di una grave penuria alimentare di una crisi di finanziamenti persistente che si innestano (e sono a loro volte causate) dalla più generale instabilità politica di un'area che ha conosciuto per troppo tempo solo la lingua delle armi e dell'odio religioso-etnico che nascondevano le due vere ragioni di un conflitto infinito: petrolio e ricchezze minerarie ed acqua. Nel Sud Sudan da giugno sono morte più di 2.000 persone in scontri tribali per il possesso di acqua e terre che hanno creato 25.000 profughi.
L'area è sferzata dai cambiamenti climatici che hanno provocato un forte ritardo nelle piogge stagionali, causando una grave penuria alimentare, una crescita dei prezzi del cibo e dell'insicurezza, il tutto mentre il governo autonomo denuncia un calo delle entrate del 40% ed accusa di questo il governo centrale di Khartoum che fomenterebbe la crisi e lo scontro etnico per boicottare il referendum indipendentista e per riscrivere con i fucili i confini concordati per il Sud Sudan e riprendersi aree interessanti dal punto di vista delle materie prime.
Intanto un milione e 200 mila persone dipendono dall'assistenza umanitaria del Programma alimentare mondiale (Pam). Ma del disperato Sud Sudan importa molto poco ad un occidente in crisi che non ha mai dato molto peso ad una guerriglia spesso spietata e a volte incomprensibile come quella del Sudan People's Liberation Army, capace di continui cambi di fronte ed alleanze, ma che è riuscita ad ottenere la vicepresidenza del Sudan, un'autonomia teoricamente fortissima e l'indizione di un referendum che dovrebbe creare un nuovo e problematico Stato ai confini del turbolento Corno d'Africa.
I finanziamento dei programmi umanitari lasciano sempre più a desiderare e l'appello ai donatori a contribuire con 412 milioni di dollari è riuscito ad ottenerne solo 59 milioni, ma il Pam spiega che il minimo necessario per mantenere almeno in vita la popolazione sarebbero 85 milioni di dollari.
Lise Grande, coordinatrice Onu per gli affari umanitari ha convocato una conferenza stampa a Khartoum per ricordare che «Più del 90% della popolazione del Sud Sudan, di fatto marginalizzata da decenni, vive con meno di un dollaro al giorno. In tutta la regione 1,2 milioni di persone soffrono di deficit alimentare ed avranno bisogno di assistenza nel corso di quest'anno. Il 92% delle donne non sa leggere e scrivere. Solo il 27% delle n bambine va a scuola e ci sono mille scolari per ogni insegnante. Il 97% della popolazione non ha accesso ai servizi igienici. Una donna su 7 rischia di morire per le complicazioni del parto e ci sono solo 10 ostetriche riconosciute in tutto il Sud Sudan. Infine, una ragazza di 15 anni nel Sud Sudan ha più possibilità di morire durante un parto che di terminare la scuola. Il tasso di mortalità materna è il più elevato del mondo ed il tasso di vaccinazione dei bambini è il più basso».
L'attenzione sul Sud Sudan è leggermente aumentata a livello internazionale solo dopo il recente massacro di 185 persone a Akobo nello Stato di Jonglei. Secondo il Pam «Si è trattato di una vera e propria guerra tribale per il cibo che rischia di degenerare in una serie di sanguinose rappresaglie».
Qualche giorno fa la portavoce del segretario generale dell'Onu, Marie Okabe, aveva spiegato che «Circa 700 persone sono state uccise dal mese di marzo nella regione, mentre 19.000 altre sono state sfollate».
Gli scontri tribali finiranno solo se il Pam ce la farà a far arrivare per via aerea ad Akobo aiuti alimentari: «Gli adulti soffrono di malnutrizione e ci sono 350 bambini gravemente colpiti da malnutrizione all'ospedale della città» ha detto la Okabe.
Il responsabile del Pam in Sud Sudan, Michelle Iseminger, ha denunciato giorni fa il ritrovamento di cadaveri e la presenza di bossoli nelle vicinanze di un accampamento di pescatori sulle rive del fiume Geni, a 40 chilometri dalla città di Akobo, si tratta delle vittime dell'attacco dei combattenti del gruppo etnico Murle (che sarebbero alleati del governo Sudanese) contro i loro "nemici" dell'etnia Luo Nuer, accusati di volersi appropriare delle loro terre e di aver "sconfinato".
«Ho visto decine e decine di cadaveri - ha detto uno sconvolto Iseminger - Il fetore e gli avvoltoi ci hanno dato un'idea della portata del massacro, che ha preso di mira principalmente donne e bambini. Non possiamo lasciare che questi combattimenti continuino. Subito il numero delle vittime del massacro sembrava di 161 ma poi i morti sono arrivati a 185. Non si può lasciare che i combattimenti continuino. Questo potrebbe far deragliare gli sforzi per il risanamento e la ricostruzione nel Sudan meridionale».
Si direbbe che la tempesta umanitaria perfetta sia già cominciata, ma da quest'altra parte del mondo ce ne accorgeremo solo quando arriveranno le televisioni a raccontarci l'ennesima storia strappalacrime di un disastro africano che poteva essere evitato.
Allora, magari sotto Natale, manderemo qualche euro al Pam che intanto, mentre arriva ferragosto e l'occidente ricco è in vacanza su altre sabbie e sotto altri soli, annuncia che il suo programma di fornitura aerea di cibo e medicinali ai profughi del Darfur in Ciad (qualcuno se li ricorda?) non ha ancora ricevuto i fondi necessari e che senza finanziamenti sarà costretto a sopprimere i rifornimenti al Ciad ed all'intera Africa occidentale.