[21/07/2010] News
LIVORNO. L'edilizia e le colate di cemento salveranno l'ambiente? E' il paradosso al quale stiamo assistendo in queste ore se guardiamo a quanto avvenuto a Milano, nel quartiere di Santa Giulia, un tempo zona industriale di rilevanza internazionale, oggi al centro di un progetto di riconversione residenziale.
Nelle falde acquifere dell'area, proprio nel corso dei lavori per la realizzazione dell'avveniristico quartiere progettato dall'architetto Norman Forster, è stata rilevata la presenza di cadmio e cromo, sostanze inquinanti e pericolose per la salute provenienti da scarti delle lavorazioni da far risalire in parte alla Montedison, in parte alle acciaierie della Redaelli, che a Santa Giulia avevano degli stabilimenti.
Ma lo cosa strana, e forse più grave, è che questo giacimento è rimasto silente, nelle profondità, come se in superficie non fosse esistita un'attività industriale. Per scoprire cosa bolliva lì sotto, e capire come male sia stata effettuata la bonifica dell'imprenditore Giuseppe Grossi, ora agli arresti, ci sono volute le ruspe dell'immobiliarista Luigi Zunino.
I pm milanesi hanno ordinato il sequestro dei cantieri, l'Arpa ha reso noti i risultati delle analisi che hanno evidenziato tracce di mercurio, solventi clorurati e tricloroetilene, e la città, e non solo, non parla d'altro. Tanto clamore - giustificato dalla gravità del ritrovamento - forse destinato, anche questa volta, a scemare tra pochi giorni.
La magistratura, certo, continuerà il suo lavoro per accertare le responsabilità, i giornali riporteranno le notizie giudiziarie e qualche stralcio di interrogatorio degli indagati, ma il tema delle bonifiche rimane, per il Governo attuale, e in parte per i precedenti, uno degli ultimi da affrontare. Le conseguenze le leggiamo sui quotidiani: nei luoghi dove un tempo si producevano cose che oggi vengono sfornate dalle fabbriche cinesi, scopriamo che l'edilizia, per restare al paradosso, potrebbe diventare la cura salvifica per le ferite subite e mai rimarginate dell'ambiente.
Uscendo dalla contingenza dei fatti milanesi, il quadro è chiaro: le bonifiche sono ferme al palo da anni. E in assenza del rispetto del principio di "chi inquina paga", il futuro non sembra volgere al sereno. Le vicende societarie del colosso russo Severstal pronta a cedere, a non si sa chi, il secondo polo siderurgico italiano di Piombino (vedi apertura di greenreport toscana, link a fondo pagina), sono un segnale che non fa ben sperare. E la recente storia dei progetti nella sede del ministero dell'ambiente, non può fare che accrescere la preoccupazione.
Perché il nostro, è il Paese che per il settore mette a disposizione 3 miliardi di euro da destinare a un Piano di reindustrializzazione. Una cifra utile per intervenire nei 70 Sin e negli altri siti industriali regionali. Ma è anche il Paese che tesse e disfa, che costruisce di giorno per distruggere la notte, il paese delle tante tele di penelope. E così, il cospicuo fondo, invece di essere indirizzato al territorio del piombinese, viene in parte dirottato per il terremoto all'Aquila e poi alla fine bloccato. I problemi sembrano, però, anche di ordine strategico: a Piombino, le bonifiche, se verranno fatte, avranno tempi molto lunghi e comunque riguarderanno aree limitate. E infine il piano di reindustrializzazione, un documento di cui non si sa più niente, chiuso in un cassetto del ministero, in attesa che un'altra emergenza si sovrapponga a una questione rimandata di anno in anno, di governo in governo. Tutto fino al giorno in cui potrebbe arrivare l'edilizia a salvare l'ambiente, o meglio a scoprirne le ferite. E a quel punto non sarà più un paradosso, ma solo la realtà.