[14/08/2009] News
LIVORNO. La Coalition for rainforest Nations (CfRN) si interessa dei Piani che includono i progetti forestali che riguardano il carbon market per i quali il timore che rimangano bloccati in un vicolo cieco è forte.
Ma secondo quanto scrive "BusinessGreen", per la Coalizione ai Climate change talks dell'Unfccc in corso a Bonn si stanno facendo progressi verso un accordo sul modo migliore per fermare la deforestazione tropicale.
La Coalition for Rainforest Nations ha l'obiettivo ambizioso di «riconciliare la gestione delle foreste con lo sviluppo economico» attraverso un partenariato tra i Paesi che hanno foreste pluviali e quelli industrializzati che sostengono il commercio equo e solidale e un migliore accesso al mercato per i Paesi in via di sviluppo. La cosa dovrebbe avvenire attraverso la creazione di nuovi e migliori flussi di entrate destinati a sostenere la comunità che puntano ad una crescita economica ecologicamente sostenibile ed attraverso la riforma delle normative commerciali ed economiche internazionali, all'interno di un quadro di efficace allineamento degli incentivi di mercato con risultati sostenibili.
Alla CfRN aderiscono Bangladesh, Belize, Camerun, Congo, Colombia, Costa Rica, Equador, Guinea Equatoriale, El Salvador, Figi, Gabon, Ghana, Guatemala, Guyana, Honduras, Indonesia, Isole Salomone, Kenya, Lesotho, Liberia, Madagascar, Malaysia, Nicaragua, Nigeria, Pakistan, Panama, Papua New Guinea, Paraguay, Perù, Repubblica Centrafricana, Repubblica democratica del Congo, Repubblica Dominicana,Samoa, Sierra Leone, Suriname, Thailandia, Uruguay, Uganda,Vanuatu e Vietnam.
Intervistata da Business Green, la vice direttrice dalla CfRN, Federica Bietta (nella foto), ha detto che a Bonn si sta procedendo a condensare in 20 pagine di testo negoziale quel che riguarda la Reducing emissions from deforestation and forest degradation in developing Countries (Redd) «Dobbiamo farlo fino a 10 pagine. Stiamo assistendo a molte aree di accordo che includono sia i Paesi sviluppati sia quelli in via di sviluppo ... c'è un consenso molto forte in aula e questo ci può essere anche su alcune delle altre questioni».
Secondo la Bietta, un'italiana che è anche director of Finance and administration alla Columbia business school ed ha lavorato con la Banca europea, esiste un ampio sostegno alle proposte "three-phase rollout of Redd" che comprendono il potenziamento delle autorità di gestione forestale e il controllo e la "misurazione" dei meccanismi nei Paesi con foreste pluviali, per la diffusione di progetti forestali pilota e per l'accesso al carbon markets per contribuire a finanziare i progetti.
Alcuni Paesi pensano che i progetti dovrebbero essere finanziati attraverso "rainforest funds" del carbon market, altri, come il Brasile, sono scettici riguardo al ruolo dei carbon credits. Ma secondo la Bietta «I carbon credits, attraverso l'avvio del nuovo schema Redd, rappresentano il modo migliore per aumentare il livello di finanziamento necessario per invertire la deforestazione. Sappiamo che, se vogliamo avere accesso ai progetti del carbon market, dovranno essere rispettati standard più elevati di gestione e controllo. Ma riteniamo che l'accesso al mercato sia il modo migliore per ottenere il li livello necessario di finanziamenti».
Per la CfRN non bisogna sopravvalutare il rischio che un eccesso di carbon credits basati sulla silvicoltura potrebbe distorcere il mercato globale del carbonio, visto che i progetti Redd verrebbero approvati ed attuati in maniera scaglionata.
«Sono stati espressi timori che il Redd creerebbe troppi crediti - spiega la Bietta - ma ci vorranno anni, per misurare accuratamente la deforestazione in tutti i Paesi interessati e poi per introdurre ed avviare i progetti. Alcuni paesi come la Papua Nuova Guinea e l'Indonesia sono state già lavorando al Redd da alcuni anni e potrebbero avviare progetti abbastanza rapidamente, mentre in alcuni altri Paesi ci potrebbero volere cinque anni per mettere in atto il loro primo progetto. Tuttavia, la Coalizione resta preoccupata per lo stato di avanzamento dei negoziati più ampi, in particolare in materia di obiettivi di emissioni. La Nuova Zelanda ha annunciato l'obiettivo di ridurre le emissioni del 10% entro il 2020 e i recenti obiettivi del Giappone non sono molto migliori. Siamo molto preoccupati per questo livello di ambizione dei Paesi sviluppati».