[22/07/2010] News
LIVORNO. Il design rigenerativo teorizzato nella bibbia del riciclo Cradle to cradle del chimico tedesco Michael Braungart trova oggi un palcoscenico importante sulle pagine dell'inserto del Sole 24Ore Nova, anche se in realtà di nuovo c'è ben poco, visto che per esempio il suo libro Dalla culla alla culla è stato tradotto e pubblicato in italiano fin dal 2003 e nell'articolo di oggi si lasciano insolute tutte le questione lasciate aperte allora e che hanno fatto bollare come «impraticabili» le teorie di Braungart, dal direttore del Wuppertal Insitute Friedrick Schmidt Bleek.
Si tratta però di un'occasione per riflettere sulla direttiva europea sui rifiuti, che dovrà essere recepita dall'Italia nei prossimi mesi aggiornando il 152, e che darà ampio spazio proprio all'ecodesign che dovrà porre particolare attenzione nella progettazione di qualsiasi prodotto alla sua fase post consumo, ovvero alla sua trasformazione in rifiuto.
La produzione rigenerativa teorizzata dal chimico tedesco infatti è sicuramente un orizzonte a cui tendere (e su cui si basa anche la filosofia ‘rifiuti zero'), ma sconta alcune problematiche importanti: se infatti è vero che l'ispirazione sono i sistemi naturali che hanno un carattere ciclico ed entropico, è altresì vero che millenni di progresso umano (ed è progresso vero, basta pensare all'innalzamento dell'età media) hanno visto l'introduzione di molecole di sintesi che molto spesso non solo non sono attaccabili nei processi biologici, ma addirittura risultano difficili da essere gestiti e recuperati dall'uomo stesso.
C'è poi da ricordare che in ogni processo di riciclo si residua comunque una parte di rifiuto da rifiuto, che in qualche modo alla fine dovrà essere gestito. Ciò presuppone ovviamente che gli impianti di trattamento di rifiuti ci siano e siano ben distribuiti sul territorio e questo è un altro aspetto spesso frainteso proprio da chi persegue la filosofia ‘rifiuti zero'.
Ma la vera rivoluzione sarebbe invece a monte, proprio in quella fase di progettazione del prodotto su cui si è concentrata l'attenzione dell'Unione europea. Anche perché risulta fondamentale il ruolo che in questo senso dovrebbero avere proprio la politica, indirizzando certe scelte che rispondano all'esigenza di salvaguardare il futuro piuttosto che i futuri guadagni (come avviene oggi con l'obsolescenza programmata dei prodotti).
Un altro nodo fondamentale irrisolto da Braungart e sul quale l'Ue ha l'obbligo di intervenire riguarda la regolazione delle relazioni tra produttore, distributore e consumatore: è sotto gli occhi di tutti per esempio il caos e le difficoltà che nella pratica sta generando il famoso decreto uno contro uno che riguarda i Raee e che dovrebbe appunto garantire la presa in carico da parte del produttore degli oneri di smaltimento (o riciclo quando possibile) del prodotto a fine vita.
Tutte questioni su cui riflettere e sulle quali cercare rimedi dunque, a partire da uno sviluppo qualitativo e quantitativo su sistemi di contabilizzazione come ad esempio l'Lca (Life cycle assessment) , l'impronta ecologica, o la certificazione Leed (leadership in energy and environmental design) da applicare ad ogni prodotto. Ben sapendo che la bacchetta non ce l'ha nessuno, nemmeno per azzerare i rifiuti, ma che un buon inizio sarebbe quello di cominciare a creare un mercato per i prodotti realizzati dai materiali riciclati.