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[22/07/2010] News
GROSSETO. Il patrimonio di edilizia scolastica del nostro paese è costituito da circa 42.000 edifici, di cui 22.858 immobili (oltre il 50%) si trovano in zona sismica. Anche se è ancora un'anagrafe incompleta come sottolinea la Corte dei Conti nella sua relazione sul "Programma di messa in sicurezza degli edifici scolastici ai sensi dell'art. 80, comma 21, della legge n. 289/2002", nonostante la sua realizzazione fosse già prevista dall'ormai lontano 1996.
Dalla legge del 2002 discende il piano straordinario per la messa in sicurezza delle strutture scolastiche, con particolare riguardo a quelle ubicate in zone a rischio sismico, incluso a sua volta nel programma delle infrastrutture strategiche della legge obiettivo.
Tale piano, redatto dal ministero delle Infrastrutture e trasporti, di concerto con quello dell'istruzione, e su indicazione da parte delle regioni degli edifici a più alto rischio sismico, è stato approvato dal Cipe nel 2004 e prevede un fabbisogno complessivo prioritario di 4 miliardi di euro relativo a 22.258 edifici scolastici.
Del programma sono stati poi approvati dal Cipe due successivi stralci (nel 2004 e nel 2006) e le risorse necessarie sono state assegnate (e in qualche caso anche tolte) con le successive leggi finanziarie.
Il Cipe con delibera n. 114/2008 ha poi previsto, per la prosecuzione del Piano straordinario, l'accantonamento di una quota di tre milioni di euro, per quindici anni, a valere sul contributo di 60 milioni di euro, a decorrere dal 2009 e una quota di 7,5 milioni di euro, per quindici anni, a valere sul contributo di 150 milioni di euro a decorrere dall'anno 2010.
A che punto siamo? Dall'indagine della Corte dei Conti sullo stato di avanzamento del primo e del secondo programma stralcio di attuazione del piano straordinario, si rileva che al 31 dicembre 2009 dei 1593 interventi programmati, ne risultano attivati 1219 (77%) e non avviati 374 (23%). I contratti di mutuo stipulati sono 971 (61%), mentre i lavori risultano aggiudicati o affidati per 463 interventi (29%). Riguardo in particolare al primo programma stralcio solo 137 interventi risultano ultimati e 39 del secondo.
«La programmazione delle opere- si legge nel rapporto- negativamente influenzata da mancanza di pianificazione e da progettazione di base carente, ha spesso inseguito solo le disponibilità finanziarie piuttosto che le reali esigenze degli edifici scolastici».
L'anagrafe, come dicevamo non è ancora operante, anzi è in continuo divenire, dal momento che tuttora le regioni e gli enti locali possono aggiungere, modificare, cancellare le informazioni richieste; manca quindi un vero piano delle priorità cui assegnare le risorse per avviare gli aggiornamenti strutturali e la messa in sicurezza.
C'è poi da sottolineare che gran parte della nostra edilizia scolastica, oltre alla localizzazione in aree caratterizzate da rischio soffre anche di diffusi e gravi problemi in relazione allo stato di conservazione delle strutture e sotto il profilo dell'agibilità e igienicità. Per non parlare poi dei servizi mancanti.
La relazione si sofferma anche sulla normativa emanata per la messa in sicurezza degli edifici pubblici dal 1996 ad oggi che delinea un quadro di competenze e di procedure quanto mai complesso e con soluzioni diverse per l'attuazione degli interventi, alcuni dei quali ritenuti di particolare urgenza. Così come sulla esigenza di definire l'effettiva entità dei finanziamenti e dare organicità e stabilità nel tempo al loro trasferimento per uscire dalla logica dell'emergenza o della occasionalità ed entrare invece in quella della programmazione.
Infine viene segnalato il problema della incoerenza tra la programmazione nazionale e i vincoli posti a livello locale dai vincoli imposti dal patto di stabilità che limitano la capacità degli enti (almeno di quelli che dimostrano capacità di realizzazione) a investire e a contrarre i mutui per la realizzazione delle opere, tanto che si impedisce di rispettare il cronoprogramma stabilito. Un sistema contraddittorio con norme che dispongono da una parte finanziamenti per la messa in sicurezza delle scuole e, dall'altro, che impediscono agli enti locali investimenti per poterlo fare. La speranza è che non serva l'ennesima tragedia per superare queste assurde disposizioni e per dare una spinta all'immancabile inerzia che avvolge interventi che sarebbero così poco straordinari come quello di garantire ai nostri studenti un luogo dove imparare senza correre rischi di non poter poi mettere a frutto gli insegnamenti ricevuti. Ma servirebbe un paese normale per questo.