[22/07/2010] News toscana
LIVORNO. O si vive o si muore. A Piombino, davanti allo stabilimento Lucchini, nel giorno dello sciopero deciso per protestare contro la politica, o meglio, la non politica della proprietà, in molti sono convinti che la fabbrica sia a una bivio. Un passaggio storico che non può non far pensare al periodo delle lotte sindacali di fine anni Ottanta o alle difficoltà della privatizzazione del 1992. Perché l'obiettivo di Mordashov è abbastanza chiaro: salvare il salvabile se la situazione dovesse precipitare. E nel salvataggio, non sono compresi gli operai e i lavoratori dell'indotto, circa 5000 famiglie che in queste ore sono appese alle sorti di una finanziaria con sede a Cipro, una delle tante società controllate dalla Severstal. Un quadro complicato, di scatole cinesi e passaggi azionari che non lascia ben sperare.
Il sindaco Gianni Anselmi, comunque, ostenta un cauto ottimismo. «C'è molto da lavorare insieme alla Regione e alla Provincia per fare pressione sul Governo. Il problema, è che non c'è un interlocutore, con Severstal che nicchia, e il ministero dello Sviluppo vacante da due mesi», ha spiegato Anselmi.
«Di sicuro, la città non sarà salvata dagli ombrelloni. Con gli stabilimenti balneari si vive solo tre mesi l'anno e noi, per ora, restiamo agganciati a Prometeo e alla trasformazione della materia», ha dichiarato Anselmi.
Non è arrivato dunque il momento, sempre che ci debba essere, di guardare a soluzioni alternative alla fabbrica?
«Non direi. L'impasse nella quale ci troviamo genera preoccupazione, ed è comprensibile. Sono però convinto che con un impegno costante e quotidiano, modificando la tipologia produttiva e attraverso una rinnovata strategia di investimenti destinati a una maggiore ambientalizzazione, saremo in grado di garantire un futuro allo stabilimento».
Si spieghi meglio.
«Le lavorazioni devono volgere a un incremento della qualità e a un maggiore valore aggiunto dei prodotti. Penso al rafforzamento e alla crescita delle rotaie e delle vergelle, al miglioramento del rapporto tra l'ambiente, la siderurgia e le strutture, e a un maggior rispetto delle condizioni di lavoro degli operai. Questi sono i paletti che noi mettiamo per il futuro della fabbrica».
A proposito di ambiente. A che punto è l'iter per la bonifica del Sin?
«Per quanto riguarda il progetto di palancolature stiamo attraversando un periodo di stallo perché quando si devono mettere d'accordo il ministero dell'Ambiente e quello dello Sviluppo economico ci sono sempre dei problemi. L'ultimo contatto con Roma risale a qualche mese fa e non so dire quando si sbloccherà la situazione. In effetti alcune perplessità sui costi dell'operazione promossa dai vecchi dirigenti del dicastero dell'ambiente c'erano. E a questo punto, per tentare di risolvere le criticità legate al reperimento delle risorse, penso sia opportuno ricorrere a sistemi meno dispendiosi delle palancole come le trincee idrauliche e procedimenti di ossidazione di carattere chimico».
E sul fronte dell'accordo con Bagnoli ci sono novità?
«Stiamo lavorando a una modifica dell'accordo firmato nel 2007 che prevede la diminuzione del conferimento dei fanghi per una quantità che si dovrebbe aggirare intorno agli 800 mila metri cubi, e a una rimodulazione degli aspetti finanziari. Le ultime informazioni che ho avuto sono relative all'avvio delle procedure per l'assegnazione dei lavori di escavo a Bagnoli. Non nascondo che il percorso, nonostante il superamento delle perplessità ambientali della Regione, non sia lineare e che siamo fermi da qualche mese. Va però ricordato che il Comune ha già incassato 25 milioni di euro che serviranno per il porto. Per quanto riguarda le altre opere che sarebbero potute rientrare nella partita, la statale 398 è uscita definitivamente dall'accordo perché verrà realizzata dalla Sat».
I fronti aperti sono molti. Ma quale sarà il settore economico trainante della città?
«Sempre la trasformazione della materia, la fabbrica, la tecnologia legata alle energie rinnovabili».
Nessun ombrellone al posto dell'altoforno?
«Non credo che la città possa fare a meno dell'acciaieria. Non lo voglio io, non lo vuole nessuno. E poi il turismo da solo non sarebbe sufficiente a sorreggere l'economia del territorio. La formula si deve basare sulla complementarietà dei vari comparti produttivi e non sull'esclusività. Mordashov, intanto, ha già messo al sicuro l'azionariato di Servestal, e il presidente della Regione Enrico Rossi, come estremo tentativo, addirittura, ha chiesto a Berlusconi di confrontarsi con il presidente russo Dimitri Medvedev. Io sono fiducioso. Ci attiveremo con il governo e faremo quanto è nelle nostre possibilità».