[09/08/2010] News
LIVORNO. Secondo uno studio dell'United Nations population fund (Unfpa) e dell'International institute for environment and development, «Le politiche governative volte a ritardare e contenere la crescita urbana, privando i poveri di prestazioni e servizi, aumentano povertà e il degrado ambientale, creando seri problemi a lungo termine che potrebbero essere evitati attraverso la pianificazione illuminata».
Lo studio prende in considerazione il "caso" Brasile, dove la crescita urbana è stata molto più rapida rispetto ai paesi dell'Europa e del Nord America. In Brasile i centri urbani del Brasile rappresentano l'80% della popolazione del paese, nel 1950 abitava nelle città solo il 36% dei brasiliani. «Ma mentre le città attualmente forniscono il 90% della ricchezza del Paese - spiega l'Unfpa - più di un quarto dei suoi cittadini urbani sono al di sotto della soglia di povertà, e uno su 15 vive in estrema povertà».
Lo studio non è tenero né con i precedenti governi dittatoriali e di destra, né con i governi progressisti di Lula: «Piuttosto che affrontare le disuguaglianze sociali e pianificare la crescita urbana, il Brasile ha adottato politiche che discriminano l'insediamento urbano da parte dei poveri. Come risultato, milioni di persone sono escluse dai servizi essenziali e da altri vantaggi della vita urbana, mentre si deve far fronte ad immense sfide sociali, economiche e ambientali, come la criminalità, l'inquinamento, gli alloggi sicuri e la prevenzione delle malattie prevenibili».
Per i co-autori dello studio, George Martine, ex presidente della Brazilian association of population studies, e Gordon McGranahan dell'International institute for environment and development, «Questa è una lezione per le altre nazioni in via di sviluppo. La storia della crescita urbana del Brasile dimostra quanto siano profondamente radicate le diseguaglianze e quanto siano combinate con posizioni politiche negative nel produrre i problemi sociali e ambientali che ancora affliggono la società brasiliana. I politici in Africa e in Asia dovrebbero adottare un piano per la crescita urbana, in modo da poter sfruttare appieno il proprio potenziale per contribuire allo sviluppo , piuttosto che cercare inutilmente di impedirlo, come ha fatto il Brasile»
Secondo McGranahan «Un approccio "business-as-usual" come sola reazione alla crescita urbana sarà assolutamente insufficiente. Per ridurre al minimo gli impatti negativi della rapida crescita urbana, i Paesi in via di sviluppo possono imparare dalle esperienze del Brasile e, soprattutto, dai suoi errori».
L'urbanizzazione è dunque uno tsunami inarrestabile al quale bisogna adattarsi nel migliore e più equo dei modi. Secondo le ultime previsioni/proiezioni la popolazione urbana in Africa dovrebbe arrivare a 936 milioni entro la prima metà di questo secolo, mentre nelle città asiatiche crescerà fino a 2 miliardi di persone.
Lo studio sottolinea che «Il primo passo importante è che i responsabili politici riconoscano il diritto dei poveri a vivere nelle città e a condividere i benefici della vita urbana. Il successivo è quello di pianificare in anticipo il loro territorio e le esigenze abitative, in una visione costantemente aggiornata di uso sostenibile del territorio. Questo non solo migliora la vita dei poveri, ma consente alla città di diventare prospera e vivibile per tutti».
Martine spiega che «L'urbanizzazione e massiccia crescita urbana nei Paesi in via di sviluppo sono alcuni dei fattori determinanti più critici della vita economica, sociale ed ecologica e per il benessere nel XXI secolo. I responsabili politici possono imparare molto dall'esperienza dei paesi latino-americani, e in particolare il Brasile, che sono già passati attraverso una precoce transizione urbana».