[11/08/2010] News
LIVORNO. Secondo il Wwf l'enorme volume di gas serra prodotto dagli incendi di foreste e torbiere in Russia accelererà il global warming e l'immissione massiccia e accelerata di grandi quantità di monossido di carbonio e di biossido di carbonio aggraveranno gli effetti dei cambiamenti climatico già più che visibili in Russia. Nikolai Shmatkov, coordinatore delle politiche forestali del Wwf Russia, è convinto che «Le foreste bruciate stanno emettendo più gas serra di quanto potrebbero assorbirne in 30 anni. Il rimboschimento rapido è impossibile senza il rimboschimento artificiale».
L'allarme del Wwf non è condiviso da Nikolai Adamovitch, dell'Istituto russo di ricerca per l'Artico e l'Antartico, che non prevede ripercussioni degli incendi e dell'ondata di calore, che hanno colpito in particolare la Russia europea, gli Urali e le aree asiatiche orientali, nemmeno sull'Artico russo e sullo strato di ghiaccio "eterno" che ricopre col permafrost gran parte del Grande Nord russo.
Lo scioglimento del permafrost a causa del global warming è un vero e proprio incubo per i russi che rischiano di vedere affogare nel fango intere città e grandi infrastrutture pubbliche e industriali costruite sul terreno oggi ghiacciato, inoltre verrebbe emessa in atmosfera una enorme quantità di metano, un gas serra n molto più potente della CO2, che accelererebbe violentemente i processi in corso del cambiamento climatico.
Il ricercatore ha spiegato a Ria Novosti che «Sparso sul territorio della Russia in maniera ineguale, il calore anormale non ha alcune influenza sull'artico. La canicola si è installata nella Russia europea, nell'Estremo Oriente russo e nel sud del Paese. Quanto alla zona prospiciente all'Artico, le temperature sono inferiori alla norma, fa più freddo che abitualmente. Così, non ci sarà nessun impatto sul permafrost». Per lo scienziato russo il fumo emesso dalle foreste in fiamme non costituisce alcun pericolo per le regioni artiche: «Inoltre il fumo non ha raggiunto e non raggiungerà l'Artico. La circolazione del' l'atmosfera sopra l'Europa funziona in modo che le masse d'aria circolino unicamente dall'ovest verso l'est. Così il fumo che avviluppa le regioni della Russia centrale non può spostarsi né verso nord, né verso occidente. Per quest'anno non ci attendiamo una diminuzione della superficie della banchisa artica».
A dire il vero ci sono altre previsioni molto diverse: solo pochi giorni fa il National snow and ice data center Usa (Nsidc) aveva annunciato che la superficie dei ghiacci galleggianti dell'Artico potrebbe raggiungere presto il minimo storico del 2007. A luglio la superficie media del pack artico era in totale di 8,39 milioni di Km2, 1,71 milioni in meno delle medie registrate tra il 1979 e il 2000 e solo 260.000 km2 in più del minimo assoluto del luglio 2007, almeno da 32 anni a questa parte, da quando si effettuano osservazioni satellitari.
Anche i ricercatori americani confermano che il fenomeno sembra rallentato dall'aumento di tempeste e nevicate e dalle temperature basse registrate a fine luglio nell'Artico, ma diversamente dal russo Adamovitch evidenziano che «Quest'anno è il "ghiaccio vecchio", essenziale al mantenimento del clima mondiale, che si scioglie nel Mare di Beaufort, mentre durante gli anno '70 e '80, il ghiaccio vecchio, con un'età di 4 anni o più, in estate rimaneva intatto». IL riscaldamento globale sta quindi intaccando quella parte di banchisa "eterna" e sciogliendo a velocità inusuale l'area dei ghiacci derivanti.
I ricercatori russi, probabilmente nel tentativo di tranquillizzare un'opinione pubblica sempre più spaventata da disastri climatici che colpiscono un Paese impreparato e non attrezzato, che scopre tutte le debolezze nucleari, chimiche e militari di quella che credeva di essere una potenza mondiale rinascente, sembrano dimenticare il quadro globale, rinserrandosi nella loro pur enorme casa assediata dal fumo e dal caldo: dagli anni '80/'90 lo scioglimento della banchisa artica si è accelerato e nel settembre 2007 la banchisa era ridotta a 4,3 milioni di km2, un anno dopo aveva recuperato, ma solo 0,4 milioni di km2. Nel 2009 l'aumento della banchisa era stato più sostanzioso: il 21% in rapporto al minimo del 2007, raggiungendo i 5,2 milioni di km2, sollevando l'esultanza di Roshydromet , il servizio federale per l'idro-meteorologia e i controlli ambientali della Russia. MA questo, come ammette lo stesso Roshydromet, non toglie che la banchisa fosse sempre inferiore del 17% alla normalità ormai superata e dimenticata dei 6,3 milioni di km2.