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[16/08/2010] News
E' nelle città che ormai vive più della metà della popolazione mondiale. E sono proprio le città il sistema più complesso che la società umana abbia mai realizzato. Quasi come sistemi organici e biologici si alimentano di energia, di materia, di informazioni. Le trasformano per produrre altri beni, servizi e altre informazioni, le metabolizzano e le scartano producendo rifiuti, scarichi, emissioni di CO2 e altri agenti climalteranti.
Ogni città ha caratteristiche diverse, anche se la tendenza dell'ultimo secolo è stata verso un'uniformazione ossia edifici uguali un po' ovunque, pochi spazi collettivi, poche aree verdi e pianificazioni urbanistiche conformate a sistemi energetici (compresi quelli di mobilità e trasporto) fondamentalmente improntati sulle fonti fossili.
Partono proprio dalla convinzione che la città fatta e vissuta dagli uomini possa avere un ruolo fondamentale per la svolta verso la sostenibilità Andrea Poggi e Maria Berrini - il primo vice presidente di Legambiente e responsabile della direzione nazionale di Milano e la seconda architetto e presidente della fondazione dell'Istituto di ricerche Ambiente Italia - i due autori di "Green life. Guida alla vita nelle città di domani".
Perché è nella città "che si dovrà iniziare a consumare meno energia inquinante, usare risorse rinnovabili o riciclabili, muoversi più facilmente a piedi, in bicicletta o in metropolitana, costruire case più efficienti, coltivare il verde, decidere liberamente come cambiare la propria vita. L'alternativa è la decadenza della città".
E per far questo c'è bisogno dell'impegno di tutti gli uomini e le donne: i cittadini diventando consapevoli e modificando il loro stile di vita; ma soprattutto delle istituzioni sociali, economiche, amministrative locali, statali e pure globali, che finalmente indirizzino le loro politiche verso una riconversione ecologica dell'economia, fornendo anche servizi sempre più sostenibili.
Il testo di Andrea Poggi e Maria Berrini racconta una road map possibile e auspicabile per il nostro futuro: attraverso esempi concreti e buone pratiche disegna uno "stradario immaginifico" a uso e consumo dei cittadini e degli amministratori.
Dall'energia alla mobilità, dalle nuove tecnologie dell'abitare alle ultime applicazioni del consumo critico e responsabile, capitolo per capitolo il libro illustra una serie di esperienze realizzate e possibili per una nuova città. Riporta le esperienze di Copenaghen, di Amsterdam, del quartiere di Rieselfeld a Friburgo, di Bike City e di Bike City 2, di Vienna, del piano di Stoccolma e contemporaneamente richiama la situazione e le beghe italiane (che, fra l'altro, fanno affiorare la pochezza culturale e teorica dei pochi progetti urbanistici delle nostre metropoli).
Il traffico delle città italiane, per esempio, è uno dei fattori che ha più condizionato lo sviluppo urbano. I trasporti pesano per il 34% sui consumi finali di energia e per il 23% sulla CO2 annuale. La gran parte degli spostamenti di merci e di persone avviene su automobili e su camion. Il 90% dei consumi energetici e delle emissioni di gas serra è causato dai trasporti.
Nelle città è soprattutto l'automobile privata che fa da regina: ingombra lo spazio pubblico, le vie, le piazze, i marciapiedi e anche le piste ciclabili, diminuisce la velocità degli spostamenti (più macchine più lentezza) ed è diventata argomento di discussione che divide i cittadini - compresi gli amministratori - in posizioni contrastanti sulle questioni locali
Quante volte si legge sulle cronache dei quotidiani le polemiche fra chi vorrebbe pedonalizzare una piazza e chi invece vorrebbe mantenerla a parcheggio o fra chi accusa la pista ciclabile di sottrarre i posti auto ai residenti o ai villeggianti delle riviere.
Pensare però che nessun uomo e nessuna donna è riducibile a una categoria sia essa pedone, sia essa ciclista, sia essa automobilista o motociclista: siamo esseri umani che forse gradirebbero la maggior libertà di movimento con i propri piedi o con ciò che più conforme alle proprie esigenze del momento. E che gradirebbero aria più pulita e meno inquinata in tutti i sensi se alcuni servizi fossero forniti e se la maggioranza dei cittadini cominciasse a sentirle come esigenze essenziali.
Per non parlare poi del fatto che più le vie sono trafficate più la socialità viene a mancare: si conoscono meno gli abitante del quartiere, non ci si ferma a parlare nelle piazze e i bambini non giocano più all'aperto. Il traffico da un certo punto di vista ha ucciso la piazza, un tempo luogo di ritrovo e i quartieri costruiti attorno al modello urbano dell'automobile (villette a schiera, giardini recintati, garage privati) hanno reso lo spazio pubblico quasi deserto. Le vie diventano anonime, tutte uguali e trasmettono insicurezza. Con la conseguenza che la nostra vita si trincea ancora di più al chiuso (persino la spesa e la passeggiata viene fatta fra delle mura nei mega centri commerciali dove si può trovare di tutto).
Nel mentre il traffico, l'auto privata ci privano della socialità e in parte anche della consapevolezza di una res pubblica, l'attenzione dei mass media e anche della politica si limita a considerare solo le conseguenze sulla salute del traffico.
Ma il problema del traffico non si risolve esclusivamente con l'auto pulita, l'auto a idrogeno (che fra l'altro è un vettore e non una fonte di energia) o quella elettrica. E' attraverso la scelta intelligente e conveniente di un nuovo stile di mobilità che potremmo cominciare a intravedere la soluzione del problema. E non solo quello dello smog, ma anche quello della sicurezza. E' anche attraverso il rendere fruibili le strade da parte dei pedoni, il fornire mezzi di trasporto pubblico ed efficiente che si può rendere le città più vivibili.
Certo, i comportamenti individuali da soli non potranno mai fare la differenza, ma sicuramente "l'indispensabile acceleratore della trasformazione saranno le comunità nel loro insieme": l'evoluzione verso nuove scelte di consumo e di vita rispondono tanto alle determinazione dei singoli quanto dalle politiche che le rendono accessibili e convenienti.
Per queste ragioni occorre che le istituzioni pubbliche (nella più ampia accezione del termine di governance, comprese le scuole responsabili di una formazione adeguata e appropriata) indichino la strada e costituiscano le infrastrutture per la sostenibilità, come l'ambiente urbano, i mezzi pubblici, gli spazi collettivi, la raccolta differenziata, i servizi sociali.
Senza dimenticare le normative tecniche, le informazioni al consumatore, le regole di mercato e le norme fiscali che devono rendere evidenti le scelte socialmente desiderabili atte a garantire le scelte socialmente desiderate.
Cero è che non c'è e non ci potrà mai essere un'unica soluzione in campo. Anche perché ogni area geografica, ogni paese e ogni quartiere nel mondo rappresenta una realtà diversa con potenzialità e criticità differenti. Occorre però rendersi conto che le battaglie si svolgono nelle città e non solo su un fronte. Perché le città sono i laboratori in cui mettere alla prova le strategie per la sostenibilità ambientale sociale ed economica.