[27/08/2010] News
LIVORNO. Su richiesta del governo della Nigeria il Programma dell'Onu per l'ambiente (Unep) sta conducendo da diversi mesi un'indagine sull'origine delle fughe di petrolio nell' Ogoniland, nel Delta del Niger, una delle aree più colpite da una marea nera continua e un disastro ambientale ed umano (praticamente ignorati) che rendono lo sversamento plurimensile della Bp nel Golfo del Messico un episodio trascurabile.
L'Unep ha dovuto smentire le notizie rilasciate dalla stampa locale ed internazionale che questo studio era ormai terminato: «L'inchiesta dell'Unep ha necessitato di sforzi senza precedenti per studiare l'insediamento, la natura, l'estensione e l'impatto ambientale degli inquinamenti petroliferi nell'Ogoniland - ha detto Nick Nuttasi, portavoce dell'Agenzia Onu - Fa parte di un obiettivo a lungo termine per la bonifica di siti contaminati a beneficio delle comunità locali e delle persone che vivono nell'area del Delta del Niger e per lo sviluppo sostenibile della regione».
Evidentemente a molti dà fastidio proprio questo e la presenza dei team scientifici dell'Unep che stanno raccogliendo campioni di acqua, terreno e sedimenti, vegetali ed animali in una delle aree a maggiore densità di traffici illegali della Nigeria e non vedono l'ora di sbarazzarsene. Per questo L'Unep ricorda non pubblica mai nessun risultato parziale ma «Attende la pubblicazione all'inizio del 2011 del rapporto finale, compilando tutti i risultati delle analisi scientifiche e presentando delle opzioni concrete al governo della Nigeria e a tutte le parti interessate, per condurre a meglio le operazioni di pulizia».
Sono probabilmente proprio "le parti interessate" (non sempre in modo trasparente e legale) che nelle ultime settimane hanno scatenato sui media una campagna disinformativa per dire che l'Unep aveva ormai concluso che il 90% degli sversamenti di idrocarburi nell'Ogoniland sono causati da attività criminali (leggi attentati dei ribelli del Mend e di altri gruppi autonomisti/indipendentisti) e dal bunkering, cioè dall'attingimento illecito agli oleodotti per rubare parte del petrolio in transito.
L'Unep ricorda che chi ha pubblicato quei dati dovrebbe «Chiaramente indicare che queste cifre sono delle stime ufficiali del governo della Nigeria, basate in parte sui dati forniti all'industria petrolifera».
Insomma, l'Unep fa capire (senza dirlo diplomaticamente) che quei dati che qualcuno vorrebbe attribuirgli , che incolpano guerriglieri, contrabbandieri e la povera gente che approfitta degli sversamenti per fare scorta di petrolio (e spesso muore nelle esplosioni della condotte), fanno comodo alle multinazionali del petrolio e allo stesso governo che gli ha commissionato lo studio per discolparsi di una tragedia petrolifera e gasiera che ha pesantemente inquinato uno degli ambienti più ricchi di biodiversità del pianeta e trasformato una possibile ricchezza in una predazione senza ritorno e in una strisciante guerra civile ed etnico-religiosa con ripercussioni internazionali.
Il programma ambientale dell'Onu è costretto a fare uno strappo alla sua tradizionale diplomazia e sottolinea che «Questi dati non costituiscono assolutamente le conclusioni dell'indagine condotta dal'Unep. Non rientrano più nella valutazione alla quale fa riferimento attualmente l'Unep e le cui conclusioni ufficiali si conosceranno all'inizio del 2011. Tutti i collegamenti che potrebbero esserci tra l'inchiesta condotta dall'Unep e questi dati che provengono dal governo della Nigeria sono erronei, come le responsabilità che potrebbero essere attribuite sulla base di questi dati. Tutte le parti, all'interno ed all'esterno della Nigeria riconoscano questo fatto e rispettino il team e il lavoro scientifico in corso, realizzato in tutta indipendenza, integrità e trasparenza».
L'Unep poi ricorda «La fiducia di cui gode tra la comunità internazionale, dopo essere intervenuta in numerose regioni difficili del mondo, come i Balcani, l'Afganistan, la Striscia di Gaza o il Sudan». Insomma, detto in maniera felpata ma insolitamente dura: non ci fate certo paura, siamo abituati alle minacce armate, figuriamoci alle campagne di stampa e non ci prestiamo ad operazioni di greenwahing.
Infatti, i maggiori destinatari della nota dell'Unep sembrano proprio i finanziatori della sua inchiesta, evidentemente "delusi" dei primi dati che emergono e che serviranno ad attribuire colpe e risarcimenti per la eterna marea nera del Delta del Niger. Spiega l'Unep: «Per assicurare l'indipendenza e l'integrità dell'inchiesta in corso, il suo finanziamento è stato negoziato con il governo della Nigeria e la Shell petroleum development company (Spdc) Nigeria, conformemente al principio "chi inquina paga", è la Shell che ha preso in carico il costo di questa inchiesta dell'Unep, stimato in 9,5 milioni di dollari».
Probabilmente alle multinazionali petrolifere e ad un bel pezzo del governo nigeriano che traffica con le Big Oil è quel "chi inquina paga" che fa paura, per questo tentano di scaricare tutte le colpe sui "sabotatori", ammaestrati dagli stratosferici indennizzi che la Bp si appresta a pagare nella ricca costa del Golfo del Messico e che nel Delta del Niger, lontano dalle televisioni occidentali, possono essere scaricati su guerriglieri e povera gente che muore in fila con taniche in mano e bacinelle sulla testa per raccogliere poche gocce della ricchezza che passa dai tubi che portano l'oro nero nel mondo e che inquinano il loro Paese e le loro vite.