[01/09/2010] News
Il concetto di finanziarizzazione dell'economia, trova nell'ultimo lavoro di Luciano Gallino "Con i soldi degli altri" la sua più completa spiegazione, comprensiva di numeri e di dati. E' da questa fotografia tecnica che il professore di Sociologia dell'università di Torino parte per spiegare da una parte la crisi mondiale e quelle che ci attenderanno, se non attueremo l'auspicata riconversione, dall'altra però riconosce proprio nel cuore della finanziarizzazione dell'economia - cioè i fondi istituzionali, che rappresentano l'80% dei movimenti di borsa - la leva per uscire da un modello economico che ha dimostrato tutta la sua fallacia.
«Paradossalmente il sistema finanziario mondiale ha subito una trasformazione da strumento dell'economia reale a suo padrone - spiega Gallino - e in luogo di sostenere la prima, il risparmio risulta da ultimo impiegato contro di essa».
Ma andiamo con ordine, partendo proprio dalla definizione di investitori istituzionali: termine generico con il quale si indicano quegli enti che operano professionalmente nell'investimento di denaro altrui sui mercati finanziari, e che hanno assunto nel corso degli ultimi vent'anni un peso sproporzionato nell'ambito dell'economia globale. Gli investitori istituzionali, nel dettaglio, sono i fondi pensione, i fondi di investimento comuni, le compagnie di assicurazione, le fondazioni... enti accanto e dietro ai quali operano spesso le banche.
«Una massa enorme di denaro equivalente al Pil del mondo - spiega Gallino - viene al presente gestita senza alcun controllo di merito né alcuna valutazione di responsabilità nei confronti di qualunque soggetto»: Si tratta dei risparmi di cittadini e lavoratori comuni, che affidano i loro risparmi a questi investitori istituzionali, ma «i gestori si ritengono responsabili soltanto nei confronti dei risparmiatori che hanno acquistato quote del loro fondo, e agiscono a loro vantaggio senza curarsi delle conseguenze a carico di altri soggetti. Agiscono sotto ogni profilo come fossero dei proprietari, pur non essendolo da un punto di vista formale: sono dei capitalisti per procura». La definizione di ‘capitalisti per procura', che è anche il sottotitolo del libro di Gallino, fa il paio con un altro azzeccato slogan, che in realtà è stato soltanto ripreso da Gallino: si tratta dal «socialismo (mancato, ndr!) dei fondi pensione» coniato da Peter Drucker.
«Piccoli risparmiatori e individui super-ricchi condividono - spiega Luciano Gallino - la sorte di non contare nulla, gli uni come gli altri, nella gestione del capitale affidato agli investitori (...) Tra i proprietari originari del capitale, e i manager che lo gestiscono essendo a capo di un investitore istituzionale, il potere di intervenire viene trasmesso per procura o per delega in misura totale (...). Mai tanto potere economico è stato concentrato, per vie legali e istituzionali, nelle mani di così pochi individui, come sono i capitalisti per procura; e mai esso è stato esercitato in modo altrettanto poco visibile e comprensibile per le popolazioni del mondo su cui ricadono le conseguenze delle loro strategia».
La strategia, spiega Gallino, è sotto gli occhi di tutti: il sistema economico globale è impegnato a soddisfare i bisogni artificiali del quarto di umanità benestante, dopo averli esso stesso creati con scienza e metodo, intanto che si dimostra del tutto inadeguato a soddisfare i bisogni di sussistenza dei tre quarti di popolazione al fondo della piramide e del reddito della ricchezza.
Ed è qui che si inserisce la vena propositiva del sociologo torinese, secondo cui una riconversione ecologica e sociale dell'economia passa giocoforza da una riconversione della finanza, non tanto attraverso regole e paletti, quanto piuttosto in un reindirizzamento della strategia degli investitori istituzionali in tre direzioni: la prima linea si collega alla nozione di "Investimento responsabile": giacché posseggono gran parte dell'economia mondiale, gli investitori istituzionali dovrebbero preoccuparsi della salute complessiva dell'economia. Non soltanto della salute economica delle singole imprese. «una politica d'investimento più mirata - prosegue Gallino citando la seconda linea di intervento - consiste nell'indirizzare i capitali-risparmio alla produzione di beni pubblici, a cominciare da infrastrutture urbane di varie genere, dalle scuole ai trasporti». Infine la terza linea di politica economica e sociale muove dall'assunto che il capitale accumulato nei portafogli degli investitori istituzionali rappresenta, per la maggior parte, reddito da lavoro accumulato.«Perciò dovrebbe essere impiegato prioritariamente allo scopo di migliorare le condizioni di lavoro nel mondo. Indirizzando diversamente quel capitale di cui i lavoratori sono i reali ma impotenti proprietari, si potrebbe creare occupazione mediante investimenti produttivi a lungo termine, piuttosto che creare denaro con investimenti speculativi a breve termine come avviene oggi».
Possibilità concrete di una riconversione virtuosa del sistema finanziario? Per Gallino un'opportunità l'abbiamo già persa nel 2008, quando a Washington si riunì il "gruppo dei Venti": ma a fronte di una premessa in cui si riconoscevano le ragioni della crisi mondiale proprio nella sregolatezza dell'economia finanziarizzata, alla fine «la dichiarazione del G20 è una prova dello stato di subordinazione - o se si preferisce di rassegnazione politica - nel quale i governi hanno deciso di collocarsi nei confronti degli attori dominanti della finanza globale».
Ciò nonostante Gallino uno spiraglio lo vede: un primo effetto della crisi del 2008 e «del palese impazzimento del clima» infatti è stato «aumentare di molto la quantità di persone» che giudicano insopportabili e insostenibile «una crescita economica senza limiti che prescinde irresponsabilmente dai suoi contenuti».