[02/09/2010] News

Il fotovoltaico, un investimento per il futuro

L'industria fotovoltaica sta passando dalla fase dei pionieri a quella dei prodotti commerciali: dai 5mila megawatt installati nel mondo fino al 2005, si è passati a installarne 6mila nel 2008, 7.200 nel 2009 e, si stima, oltre 10mila nel 2010. E non solo in Europa, anzi con tassi di crescita attesi maggiori in Estremo Oriente e Stati Uniti. Investimenti impressionanti, con previsioni di mercato costantemente riviste al rialzo: il fotovoltaico, uscito dalla fase della sperimentazione, affronta con decisione quella dell'industrializzazione, con innovazioni tecniche continue e riduzione di costo che non si potevano immaginare solo cinque anni fa. Grazie soprattutto alla determinazione con cui alcuni paesi hanno sostenuto le imprese del settore, riconoscendone le prospettive di lungo periodo.

COSTI IN DISCESA

Se si ha a cuore l'efficienza del settore dell'energia, ha senso stimolare scelte efficienti di investimento. Non ha senso, invece, criticare la scelta di investire: è già stata presa. E non per un capriccio di qualcuno, ma sulla base di una politica intelligente e certamente vincente nel lungo periodo assunta dall'Europa, mirata a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili, l'impatto del settore sull'ambiente, sostituire costi di combustibili con lavoro e tecnologia locali, promuovendo lo sviluppo. Certo, è possibile attendere che l'affrancamento dai combustibili fossili sia fatto per necessità tra venti o trent'anni quando non si avrà altra scelta, ma è forse più opportuno gestirlo con gradualità, consentendo di sviluppare tecnologie alternative per tempo. Questo può portare benefici in termini di competitività dell'industria manifatturiera, come testimonia l'impegno tedesco e cinese, ma anche stabilizzare i costi futuri, visto che il fotovoltaico, come molte delle fonti rinnovabili, non ha l'incognita combustibile: fattori di valore per l'efficienza di un'economia.
Secondo le previsioni di tutti gli osservatori qualificati, grazie ai processi innovativi in atto, il costo del MWh sarà competitivo con quello delle fonti fossili. Difficile dire se accadrà tra cinque, dieci o quindici anni, ma la dinamica dei costi dell'ultimo triennio ha sorpreso tutti: oggi un'impresa come First Solar comunica di poter vendere impianti chiavi in mano ben al di sotto dei 1.800 euro/kW, mentre il riferimento di mercato tre anni fa era almeno doppio. Ma il prezzo lo fa il costo dell'impianto marginale, per cui i prezzi faticano a seguire i costi, in presenza di capacità produttiva scarsa. Sembra incredibile, ma la riduzione delle tariffe in Germania dal 1 luglio, compresa tra il 10 e il 16 per cento, non ha avuto l'effetto di freno che ci si attendeva e quest'anno il mercato tedesco continuerà a crescere, in modo anche eccessivo (oltre 5mila MW installati attesi).
Gli investimenti di settore in Italia sono stimati oltre i 3,5 miliardi di euro per il 2010, non più un ambito marginale. Il MWh fotovoltaico che nel 2007 in Italia costava 430 euro, oggi ne costa 290: quale aiuto all'innovazione poteva essere più efficace? Sono nate centinaia di nuove imprese e uno degli effetti collaterali del programma è stato anche quello di far fiorire iniziative di ricerca che non si era riusciti ad avviare mai prima d'ora, con prospettive finalmente concrete anche per la ricerca italiana. Sembra paradossale, ma in questo settore tutti i programmi di supporto alla ricerca del passato hanno dato risultati deludenti, si pensi solo all'esito infausto e vergognoso di Industria 2015, mentre l'interesse delle nuove imprese del settore, italiane e straniere, ha sostenuto la nascita e lo sviluppo di molte realtà innovative. L'aver attratto investitori stranieri è un risultato positivo in una prospettiva di mercato: si sono acquisite competenze in modo rapido, facendo crescere il mercato molto prima di quanto si sarebbe potuto fare con le sole forze imprenditoriali interne.

GUARDARE AL FUTURO

La ratio del Conto Energia è chiara: l'impianto riceve un premio per venti anni, ma tutto lascia prevedere che rimarrà in esercizio anche successivamente, fornendo energia, e soprattutto potenza, nei momenti di punta, praticamente gratis. L'impianto più vecchio in Italia di cui io abbia conoscenza ha 28 anni e ha ancora prestazioni in linea con le garanzie fornite oggi dai produttori (80 per cento della produzione iniziale dopo 25 anni). Se e quando si dovranno smontare gli impianti, il costo di smantellamento a fine vita sarà negativo, secondo le stime effettuate: il valore di vetro, silicio e metalli è superiore al costo per la loro raccolta. Un investimento di lungo periodo per la comunità nazionale, ma privo di rischi e con rendimento sicuro. E l'energia necessaria per costruire e installare un pannello è restituita da esso in meno di due anni.
Ma la valutazione sull'opportunità di investire in questa fonte non può basarsi solo sulla convenienza attuale e prescindere da una considerazione di prospettiva: il fotovoltaico è la fonte con le migliori prospettive di riduzione di costo nel lungo periodo: avrebbe senso rimanere fuori da un settore così attraente sul piano industriale? No, a parere di chi scrive, anche se è cruciale lavorare su un progetto di lungo periodo, che possa essere efficiente nel gestire la fase di sostegno, perché non risulti eccessivamente onerosa. Ma le imprese più intraprendenti hanno compreso che il Conto Energia è un modo per ridurre i loro costi di approvvigionamento elettrico, non per aumentarli: quando realizzano un impianto possono ottenere energia gratis per le proprie attività produttive. Il problema può essere il trasferimento dal surplus dei consumatori a quello dei produttori, sostenuto dal nuovo Conto Energia con la riduzione del 6 per cento annuo dal 2012 dei premi riconosciuti. Ma anche su questo, siamo laici. L'onere annuo che si va ad accumulare sta divenendo importante (344 milioni di euro nel 2009, che possono divenire 800 a fine 2010) e ci impegna per venti anni, ma è la pagliuzza rispetto alla trave, se confrontato con altre inefficienze di regolazione del settore (si pensi all'utile post tasse delle cinque maggiori utility elettriche nel 2009, di quasi 7 miliardi di euro). L'afflato per l'efficienza di settore dovrebbe indirizzarsi altrove, per incominciare. Il meccanismo di incentivo ha limiti chiari e dovrebbe essere migliorato, ma facciamo attenzione a non gettare il bambino con l'acqua sporca, è lui il nostro domani.

* E' professore associato presso il Dipartimento di Ingegneria Elettrica dell'Università degli Studi di Padova nel raggruppamento SECS-P06 Economia Applicata. E' anche Direttore di Ricerca presso l'Istituto di Economia e Politica dell'Energia e dell'Ambiente (IEFE) dell'Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano, con cui collabora dal 1993 su temi di ricerca legati all'uso delle risorse energetiche ed in particolare l'economia e l'organizzazione del sistema elettrico, la promozione e lo sviluppo delle fonti rinnovabili di energia.

Tratto da lavoce.info

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