[03/09/2010] News

Risolto il nuovo incidente petrolifero del Golfo del Messico, ma l’offshore conferma tutti i suoi rischi

LIVORNO. E' stato spento l'incendio innescatosi dopo l'esplosione della piattaforma offshore Vermillion Oil Rig 380 nel Golfo del Messico, a 160 km a sud di Vermilion Bay, in Luisiana, ma le polemiche sul petrolio si sono nuovamente infiammate. Secondo il capitano della Guardia Costiera Usa Peter Troedsson «L'incendio è stato estinto, gli elicotteri dei guardiacoste sono sul luogo e le immagini del sito non indicano nessun tipo di sversamento visibile in acqua. Non ci sono tracce di fughe, però continueremo ad indagare e a controllare la situazione per essere sicuri che questo non cambi». Un pilota di un elicottero aveva segnalato sulla superficie del Golfo un'iridescenza da petrolio di oltre 1,5 chilometri di lunghezza e circa 30 metri di larghezza proveniente dalla piattaforma. Ma la Guardia Costiera non è riuscita a rintracciarla.

La Mariner ha dichiarato che al momento dell'incidente la piattaforma non era in produzione di petrolio o gas. Ma secondo quanto ha detto alla Cnn Steve Lehmann, Petty Officer della Coast Guard di New Orleans, almeno durante l'ultima settimana di agosto, l'impianto era in piena attività per produrre circa 260.500 m3 di gas e 1400 barili di petrolio al giorno.

Non si tratta di una piattaforma di profondità galleggiante come quella della Bp, visto che opera a soli 130 metri ed è ancorata al fondo, quindi anche gli interventi di riparazione sulle strutture sommerse dovrebbero essere più facili.

L'incidente ha fatto  molta impressione in tutto il mondo perché è avvenuto a meno di 5 mesi da quello della piattaforma Deepwater Horizon della Bp - costato ufficialmente, notizia di oggi, 8 miliardi di dollari - e si temeva un'altra marea nera, ma probabilmente si dovrebbe parlare di un evento routinario nell'attività petrolifera statunitense.

Che cosa è accaduto esattamente lo spiega bene "New Scientist": «Il primo rapporto di un incendio su una piattaforma di proprietà della Marine Energy è arrivato alle 14,20 GMT di giovedì. Le valvole di sicurezza sembrano aver chiuso il pozzo e i 13 gli uomini sulla piattaforma si sono tutti lanciati fuoribordo per salvarsi. La maggior parte era in tuta di sopravvivenza, e nessuno ha subito lesioni importanti. Il fuoco è stato estinto». E' il contorno dell'incidente che è preoccupante: la Mariner Energy  si definisce: «Uno dei leader indipendenti della produzione di petrolio e gas nel Golfo del Messico. Al 31 dicembre 2009 , la società era interessata approssimativamente a 240 blocchi sulla piattaforma continentale e a 100 blocchi in acque profonde. Circa l'85 % della produzione della società proviene dall'offshore, con una quota crescente di quella proveniente da acque profonde, come dallo sviluppo in deepwater di Geauxpher, Bass Lite e Northwest Nansen».

Quindi la piccola e indebitata (e in vendita) Mariner Energy è attiva in pozzi profondi a rischio di incidenti che al gigante petrolifero Bp sono costati mesi di lavoro e tanti dollari che la Mariner Energy non potrebbe mai sognarsi di avere. La Mariner Energy svolge anche attività onshore, concentrate nel Permian Basin e nella costa del Golfo , che forniscono alla società quasi 1.100 miliardi di piedi cubici equivalenti di riserve certe (a fine 2009). Al 31 dicembre 2009, la società deteneva partecipazioni in concessioni per più di 185.000 acri, principalmente nel Permian Basin e nella Gulf Coast: «Le operazioni si concentrano sulla perforazione ed esplorazione, con  più  di mille 1.000 luoghi di perforazione potenziali per la company holding». La Mariner opera nel Golfo dal 1996, in acque profonde dai 1.300 ai  7.100 piedi ed ha partecipato alla realizzazione di più di 80 pozzi in acque profonde: «Le nostre esplorazioni in acque profonde hanno come target le grandi riserve potenzialmente accumulate che sono solitamente accessibili nella piattaforma continentale del Golfo del Messico».

La Nariner  ha partecipazioni in più di 90 blocchi petroliferi in acque profonde ed ha partecipato a oltre 35 progetti di questo tipo. Inoltre è fra le imprese titolari della più grande concessione nelle acque più basse della Gulf Mexico Shelf  e nel 2009 aveva partecipazioni in circa 240 contratti di locazione federale e in più di 30 state blocks.

Le statistiche rese note dalle stesse Agenzie governative statunitensi dicono che quello della Vermillion Oil Rig 380 non è un caso isolato: da 2006 nel solo Golfo del Messico ci sono stati ogni anno più di 100 incendi ed esplosioni a bordo di piattaforme, la maggior parte sono stati direttamente dai lavoratori, senza dover evacuare il personale, comunque non si tratta certo di episodi banali, ma della.

Secondo Jackie Savitz, uno scienziato dell'associazione ambientalista Oceana, quanto accaduto  dimostra che «Non c'è bisogno di essere in acque profonde per avere un incidente, per questo bisogna proibire in modo assoluto le trivellazioni offshore».

Ma le compagnie petrolifere temono che questo ennesimo episodio spinga ad una moratoria ben più pesante ed estesa di quella temporanea stabilita per l'offshore profondo da Obama. Con incredibile e imbarazzante "tempismo" proprio la Mariner Energy aveva attaccato la moratoria il giorno prima del nuovo incidente: «Siamo nell'industria del petrolio e del gas da 40 anni  e questa Amministrazione sta cercando di distruggerci - aveva detto la portavoce della Mariner, Barbara Dianne Hagood, in un'intervista al Financial Times - Questa moratoria, se sarà imposta, porterà ad un disastro finanziario per la Gulf coast, per i lavoratori della Gulf coast e per i residenti della Gulf coast». Il disastro c'è stato davvero: quello di immagine ed efficienza dato dalla Mariner Energy.

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