[03/09/2010] News

Economia finanziaria piĆ¹ sostenibile: l'Europa batte un colpo (anche due o tre)

LIVORNO. Sarà che di questi tempi ci si accontenta, ma l'accordo tra Europarlamento, Commissione e Consiglio sulla nuova vigilanza dei mercati finanziari è una buona notizia. Primo perché l'Ue non si è spaccata su un tema così importante e non ha prevalso, anche se ha contato sull'esito finale, il nazionalismo oramai non più solo strisciante nel vecchio continente. Secondo perché per quanto ne possiamo capire noi leggendo il Sole24Ore, dal primo di gennaio del 2011 entreranno in gioco ben tre Authority di vigilanza europee (su banche, assicurazioni e mercati) e un organismo di vigilanza sui rischi sistemici.

In pratica, come scrive Adriana Cerretelli, è prevalsa una logica di principio per noi assai condivisibile e da tempo auspicata: «l'europeizzazione progressiva di un sistema che, in dimensione solo nazionale, si è dimostrato inadeguato a fare bene i conti con la finanza globale e lo ha ampiamente dimostrato».

Se aggiungiamo a questo la doppia iniziativa francese, quella di cui abbiamo parlato mercoledì, ovvero un piano comune Ue, di cui ne farà una priorità durante la sua presidenza al G20, per regolare i mercati delle commodity e regolare i derivati al pari di quello che si sta tentando di fare per i derivati sui prodotti finanziari; e quella già in corso per trovare un indicatore diverso dal Pil per misurare il benessere, ci accorgiamo che davvero qualcosa si sta muovendo.

Anche perché come dicevamo ieri anche il responsabile all'Industria, Antonio Tajani, ha affermato che per una svolta economica dell'Ue bisogna ricorrere «a un'economia più intelligente basata su ricerca e innovazione e formazione. Più sostenibile in termini di efficienza energetica e ambientale. Più sicura negli approvvigionamenti di materie prime».

Questione basilare rilanciata oggi anche dal Sole24Ore con l'intervista a Padoa Schioppa le cui risposte possono essere un manifesto della moderna ecologia: «La crescita in sé non dovrebbe essere un obiettivo assoluto, ma non va nemmeno demonizzata, come alcuni giovani fanno. Bisogna parlare di crescita sostenibile: quella pre-crisi non lo era perché poggiava su debiti crescenti e finanza avventurosa. Ora dobbiamo cercare un percorso diverso, che tenga conto anche della sostenibilità ambientale, dell'uso delle risorse naturali, delle diseguaglianze sociali. La politica economica deve senz'altro proporsi un tasso di occupazione elevato, ma non è detto che questo si riassuma in un tasso di crescita elevato. Pensare che drogare il Pil sia l'unico modo per tornare a creare posti di lavoro può essere sbagliato».

Serve altro, volendo c'è e il messaggio arriva dagli Usa attraverso le dichiarazioni del presidente della Federal Reserve Ben Bernanke che ha detto esplicitamente che contro le bolle non serve la politica monetaria ma regole e maggiore supervisione. Dichiarazioni che hanno fatto già gridare alla fine o almeno al rinnegamento del laisser faire proprio della Fed. Di nuovo siamo di fronte a un puzzle che si è ricomposto - in Occidente sia chiaro poi se si volesse far funzionare davvero si dovrebbe allargare all'intero pianeta - un puzzle che mostra chiaramente la fine di un modello economico che ha fallito. E che ne fa intravedere uno almeno possibile sulla carta e almeno da fissare come obiettivo.

La sensazione, però, è ancora che ognuno tenga nella sua stanzetta la sua tessera e abbia chiuso la porta. E' tempo che queste porte, dunque, si aprano in modo che completato il puzzle - e azzeccata l'analisi - tutti si muovano nella medesima direzione.

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