[08/09/2010] News toscana

Sull'esistenza di nuove periferie anche centrali all'interno delle nostre città

LIVORNO. Le considerazioni svolte domenica scorsa dal Direttore del Tirreno Bernabò in conseguenza dello scontro tra romeni e livornesi avvenuto la scorsa settimana, sembrano passate inosservate. Eppure, al di là delle problematiche di integrazione, della capacità o meno della comunità livornese di accogliere ed integrare, quell'intervento proponeva un problema forse rimosso, comunque alla radice anche dei fatti livornesi: l'esistenza di nuove periferie anche centrali all'interno delle nostre città.

Premesso che l'urbanistica da sola non risolve problemi economici e sociali, è indubbio che il degrado ed il disordine insediativo, l'esistenza di alloggi di scarsa qualità e funzionalità, il sovraffollamento, sono fattori determinanti per la creazione della periferia che oggi, nuovamente, non si misura in distanza dal centro, ma in distanza da servizi, vivibilità.

Le nostre città però sono il frutto di un percorso di riallocazione di popolazione più capiente, in termini economici, in nuovi quartieri (sarebbe più corretto dire nuove case perché il termine quartiere presuppone l'esistenza di servizi pubblici e privati, di un mix di attività e funzioni, oltre che degli standard urbanistici accessibili a chilometri 0).

Ovviamente, se non possiamo aspettarci molto da un governo che è riuscito a prodotto solo un cosiddetto piano casa, funzionale a consentire l'ampliamento di edifici esistenti, cioè a favorire chi già ha, che così  potrà avere di più, quello che preoccupa è il silenzio, l'assenza di idee del fronte opposto, del centrosinistra, insomma.

Hanno lasciato decadere la 167del 1962 2 la 457 del 1978, sono andati ad esaurimento i contributi GESCAL e non si è trovata altra fonte di finanziamento dell'edilizia economica e popolare, dei PEEP. Si è preparata una sostanziale accondiscendenza agli interessi del capitale e della rendita fondiaria, al più si è assistito con sostanziosi finanziamenti pubblici realizzazioni di alloggi da porre sul mercato in affitto ma realizzati e gestiti a lungo termine da privati. Contestualmente si è dato addio ad una riforma del regime dei suoli e del regime degli espropri e della determinazione delle indennità di esproprio.

Il risultato è sotto gli occhi di tutti, si fanno seconde case al mare e in montagna, non si fanno case per la residenza ordinaria, non si costruiscono più quartieri completi di servizi.

Allora è preoccupante il silenzio politico a fronte della sollecitazione del Direttore del Tirreno Bernabò, è sconcertante il vuoto in materia. E' conseguenza razionale domandare una nuova legislazione che sancisca definitivamente la natura intrinsecamente pubblica della risorsa suolo in quanto anche paesaggio, che pertanto assegni indiscutibilmente al potere pubblico la potestà di stabilire le modalità di utilizzazione, conseguentemente di assegnare al possessore non già un diritto di proprietà ma un diritto d'uso, quindi di risarcire al medesimo il diritto d'uso in caso di acquisizione pubblica di questo.

E per esser chiari, in tutto questo, comunque lo si definisca, non c'è niente di rivoluzionario, più o meno è quanto avviene in Gran Bretagna, in Francia, in altri paesi europei.

Rimane il problema di capire  se esiste ancora qualcuno che vuole combattere questa battaglia, se ci si debba far carico di riconoscere che la lunga stagione del berlusconismo ha travolto anche lo schieramento politico e culturale opposto, se ci dobbiamo accontentare di respirare qualche boccata di aria pura ascoltando Settis, De Lucia o chi altri, se la Regione Toscana (come pare di scorgere dalle prime mosse della nuova Giunta) ha deciso di raccogliere la sfida di una nuova politica urbanistica.

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