[10/09/2010] News
FIRENZE. Il drammatico evento di ieri che è avvenuto in costiera amalfitana dove è straripato il torrente Dragone su cui ancora non è possibile fare un bilancio in termini di vittime, danni ed analisi delle cause, è avvenuto fatalmente nella ricorrenza decennale della tragedia di Soverato quando nella tra il 9 e 10 settembre del 2000, la piena del torrente Beltrame spazzò via il campeggio "Le Giare", in cui persero la vita 13 persone. Intendiamoci nessuna analogia, ma anche l'evento di ieri ci ricorda come il nostro territorio sia fragile ed il rischio idrogeologico elevato.
Molti sono stati gli episodi raccontati in questo decennio dai media di disastri simili che hanno portato lutti, danni alle infrastrutture e all'ambiente. Purtroppo è doveroso riconoscere che quasi costantemente le analisi fatte a "freddo" hanno attribuito all'uomo almeno una buona fetta di responsabilità dei disastri avvenuti. E infatti oggi è arrivata la notizia, fonte Ansa, che l'alluvione che la notte scorsa ha colpito Atrani era annunciata: la geologa Nicoletta Santangelo dell'Università di Napoli ha detto che l'acqua che in poco tempo ha gonfiato il fiume Dragone, ha raggiunto la zona del bacino idrografico dove avrebbe dovuto defluire, ma «il letto del fiume e' stato coperto con una strada e la parte finale edificata». Eppure è noto che questa zona viene colpita da alluvioni, osserva sempre l'esperta, che da 10 anni studia i bacini idrografici della Campania.
In un territorio come il nostro sarebbe davvero necessaria una peculiare attenzione nell'urbanizzazione che invece, in particolare in alcune aree del paese, si è sviluppata nel massimo disordine e senza i necessari controlli visto che in molti casi si è trattato di costruzioni abusive. Soverato in questo contesto rappresenta un eccezione alla regola perché si conosceva tutto ma per ignoranza si è sottovalutato il pericolo. Il campeggio si trovava esattamente all'interno dell'alveo del torrente, con regolare concessione periodicamente rinnovata; il Genio Civile aveva prima negato e poi attribuito la concessione sulla base di una perizia che indicava in 150 o 200 anni il tempo di ritorno di una piena nella stagione estiva. Così il campeggio si è strutturato e consolidato e la presenza del fiume è stata dimenticata fino a che il corso d'acqua non è tornato a riprendersi lo spazio che era suo.
Le perizie degli esperti sono state anche contrastanti ma certo in questo caso non si può parlare di responsabilità dell'evento straordinario ed imprevedibile. «La storia di Soverato può sembrare adesso, così raccontata, un episodio unico, una irripetibile mistura di avidità, ignoranza (delle più basilari nozioni di dinamica fluviale) e criminale leggerezza- hanno dichiarato dal Cirf (Centro italiano per la riqualificazione fluviale)- Una tragedia che per essere evitata non aveva bisogno di studi scientifici e complicati modelli idraulici ma solo di un po' di buon senso. E invece rappresenta un caso esemplare di come in Italia si sia operato in materia di gestione dei fiumi e difesa del suolo».
Difesa del suolo, spiegano dall'associazione, che è stata intesa come realizzazione di opere rigide e puntuali di ingegneria idraulica (briglie, difese spondali e muri) realizzate senza una valutazione a scala di bacino e senza definire le aree da lasciare libere dal cemento in cui i corsi d'acqua trovano lo spazio per divagare. Il rischio idrogeologico è aumentato perché hanno prevalso gli interessi economici (di pochi) sulla tutela del territorio che invece è interesse generale e non è stata nemmeno tentata la strada di un sensato equilibrio tra le varie esigenze. «L'anniversario dell'evento di Soverato è un'occasione per fare un serio bilancio di cosa si è fatto per migliorare le politiche di difesa del suolo nel nostro Paese, di cosa è cambiato in questi 10 anni-continuano dal cirf- Poco a Soverato, dove ancora non si conoscono con certezza le cause dell'alluvione, dove le strategie per aumentare la sicurezza consistono esclusivamente nella spesa di somme ingenti per pulizia dell'alveo, dove non è stato effettuato uno studio approfondito sull'intero sistema fluviale ma è stato realizzato un argine in moduli di cemento che difende certamente la strada dal torrente ma non il torrente dalle auto, dal momento che uno di questi moduli è ormai da anni spostato per consentire l'accesso a una strada, in pieno alveo, che porta a un rimessaggio di barche e a un locale notturno sorto a pochi metri dal luogo della tragedia! E poco è stato fatto anche nel resto dell'Italia, come emerge nel periodico ripetersi di eventi calamitosi e nell'incremento dell'entità dei danni provocati dalle inondazioni e delle spese ordinarie - per la manutenzione delle opere e straordinarie».
Il Cirf nella ricorrenza del tragico evento, ripete per l'ennesima volta la strada da imboccare sulle politiche di difesa del suolo: «da una parte si deve abbandonare l'utopia di una "messa in sicurezza" di tutto il territorio, imparando a "convivere" in maniera intelligente e programmata col rischio residuo, spesso inevitabile, attraverso la riduzione della vulnerabilità degli edifici all'inondazione, l'implementazione di un razionale sistema di strumenti assicurativi, il rafforzamento delle tecniche di previsione delle piene. Dall'altra bisogna inseguire una maggiore sicurezza non attraverso l'artificializzazione dei fiumi bensì incrementando la loro naturalità, eliminando una volta per tutte l'assurda convinzione che i due obiettivi siano tra loro in antitesi. Assecondare (dove le condizioni del territorio lo permettono) le dinamiche fluviali significa migliorare le condizioni dell'ecosistema e al tempo stesso ridurre il rischio idraulico e le spese. Delocalizzare strutture a rischio, puntare al riequilibrio del ciclo sedimentario, restituire spazio al fiume allontanando gli argini, incrementare la capacità di laminazione del reticolo idrografico minore sono solo alcune delle soluzioni possibili, sperimentate con successo in molti Paesi europei e ultimamente anche in qualche contesto italiano» hanno concluso dall'associazione.