[13/09/2010] News

Previsioni meteo-ecologiche: calma piatta all'orizzonte...

LIVORNO. Siamo all'impasse. E il problema è quello degli orizzonti. Del dove vogliamo andare e del dove vogliamo andare tutti insieme. L'impasse deriva dal fatto che la crisi economica impone un rilancio dei consumi in tutto il mondo, mentre la crisi ecologica pretende esattamente il contrario. Da qui la necessità di una riconversione ecologica dell'economia che però stenta a passare, nonostante per un periodo neppure tanto breve sembrasse chiaro che fosse la strada da seguire anche per ragioni strettamente finanziarie. Ma per una serie di ragioni questo orizzonte, con Obama nel ruolo di esempio mondiale, sembra messo da parte e ciò riporta alla situazione iniziale.

Ricette sicure, è bene dirlo, non ce ne sono. Ma se è vero che, come dice Mervyn King, governatore alla Bank of England, «la meteorologia, l'ecologia, l'epidemiologia e l'ingegneria dei sistemi dinamici stanno aiutando gli economisti», non è vero il contrario almeno per quanto riguarda l'ecologia. Come dimostra la riduzione delle emissioni di gas serra in Europa: siamo ormai a un passo dal raggiungimento dell'obiettivo comunitario del -20%, ma dipende in larghissima parte dalla crisi economica.

Quindi l'economia, per assurdo, aiuta l'ambiente allo stato attuale delle cose solo quando crolla. Pessima lezione. Perché come il ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo ha detto al Corriere della Sera questi risultati «Non sono frutto di quegli interventi strutturali necessari per emettere minori quantità di gas serra» e «Anzi, tutti ci battiamo perché ripartano i consumi e la macchina economica torni a girare. Ciò porterà inevitabilmente la situazione com'era prima». Appunto. Il gioco dell'Oca è servito e il pianeta non ringrazia.

Anche perché, come dicevamo alcuni giorni fa, non siamo più da un pezzo nell'era dei consumi, ma in quella dello shopping per lo shopping dove non si consuma più niente e si acquista soltanto. Oltre al fatto che lo shopping compulsivo riguarda solo i Paesi sviluppati e una parte della popolazione di quelli emergenti e non sappiamo quali conseguenze sociali ed economiche comporterà questo baratro che sta sempre più separando parti del mondo e quelle che una volta si chiamavano classi sociali. Un modello, quindi, quello attuale, che non si vuol mollare e che confrontato con la suddetta necessità di ridurre flussi di energia e di materia va a dir poco in corto circuito.

Viviamo quindi in un'era di profonda incertezza, tanto che Bauman ha affermato che «Non è solo il tempo dell'incertezza, ma anche l'epoca in cui più di altre l'uomo ne è pienamente consapevole». Incertezza e instabilità - spiega Sorrentino sul Sole24Ore di ieri - «mandano in frantumi molte idee consolidate. Non solo quella, superata da tempo, che l'economia tenda a un equilibrio - la forza del mercato è nella molteplicità dei suoi protagonisti - ma anche l'illusione di poter facilmente governare la complessità».

Un esempio spiega bene di che cosa si sta parlando: «Dopo il naufragio del Titanic - ha ricordato sempre Mervyn King - una nave a vapore, la S.S. Eastland, si ribaltò sul lago Michigan, uccidendo 850 persone, perché squilibrata dalle scialuppe in più imposte dalla regolamentazione post-Titanic». Così si arriva alla conclusione che «In un mondo complesso è difficile prevedere una crisi. Si possono indicare i sintomi, o le probabilità, come fanno i meteorologi con gli uragani, i geologi con i terremoti», sono parole di Giorgio Fagiolo dell'Istituto superiore Sant'Anna di Pisa, uno dei centri, con il Santa Fe Institute e l'Università dello Iowa, della scienza della complessità e dell'Agent-based computational economics (Ace).

Ma se stando dentro l'esempio del Titanic si viene a sapere che «La prima scoperta della spedizione che sta cercando di far 'resuscitare' in 3D il Titanic è stato...l'inquinamento. I ricercatori hanno trovato un sacchetto di plastica che galleggiava proprio sopra il fondale con il relitto, come riferisce il coordinatore David Gallo alla rete americana Msnbc. «Stavo camminando sul ponte - racconta Gallo - quando ho visto galleggiare il sacchetto di plastica. Non ce lo aspettavamo, e questa cosa ha avuto un profondo impatto su tutti noi. Noi parliamo del Titanic come di un grande disastro, ma quello che stiamo facendo agli oceani è un disastro molto più grande», forse significa che qualcosa sta davvero accadendo, e che l'uomo ne è responsabile.

Si commetteranno anche in nome del più vero ambientalismo degli errori? E' probabile. Si può evitare di sbagliare? Certamente no. Meglio dunque affidarci al fato come fanno 28 milioni di italiani che ogni giorno giocano a Bingo, Superenalotto, Gratta e vinci ecc? Siamo convinti che sulla ruota non uscirebbe mai un concreto aiuto per l'ecologia e quindi è il problema dell'orizzonte a cui tendere il nodo da sciogliere. Se l'economia se lo porrà come obiettivo, ovvero trovare un modello che contemporaneamente non depauperi il pianeta definitivamente della sue risorse e che produca comunque benessere, allora l'unità di intenti può creare i presupposti per raggiungere questi obiettivi e renderli anche prospettiva positiva per le future generazioni.

Diversamente tocca davvero affidarsi al fato, perché le previsioni degli economisti (non di tutti sia chiaro) assomigliano troppo e sempre di più a quelle del meteo, credibili solo (e non sempre) quelle per le 24 ore...

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