[20/09/2010] News
LIVORNO. In attesa del tradizionale annuncio dell'emergenza black out per il prossimo inverno, che dovrebbe essere lanciato nelle prossime settimane alla prima incursione di aria siberiana, viene naturale porsi alcune domande. Le prime due, banali sono: il gas c'è o non c'è? Il gas costa troppo o troppo poco?
Oggi Affari e finanza pubblica un servizio sulla ‘difficile' situazione di Eni, che dopo i cali di consumi del 2009 anche nel primo semestre 2010 deve scontare un ulteriore -5,9%. Ma soprattutto sconta il bassissimo prezzo attuale del gas, che la mette fuorigioco rispetto ai contratti long term che aveva siglato anni fa (la differenza di prezzo è arrivata fino al 50%). Non solo, dal primo ottobre saranno rivisti dall'authority anche i prezzi alle famiglie, e saranno rivisti al ribasso, ovvero i cittadini risparmieranno 2 centesimi al metro cubo. Quindi qui abbiamo il quasi monopolista della fornitura del gas che si ritrova in difficoltà per la sovra offerta di gas rispetto alla domanda, e per i prezzi sempre più bassi. Però poi il messaggio che si fa passare è quello alla pagina 15 del Sole24Ore di oggi: «Bollette record per le pmi italiane: elettricità con i costi più alti di Europa, il gas aumenta del 12%». Se però non ci fermiamo ai titoli e leggiamo l'articolo e soprattutto le tabelle, scopriamo per esempio che in Italia il gas naturale costa meno della metà che in Svezia, e poco meno di Germania, Austria e Regno Unito. Senza contare poi che la gran parte delle Pmi investendo per esempio sull'incentivatissima autoproduzione di energia (rinnovabile e non: basta pensare alla cogenerazione), potrebbe abbastanza agevolmente liberarsi dai lacci e lacciuoli del mercato dell'energia, rientrando dall'investimento in tempo relativamente brevi, in ogni caso adeguati a un progetto imprenditoriale .
Del resto ormai i prezzi strettamente legati tra petrolio e gas sono solo un ricordo. Tanto che la discesa record del gas, unita al calo della domanda, sta scompaginando le carte energetiche in mezzo mondo. Come si legge nell'altro articolo che segue (vedi link a fondo pagina), la World Nuclear News (Wnn), l'agenzia delle multinazionali e delle imprese statali del nucleare mondiale, ha ammesso che il rinascimento nucleare statunitense si è già arenato, proprio a causa di questo micidiale mix di scarsità della domanda e di bassi prezzi del gas.
Si potrebbe ragionevolmente obiettare che la difficoltà sta proprio nel saper prevedere le dinamiche dei prezzi e le dinamiche di domanda e offerta (che oltretutto non sono così automaticamente legate fra loro, inserendosi spesso nel mezzo la variabile speculativa), ma è altrettanto vero che l'economia, intesa come l'utilizzo di risorse (scarse, o comunque non illimitate) per soddisfare al meglio bisogni individuali e collettivi contenendo la spesa, dovrebbe servire proprio a questo: mettere nelle mani dei decisori tutti gli strumenti utili a far loro prendere la migliore decisione per la collettività di oggi per la collettività di domani.
Purtroppo questo non avviene quasi mai. Perché l'annuncio, gridato, della grande opera, risponde alla necessità di carpire voti nell'immediato, senza sguardo lungo, infischiandosene del fatto che ad oggi una tecnologia come il nucleare è riconosciuta non conveniente economicamente dai privati, a meno di ingenti contributi pubblici. Basta tornare in Italia per concludere con la rassegnazione questa riflessione, citando tra le tante, le recenti parole del ministro Tremonti: «Se avessimo il nucleare avremmo un Pil diverso». Oppure, sempre del ministro Tremonti: «L'eolico? E' uno dei più grandi business della corruzione». Anche se per Pierluigi Bersani: «Oggi in Italia è difficile parlar male di Tremonti»...