[21/09/2010] News

Il G20 integrato nell’Onu come Consiglio economico, sociale e ambientale?

LIVORNO. Se si escludono i media italiani e francesi, la proposta fatta all'Assemblea generale dell'Onu dal presidente francese Nicolas Sarkozy di una tassa universale sulle transazioni finanziarie per sostenere lo sviluppo nei Paesi poveri non ha raccolto molta attenzione. I più ci hanno visto il tentativo di uscire "a sinistra" dalla pessima figura che Sarkozy sta facendo a livello internazionale con le espulsioni dei rom e un tentativo di placare il crescente malumore per il neo-colonialismo francese in Africa, con il sostegno a qualsiasi tipo di regime nelle ex colonie di Parigi, purché garantisca fedeltà alla Francia e via libera ai suoi interessi economici-minerari-uraniferi.

La stessa Onu presenta con molta più enfasi la proposta fatta al Forum per la cooperazione in materia di sviluppo del Consiglio economico e Sociale (Ecosoc) a New York da Paavo Väyrynen, ministro del commercio estero e dello sviluppo della Finlandia, che ha fatto un accorato intervento per chiedere maggiore coerenza nelle politiche per lo sviluppo. Väyrynen ha proposto un'idea rivoluzionaria mirante ad integrare il G 20 nelle strutture dell'Onu, trasformandolo in un vero Consiglio economico e sociale con una struttura identica a quella del Consiglio di sicurezza. 

«Attualmente l'aiuto allo sviluppo è organizzato da 280 agenzie, 23 banche ed oltre 2 000 fondi bilaterali e multilaterali - ha spiegato il presidente del Development assistance committee (Dac) dell'Ocse, Eckhard Deutscher, anche lui presente alla Conferenza insieme al commissario europeo allo sviluppo Andris Piebalgs.

Il ministro finlandese (centro-destra) pensa che «Bisogna passare da un mondo dove la pianificazione economica viene fatta a livelli nazionali e regionali ad un mondo in cui si parli di "pianificazione dell'umanità" In quale quadro istituzionale? Perché non sfruttare "l'embrione" che è il G 20? Non posso rassegnarmi a veder fuggire le strutture dell'Onu con un G 20 destinato a diventare sempre più potente, continuando intanto ad escludere i più poveri. Immaginiamo un g 20 di membri permanenti dove Paesi ricchi e Paesi poveri potrebbero cercare delle soluzioni ai problemi dell'aiuto allo sviluppo.  Un nuovo G 20, che avrebbe il triplice mandato dell'economia, del sociale e dell'ambiente». Un'idea già lanciata nel 1992 al Summit della terra di Rio da Janeiro.

A queste tematiche  Piebalgs ha aggiunto il commercio e l'agricoltura: «La nuova struttura di coordinamento non potrà ignorarle». «Con l'attuale architettura dell'aiuto - ha ribadito Deutscher - non abbiamo fatto altro che rendere le cose più complesse. Il Forum per la cooperazione in material di sviluppo dell'Ecosoc è diventato indispensabile nel senso che conferma il principio secondo il quale l'aiuto riguarda sia i donatori che i beneficiari. Noi vogliamo semplificare le cose intanto che condividiamo la convinzione che l'aiuto non è altro che un catalizzatore della mobilitazione delle risorse nazionali e che esso deve assolutamente a essere legato al commercio internazionale».

Piebalgs ha ricordato «La determinazione dell'Ue, che assicura il 60% dell'attuale aiuto pubblico allo sviluppo, di pervenire entro il 2015 all'obiettivo di destinare lo 0,7% del Pil all'aiuto pubblico allo sviluppo. Stimolateci - ha detto ai beneficiari - Venite con dei progetti ben concepiti e con un grande impatto economico e sociale, e noi li finanzieremo». Ma il commissario Ue ha ricordato che nessun pasto è gratis e che l'integrazione a volte si paga politicamente, quindi anche i Paesi beneficiari degli aiuti devono essere pronti a fare sacrifici.

E il presidente del Dac ha sottolineato che spesso «Là dove c'è la volontà politica, ci sono i mezzi politici», ma ha soprattutto messo in guardia tutti contro «Gli approcci paternalistici», un modo come un altro per definire il neo-colonialismo e i regimi degli "uomini forti".

Väyrynen,  Deutscher e Piebalgs hanno parlato anche della possibilità di sostituire gli Special drawing rights (Sdr), cioè l'attuale sistema delle riserve monetarie fondato su una divisa unica, già fortemente minato e "riequilibrato" dall'euro e messo in discussione da diversi Paesi, ricordando che «Le politiche monetari  sono sempre state fondate sui mercati. Sono i mercati che hanno sempre l'ultima parola» ha detto il presidente del Dac. Secondo Piebalgs «Una decisione politica di questo genere non farebbe che introdurre ancora di più imprevedibilità nei mercato. Se la decisione di creare l'euro è stata una decisione politica, essa non era che il seguito logico del Mercato comune europeo».

Proposte certamente interessanti, ma che sembrano ancora dare generosamente troppo credito ad un G 20 che fino ad ora si è dimostrato poco di più di un altero costosissimo "chiacchierificio" e ad un mercato che non si è autoregolamentato, ma ha dato spazio e forza alla speculazione finanziaria e monetaria che hanno pagato soprattutto le fasce più deboli dei Paesi ricchi e in generale i Paesi poveri. Senza riformarli, magari anche con qualche intervento alla Sarkozy, sarà difficile mutare lo stato delle cose fatto di un'ingiusta suddivisione delle risorse sempre più insopportabile.

Come ha ricordato il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon  «Malgrado gli ostacoli e lo scetticismo, malgrado la scadenza del 2015 così vicina, gli Obiettivi del millennio per lo sviluppo (Mdg) sono realizzabili. Inviamo un messaggio di speranza, manteniamo le nostre promesse». Promesse impegnative: che prevedono entro il 2015 di ridurre la povertà estrema e la fame, di assicurare l'educazione di base a tutti, di promuovere l'eguaglianza dei sessi e l'autonomia delle donne, di ridurre la mortalità infantile, migliorare la salute materna, combattere Aids, malaria e altre malati, salvaguardare l'ambiente e mettere in atto un partenariato mondiale per lo sviluppo.

Ma Ban ha detto che c'è il rischio che la comunità internazionale in tempo di crisi cerchi di riequilibrare i bilanci a danno dei poveri. I Paesi del G8 sono quelli che promettono di più e mantengono meno: al summit Gleneagles, nel 2008, si impegnarono ad aumentare il loro aiuto pubblico di 50 miliardi di dollari nel 2010 e a raddoppiare i loro aiuto all'Africa di 25 miliardi di dollari. All'appello oggi mancano più di 16 miliardi di dollari dei soli aiuti destinati all'Africa.

Ban Ki-moon ha detto: «Investiamo in un futuro migliore per tutti. Non c'è un progetto globale che conti di più». Speriamo che non solo lo ascoltino, ma che tirino fuori anche i soldi promessi e finiti ingoiati dagli aiuti ai colpevoli della speculazione finanziaria ed al puntellamento di un sistema economico che ci ha portato ad una crisi della quale non si intravede la fine.

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