[05/10/2010] News
PISA. Tanto tuonò che poi piovve: è quel che è accaduto e sta accadendo ormai per i parchi. Che si profilassero tempi difficili e preoccupanti cominciò ad essere chiaro già qualche anno fa quando dedicai al tema ‘Parchi; a che punto siamo' ( 2006) e ancora nel 2007 con ‘Parchi e istituzioni; novità e rischi' e infine nel 2009 con ‘La crisi dei parchi e il governo del territorio'.
Quel che cominciava ad emergere e a divenire sempre più chiaro non erano tanto le difficoltà, gli inconvenienti e talune contraddizioni di una crescita che sembrava avere perso ormai la sua spinta propulsiva. Certo c'era anche questo che però non riguardava soltanto i parchi perché era per così dire fisiologico o se preferiamo ‘congiunturale'. Per i nuovi soggetti istituzionali c'è sempre una inevitabile fase di assestamento specie se hanno a che fare con competenze e materie nuove come la tutela della natura e dell'ambiente. Ma quello che cominciava a prendere corpo e consistenza era altro, era una vera a propria rinuncia, una inversione di marcia rispetto ad un disegno o quanto meno ad una prospettiva in cui ai parchi e alle aree protette spettava un ruolo determinante e insostituibile nel governo del territorio di cui parla il titolo V della Costituzione. Le avvisaglie erano state numerose anche se stranamente furono spesso ignorate o comunque largamente sottovalutate anche in sedi e a livelli che avrebbero dovuto intendere che la musica stava cambiando davvero e di brutto, ad esempio, con le modifiche alla legge 183 e alla gestione del suolo. Ma se questi potevano essere considerati allarmi indiretti non fu certo così con la decisione di togliere ai piani dei parchi il paesaggio che tornava a viaggiare su binari separati e distinti dopo esperienze assolutamente positive. Il tutto risultò sempre di più accompagnato da proposte e ipotesi sovente destinate a durare lo spazio d'un mattino per essere magari rimpiazzate dopo poco da altre non meno bizzarre e bislacche che hanno in ogni caso concorso a creare un clima sempre più confuso che ha offuscato pesantemente e rapidamente l'immagine stessa dei parchi presentati come fonte di sprechi insostenibili e pertanto da ridimensionare, emarginare e all'occorrenza abrogare. Da qui i tagli ai parchi nazionali, le proposte di ridurre le rappresentanze negli enti parco mai a danno naturalmente del ministero, le sortite poi rientrate di abrogare quelli regionali anch'essi in crescente difficoltà pure in regioni come la Lombardia dove è finito a rischio anche un parco storico come il Ticino. E a conferma di questo procedere a fari spenti da parte del ministero e del governo si è arrivati - è per ora l'ultima e più recente trovata- in un provvedimento a sostegno dei piccoli comuni a proporre che gli enti parco dovrebbero aiutarli in una serie infinita di attività che con i parchi non c'entrano né punto né poco.
E' grave dunque che finora non si sia colto in tutta la sua portata e pericolosità il senso di questa involuzione ma lo è ancor di più che non si sia colto pienamente che tutto ciò segnala una turbolenza più generale del sistema istituzionale nel suo complesso sempre più scosso da una crisi che non risparmia nessun soggetto alle prese con un ritorno persino spudorato nella sua sfrontatezza del centralismo in barba a tutte le chiacchere sul federalismo. Il tutto reso ancor più allarmante dal fatto che ad essere colpite e azzoppate più pesantemente sono proprio quelle normative e soggetti preposti alla gestione dei comparti ambientali a maggior rischio appunto suolo, biodiversità e paesaggio.
(continua)