[07/10/2010] News

La catastrofe ungherese diventa europea: i fanghi rossi hanno raggiunto il Danubio

LIVORNO. Le squadre di soccorso al lavoro in Ungheria non sono riuscite ad evitare quello che in molti, a partire dal Wwf e Greenpeace, temevano: I fanghi rossi tossici che hanno invaso campagne, fiumi e villaggi dopo la rottura della diga del bacino di stoccaggio di una fabbrica di alluminio e hanno raggiunto il Danubio attraverso il suo affluente Raba.

L'ondata di morte chimica potrebbe estendersi lungo il corso di uno dei più grandi fiumi europei. Secondo l'Unità nazionale ungherese per le catastrofi il fango è arrivato al Mosoni-Danubio. Il portavoce dell'agenzia, Tibor Dobson, ha detto che «La colata di fango rosso ha raggiunto stamattina questo affluente del Danubio che si trova vicino alla frontiera tra l'Ungheria, la Slovacchia e l'Austria». Un responsabile del servizio idrico della regione, Emil Jenak, ha confermato che «I campioni d'acqua prelevati nei dintorni dove la colata è sversata nel fiume, alla confluenza del fiume Raab e del Danubio, indicherebbero un tasso alcalino superiore al normale, tra l'8,96 e il 9,07, mentre la media sarebbe normalmente di 8».

Nel Raba l'acqua alle 5 di stamattina aveva un contenuto alcalino ancora più elevato, con un ph 9, mentre il livello normale del fiume è tra 6 e 8.

Per ora né nel Raba né nel Mosoni-Danubio ci sarebbero state morie di pesci come negli altri affluenti più a nord che hanno subito la marea rossa. Il rischio di contaminazione del grande fiume è quindi molto probabile. Il ministro dell'interno ungherese, Sandor Pinter, cerca di fronteggiare la rabbia crescente di un Paese che si accorge ora dei danni provocati da una liberalizzazione selvaggia che si è appropriata senza investire in sicurezza dell'obsoleta infrastruttura industriale di epoca sovietica, e mentre conta i 4 morti sicuri, i 3 dispersi e i 120 feriti, ha dichiarato lo stato di emergenza in tre contee invase dalle scorie e dai liquami del processo di raffinazione della bauxite, da soda caustica e metalli pesanti che hanno avvelenato irreparabilmente i villaggi di Kolontar di Devecser ed altri centri abitati.

Ancora ieri Pinter diceva di sperare di riuscire a contenere la marea rossa tossica prima che raggiungesse il Danubio e si trasformasse da tragedia ungherese in disastro pan-europeo. Per questo ha anche chiesto l'assistenza dell'Unione europea.

Nonostante le cose siano chiare e le responsabilità della fabbrica Ajkai Timfoldgyar Zrt della  Mal Zrt evidenti, il governo di Budapest continua a parlare di caso eccezionale ancora da valutare e ha inviato squadre speciali per la gestione delle catastrofi e militari che stanno cercando di ripulire i villaggi dal fango rosso, aiutati dalla disperata popolazione locale, almeno quella che non ha abbandonato i villaggi "bruciati" dalla colata di scorie chimiche.

Fra la popolazione sono in aumento le irritazioni agli occhi, le bruciature causate dal piombo e dai componenti corrosivi del fango tossico. 500 case sono state evacuate e difficilmente qualcuno tornerà ad abitarle. Il sindaco di Kolontar, Karoly Tili, ha detto che il 90% degli abitanti del suo villaggio hanno dichiarato che non ritorneranno perché la presenza di una fabbrica così pericolosa non garantisce la loro sicurezza. Ad andarsene sono soprattutto i giovani e la gente con figli, che sotto quel fango velenoso non riesce più a vedere nessun futuro.

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