[11/10/2010] News
LIVORNO. Mentre a in Ungheria si sta tentando disperatamente di evitare un'altra marea rossa tossica, il Wwf Magyarország (Ungheria) ha reso noto immagini aeree (Nella foto) scattate a giugno che dimostrano che il terrapieno che conteneva il lago dei fanghi della fabbrica di alluminio mostrava già perdite e segni di cedimento. Ma proprio la presenza di percolato negli argini della diga avrebbe potuto consentire di intervenire per tempo e di evitare una tragedia ambientale di proporzioni mai viste in Ungheria e probabilmente tra le peggiori in Europa.
Secondo il direttore del Wwf Magyarország, Gábor Figeczky, non ci sono dubbi le immagini dimostrano che la diga di contenimento della vasca dei reflui aveva già delle perdite. Eppure lo stesso Wwf ammette che, anche per la vicinanza del lago tossico alle case, secondo gli accordi tra le istituzioni pubbliche e l'azienda, l'area doveva essere costantemente monitorata, anche con prelievi, e che lo stato dei luoghi avrebbe dovuto sistematicamente essere tenuto sotto sorveglianza. Il Wwf sta chiedendo spiegazioni sull'evidente e totale fallimento di queste misure di controllo e prevenzione.
Le fotografie aeree di Interspect a disposizione del Wwf, risalgono alla primavera del 2010, e riguardano anche altri impianti potenzialmente pericolosi e insalubri, come miniere a cielo aperto e discariche di scorie, ma quelle della diga a Kolontar si sono rivelate scioccanti: quello che viene fuori è un misto di menefreghismo e complicità che probabilmente ha prodotto la tragedia.
Il Wwf Magyarország ha avviato il 6 ottobre una propria mappatura delle aree a rischio vicine al Danubio e chiede che l'inchiesta della magistratura si estenda anche ad altri bacini di contenimento di reflui industriali.
«Purtroppo questa non è la sola situazione cattiva - sottolinea Figeczky - Sarebbe necessario, come in qualsiasi paese, un team di esperti che valuti gli aspetti di sicurezza ambientale e della vita delle aree pericolose "I dati dimostrano che anche in Ungheria sono disponibili le tecnologie per tenere sotto controllo gli impianti potenzialmente pericolosi».
Il Wwf chiede di istituire un organismo che si occupi dell'esame dettagliato e della classificazione dei siti pericolosi, per avviare una loro sistemazione e prevenire altre catastrofi. Intanto il sottosegretario all'ambiente ungherese, Zoltan Illes, ha annunciato che un'altra crepa della parete del lago a un km e mezzo dai centri abitati di contenimento non è più riparabile e può cedere da un momento all'altro e una nuova marea rossa potrebbe colpire Kolontar e Devecser: «Un'ora, una settimana, non lo sappiamo, ma dovremmo fare il possibile per salvare i due comuni e ultimare la costruzione del nuovo argine prima di una nuova tragedia». Si sta provando ad ultimare una per domani diga protettiva alta sei metri, lunga 600 e larga 30. Si spera solo che non piova, perché il vecchio argine cederebbe sicuramente.
La Mal Zrt, l'industria responsabile del disastro e dei morti ed i feriti, intanto si lamenta perché la produzione di alluminio è stata sospesa dal governo: «Il tempo stringe, se entro due o tre giorni la lavorazione di allumina non riparte, per le caratteristiche della tecnologia stessa, non sarà più possibile». E da un avvertimento che sa di insostenibile ricatto: il danno economico subito dall'industria comprometterebbe il risarcimento e la bonifica dei danni. In questo la società, che esporta l'80% della produzione ed ha forti partecipazioni straniere, è sostenuta dai sindacati e dai suoi 100 operai e dai circa 900 lavoratori dell'indotto che premono per una ripresa della produzione di alluminio temendo di perdere il lavoro.
L'8 ottobre Greenpeace Magyarország ha presentato i dati di prelivi eseguiti da un istituto indipendente di Budapest che dimostrano un inquinamento dei corsi d'acqua e dell'area interessata dalla marea rossa molto più alti di quelli ufficiali. Nella zona di Kolontár un giorno dopo il disastro, il valore dell'arsenico era di 110 mg/kg, il mercurio a 1,3 mg/ kg e il cromo e 660 mg/kg. I prelievi "istituzionali" non riferiscono di presenza di arsenico e mercurio. Secondo Greenpeace invece l'enorme vasca di contenimento conteneva almeno 50 tonnellate di arsenico e gli scarichi arrivavano a «0,25 mg di arsenico per litro misurato, che è 25 volte superiore al limite sanitario accettato per l'acqua potabile. Questo è un rischio a lungo termine per l'inquinamento sulle risorse idriche e gli ecosistemi». Ma il governo dice che i fanghi rossi sono pericolosi per i bacini idrici e non per il suolo. Cosa che fa imbestialire Greenpeace che accusa le autorità ungheresi di aver nascosto alle vittime e all'opinione pubblica gli effetti dei fanghi tossici: «Esortiamo il governo a divulgare immediata tutti i dati pertinenti riguardanti la gravità del disastro. Imponga alla Mal Zrt ed ai suoi proprietari miliardario di rimborsare pienamente le vittime del disastro e a risarcire i anni subiti».